di Sergio Mauri
- Carl Schmitt, 1888-1985, filosofo, giurista, politologo nazional-socialista.
- Schmitt inquadra il problema del partigiano come fenomeno che sorge dalla crisi dello ius publicum Europaeum, alla chiusura delle guerre di religione.
- Quanto di intelligenza politica e ragion di Stato vi è nell’argomentazione schmittiana ripresa da Francesco Gentile?
- Il partigiano divino, nota numero 3, in Intelligenza politica e ragion di Stato di francesco Gentile, del 1984, si rifà, in particolare, a una lettura della Teoria del partigiano di Carl Schmitt. Datata 1963.
- Il libro di Schmitt parte da una serie di esempi come la guerra di guerriglia degli spagnoli (1808) o dei prussiani contro l’esercito napoleonico (1813) invasore, per poi arricchire induttivamente la sua argomentazione, suddividendo per epoche e personaggi storici, coloro che hanno operato sia sul terreno teorico sia su quello pratico, sul piano della lotta partigiana: da Clausewitz a Lenin a Mao, fino a Salan nella guerra franco-algerina e alla prefigurazione dei possibili esiti della figura del partigiano nella contemporaneità. In Schmitt la categoria del politico si esplicita nell’opposizione amico-nemico. Nella sua opera, in particolare, egli pone inoltre la dialettica regolare-irregolare che si intreccia con quella di legale-illegale, in riferimento agli eserciti e alle loro azioni. Si sofferma, inoltre, sulla regolarizzazione dell’irregolarità nel diritto internazionale che, per Schmitt, crea un vulnus giuridico. La fonte più importante in Schmitt, sull’argomento, è Rolf Schroers (Der Partisan), da cui vengono tratte le seguenti caratteristiche del partigiano: a) irregolarità; b) accresciuta mobilità della lotta attiva; c) accresciuta intensità dell’impegno politico; d) carattere tellurico, cioè terrestre. Schmitt pone il confronto con l’istituto giuridico della occupatio bellica, parte dello ius publicum Europaeum. Schmitt introduce una ulteriore coppia oppositiva: guerra (scontro non discriminatorio) e inimicizia (male assoluto dell’altro).
- Nella nota 3 dell’opera di Gentile si ripercorrono le caratterizzazioni schmittiane con alcune aggiunte. Gentile riporta il pensiero di Schmitt che nel partigiano vede la perversione di un’epoca che ha distrutto la dimensione “ordinata” della guerra in territorio europeo. Gentile, ci da anche una sua caratterizzazione del partigiano: per lui il partigiano è soggetto politico che esprime: 1) una volontà di parte; 2) svincolatezza da regole universali; 3) discriminazione tra bene e male. Il partigiano è in grado di trascinare lo Stato sul proprio terreno irregolare; lo Stato tradisce così le proprie origini dallo stesso mondo dell’irregolarità partigiana (Oberdan). Per inciso, dobbiamo ricordare che per Schmitt nella modernità sono crollati i presupposti per la vera sovranità, quella divinamente derivata. In Teologia politica egli ragiona sull’impossibile ricostituzione di una sovranità per mandato divino che, allora, deve essere sostituita da una potente normazione del diritto positivo: nell’opera egli attacca il formalismo normativo di Kelsen e il liberalismo.
- Gentile opera due fondamentali collegamenti: 1) col Defensor pacis di Marsilio da Padova: l’autorità del fare le leggi spetta a colui che le può far rispettare; ciò presuppone uno Stato, un sovrano, autonomo e indipendente. Lo Stato è partigiano; 2) il partigiano ha la stessa struttura dello Stato moderno e quindi non può esserne l’alternativa. Analogia tra partigiano e partito. Compare sullo sfondo il bene comune come intelligenza di ognuno e non volontà astratta della “persona pubblica”.
- L’argomento dell’opera gentiliana come si collega con la nota 3? La tesi schmittiana esprime il carattere estremo che può raggiungere la ragion di Stato (posta a prescindere dal contesto) che, tuttavia, non è priva di intelligenza politica (un bene comune ristretto e settorializzato, che si appoggia alla riproduzione della nuda vita).
- Dall’opera di Schmitt commentata da Gentile si evince come il primo non accetti alcuna polifonia di voci che deriva da un disordine posto dalla modernità. Schmitt sembra voglia gestire la complessità espungendola da ogni riconoscimento, tornando invece a considerare l’unità di un sovrano per derivazione divina (“sovrano è colui che decide sullo stato di eccezione”).
- La posizione di Schmitt è interna al diritto naturale o a quello positivo? La domanda è mal posta perché il secondo non sembra essere disgiunto dal primo, enfatizzandone semmai il carattere occasionale e umano. Nello stesso Schmitt l’alternativa tra le due non è risolta, ma mantenuta nel loro coesistere di sfondo, certo con una accentuazione sostanziale del momento positivo.