di Sergio Mauri
L’ISIS dato per morto, ma ogni tanto alla bisogna redivivo, sembra sia (stato fatto tornare) in servizio alla grande. Un intervento tale, quello dell’ISIS, ex post, che veramente giustifica la mia affermazione, cioè quello “stato fatto tornare”.
Certamente, l’ISIS non è un’organizzazione antioccidentale, anzi, tanto è vero che non sembra aver colpito interessi statunitensi e israeliani, anche se farla passare per un grande affare degli Stati Uniti è un po’ troppo. Un ISIS composto da ceceni separatisti, da tagiki? Per ora non è dato sapere.
Tuttavia, appena poco più che 15 giorni fa l’ambasciata statunitense a Mosca aveva annunciato esserci il rischio di un attentato in un luogo affollato, seguita poi dall’ineffabile Regno Unito. Delle due l’ una: o l’attentato lo hai organizzato tu e quindi sai quello che deve succedere, oppure sei in contatto con chi lo ha organizzato. In entrambi i casi, la tua posizione non è “buona”.
Ora; cui prodest? Azzardo una serie di ipotesi del tutto personali:
1) una provocazione occidentale per far rispondere brutalmente i russi e quindi intervenire (gli occidentali) in Ucraina;
2) un auto-attentato russo, di matrice statale (stile anni Settanta in Italia), per stringere il controllo interno e magari (di nuovo) attaccare a fondo l’Ucraina;
3) auto-attentato russo di una fazione della classe dirigente russa che, per l’ennesima volta punta a far cadere Putin;
4) una vendetta postuma dello Stato Islamico per il ruolo avuto dalla Russia in Siria e nelle repubbliche centrasiatiche della Federazione Russa, tenendo anche in considerazione il fatto che le armi mandate in Ucraina sono spesso finite nelle mani degli islamisti;
5) un attentato organizzato dall’Ucraina, con triangolazioni coinvolgenti il separatismo islamista in Asia centrale, fuori dal controllo occidentale. Questo spiegherebbe l’allerta anglo-americana di due settimane fa, come uno smarcarsi dalle responsabilità più dirette.
Il caso numero 1 sembra il più probabile, in linea col riarmo della NATO, dell’Europa, dei singoli paesi del continente, peraltro in linea con quanto auspicato da Washington che non ha più intenzione di sobbarcarsi l’intera difesa del blocco occidentale. Creare, quindi, un nuovo casus belli. O forse più che crearlo starci dietro, perché in realtà l’Occidente non controlla più veramente Zelensky (ma ne riparliamo al punto 5).
Il numero 2 è meno probabile del primo, nel senso di non necessario, visti: a) gli ultimi successi militari russi; b) la vittoria plebiscitaria di Putin alle ultime elezioni; c) il consenso di cui gode all’interno lo stesso Putin, anche grazie all’ atteggiamento occidentale. Di converso l’attentato servirebbe a indebolire Putin, proprio sul versante sicurezza interna.
Il numero 3 è meno probabile del numero 1, ma certamente più probabile del 2. Per le stesse ragioni che hanno visto attentati e vendette politiche nella Russia degli ultimi vent’anni. Tuttavia, dove l’ipotesi scricchiola è proprio sul piano dell’utilità: la guerra in Ucraina ha rafforzato molto la classe dirigente putiniana, sia politicamente sia economicamente la Russia, quindi, un attentato di queste proporzioni risulta essere un vero e proprio buco nell’acqua, soprattutto in virtù delle ultime dichiarazioni del governo russo.
Il caso numero 4 è certamente possibile, allo stesso livello del numero 3, ma di difficile spiegazione dopo che l’ISIS era stato dato ufficialmente per morto. A meno che non lo si consideri come un progetto aperto (vero e proprio open-source politico) e impugnabile da chiunque, possibilità tutt’altro che remota che, in ultima analisi rafforza ulteriormente il mio “stato fatto tornare” iniziale.
Il numero 5 è, invece, piuttosto verosimile e sta allo stesso livello del numero 1. In effetti potrebbe essere la conferma di un certo scollamento tra dirigenza ucraina e Occidente, col quale emergerebbe una sorta di variabile impazzita e pericolosissima rappresentata da Zelensky e soci. La cosa peraltro non è in contraddizione col fatto che la NATO ha bisogno di qualche anno ancora per riarmarsi e convincere le rispettive opinioni pubbliche al fine di uno scontro totale con la Russia. E questo rappresenterebbe un corollario all’atteggiamento di Zelensky e soci, un dato quest’ultimo con cui fare i conti, ma che torna utile nel contesto strategico generale.
Un’ultima considerazione: a differenza che per Israele, per le donne iraniane, per l’Ucraina, non vedremo sventolare le bandiere russe sui palazzi pubblici nelle nostre città in solidarietà ai morti innocenti provocati dai terroristi (e vedremo quali). A dire il vero nemmeno quelle palestinesi, visto che tutto ciò che non è parte del nostro blocco geopolitico non è degno (sembra) di umana considerazione. Un’ulteriore dimostrazione della libertà di pensiero di cui godiamo.