di Sergio Mauri
[Le donne dei paesi non occidentali hanno la stessa consapevolezza della loro condizione di donne rispetto alle donne dei paesi occidentali. Spesso, però, reagiscono con convinzione ai soprusi che sono tremendi, appunto. In Bangladesh, paese musulmano, esiste un movimento sviluppato di donne lavoratrici che lotta quotidianamente per far rispettare i propri diritti di genere e di classe, caratteristiche che in quei contesti coincidono. Molte volte devono far rispettare i loro diritti in contesti locali affollati di aziende occidentali di varia dimensione che lì non applicano nemmeno la legislazione bengalese, ben lungi dall’essere restrittiva in tema di lavoro. Ripropongo un post pubblicato il 9 marzo 2007 che rimane attuale proprio per la mancata risposta ai quesiti lasciati in sospeso. Sarebbe stato facile e conformista parlare della violenza contro le donne (che c’è, non sarò io a negarlo), scordandoci tuttavia che la nostra società è pervasa dalla violenza, a tutti i livelli, di cu si parla solo come problema di ordine pubblico. Il pezzo mette in risalto la doppiezza con cui noi consideriamo, protetti dalla nostra coperta di Linus del politicamente corretto, l’universalità dei diritti, sui quali peraltro andrebbero chiarite molte cose. Per cominciare: a favore di chi, per fare che cosa? Un tema sul quale il femminismo, parte importante della sinistra, si è sfaldato. Qui il discorso ha come soggetto il rapporto fra le donne. Ci sarebbe da aggiungere qualcosa anche sul rapporto fra donne e uomini. Basterebbe porre una domanda: il processo occidentale di identificazione, in nome della libertà e dei diritti, tra donne e uomini, vettore di omologazione dei ruoli femminili a quelli maschili (e non del contrario), dalle soldatesse alle imprenditrici, è stato o non è stato parte di un attacco contro coloro, uomini e donne, che hanno sempre combattuto (per rimanere sull’esempio) contro le guerre e contro lo sfruttamento? Per chi sa leggere l’inglese questo post dovrebbe chiarire, integrandolo, il ragionamento da cui parto.]
Ad un giorno dalla tradizionale festa della donna, propongo 2 citazioni dal Corriere della Sera dell’8 marzo 2007:
1-”Non ho niente da festeggiare, quest’anno. Io sono una donna di sinistra, da sempre. A certi valori ci credo davvero. E come faccio ad accettare che le associazioni femministe non abbiano mosso un dito per la storia di Hina”?
Loredana Gemelli, difensore del ragazzo di Hina, la ragazza pakistana sgozzata perché voleva vivere all’occidentale, ha pensato “avrò sicuramente il sostegno delle associazioni delle donne, si costituiranno parte civile.” Ha aspettato il giorno del funerale di Hina e ha archiviato la speranza “Basta dire che quando abbiamo seppellito quella povera ragazza le uniche donne nel cimitero eravamo io e la Santanché. Non ho visto altro, né famose icone del femminismo, né un messaggio, né un telegramma. E pensare che io credevo che Hina sarebbe diventata un simbolo per le donne italiane…”
2-Maria Laura Rodotà:”….perché sono donne (quelle “extracomunitarie”) difficili da raggiungere perché accusare di maltrattamenti uomini di culture diverse, quasi sempre immigrati, può far sentire razziste. E islamofobiche, quando una donna è vittima di un musulmano si teme di scivolare nel politicamente scorrettissimo, o peggio. E’ un timore forte a sinistra, anche tra quel che rimane del movimento femminista. La scorsa estate, quando Hina fu sgozzata dal padre, qualcuno notò le scarse reazioni; una femminista storico-sventata rispose “beh, il guaio è che è successo ad agosto, quando siamo tutte in vacanza” e non fu una bella figura. La brutta figura è continuata al funerale (niente femministe, nessuna eletta dal popolo tranne la Santanchè di AN) e ora con il processo nessuna organizzazione di donne si è costituita parte civile. Sulle femministe non c’è molto da infierire: già decenni fa il movimento si era ripiegato su se stesso e sul “pensiero della differenza” ed era imploso.”
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