di Sergio Mauri
La destra israeliana ha esultato per la vittoria di Trump. Come sapete:
1-il sionismo americano sopporta gli antisemiti alla Trump, purché supportino Israele. Come infatti fa Trump.
2-nella squadra della foreign policy il signor Walid Phares, propagandista d’Israele, lavora per Fox News.
3-avete presente il Re di Giordania? Un gran sostenitore di Trump.
4-Trump ha interessi in Arabia Saudita.
5-Netanyahu su Trump: “vero amico dello Stato di Israele con il quale poter lavorare insieme per la sicurezza e la stabilità della regione” .
6-l’ultranazionalista ministro dell’istruzione, Naftali Bennett, ha dichiarato:“la vittoria di Trump offre ad Israele la possibilità di rinunciare all’idea della creazione di uno stato palestinese”.
7-La nomina di David Friedman, conservatore e, probabilmente, futuro ambasciatore americano in Israele, come consigliere per gli affari americani con lo stato sionista nel nuovo team presidenziale, denota una chiara convergenza politica nei confronti di Tel Aviv. Personaggio poco conosciuto, il neo consigliere ha da subito manifestato la sua ostilità nei confronti dei palestinesi fino al punto di aver detto di “favorire apertamente l’annessione definitiva della Cisgiordania”. In un’intervista al sito jewishinsider.com Friedman ha confermato che “tra l’amministrazione Trump e Tel Aviv, il livello di cooperazione strategica, militare e tattica raggiungerà livelli mai avuti in precedenza”. Lo stesso finanziamento nei confronti di Israele “non si limiterà ai “soli” 38 miliardi di dollari in 10 anni – generoso lascito del predecessore Obama – per il MOU (Memorandum of Understanding), ma sarà incrementato ulteriormente”. Maggiori finanziamenti militari giustificati da motivi di sicurezza nei confronti dei principali nemici israeliani nella regione: Iran, Hezbollah ed i partiti palestinesi contrari alla linea politica dell’ANP (Hamas e FPLP).
8-Il segretario della difesa del generale James “Mad Dog” Mattis recentemente ha etichettato l’Iran come “la principale minaccia per la regione mediorientale”. Gli incarichi fatti da Trump per il suo nuovo staff hanno rinvigorito l’azione di contrasto da parte del governo Netanyahu nei confronti dell’accordo sul nucleare siglato dall’amministrazione Obama con l’Iran. L’intesa è stata da sempre osteggiata da Israele, creando numerose frizioni con la precedente amministrazione americana. Vista la nuova linea politica di Trump, invece, il primo ministro israeliano ha recentemente dichiarato alla stampa di voler far cambiare idea sull’intesa con la repubblica iraniana in “qualsiasi maniera”. Bisogna, però, osservare che l’accordo, raggiunto nel luglio 2015 con l’Iran, è stato siglato da più nazioni coinvolte (il famoso 5+1: USA, Cina, Russia, Francia, Gran Bretagna e Germania) e che, quindi, sarà difficile “eliminarlo o variarlo” come dichiarato dal ministro degli esteri russo Lavrov.
9-In un’intervista rilasciata al dailymail.com, il neo-presidente ha dichiarato che “Israele deve continuare a costruire delle colonie nella West Bank visto che i palestinesi continuano a lanciare razzi e che non ci sono possibilità per un serio processo di pace”. Grande preoccupazione da parte dei palestinesi c’è anche per ciò che riguarda le scarse possibilità attribuite da Trump nel portare avanti i colloqui di pace “perché la soluzione dei due stati non funziona”. Grave è la dichiarazioni fatta durante il suo incontro pre-elettorale con il primo ministro Netanyahu a New York, nel quale ha garantito la volontà di “riconoscere Gerusalemme come capitale unica e indivisibile dello Stato di Israele”. Affermazioni condannate duramente dal segretario generale dell’OLP, Saeb Erekat, ed etichettate come “frasi che negano il dialogo di pace, il diritto internazionale e le risoluzioni ONU”.
10-Fondamentali per la sua elezione, infine, sono stati i legami con l’AIPAC (associazione ebraica americana di sostegno ad Israele) o i suoi contatti con il quotidiano filo-sionista “Algemeiner”. Un legame profondo che arriva fino alla conversione per l’ebraismo ortodosso da parte della figlia Ivanka, moglie di Jarod Kushner, investitore nel settore immobiliare come il suocero. Proprio Kushner, con la sua omonima fondazione, è stato la pedina fondamentale sia per il sostegno da parte dell’establishment israeliano sia, soprattutto, per il business immobiliare legato alla costruzione delle nuove colonie nei territori occupati ed in Cisgiordania. Rapporti, affettivi ed economici, talmente radicati da fargli affermare “noi amiamo Israele, noi combatteremo per Israele al 100% e sarà così per sempre”. Parole che non sembrano pronunciate dal futuro presidente della più potente nazione del mondo, ma piuttosto da un “fidato amico” di Israele.
Altre fonti: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7.
Dulcis in fundo: Kerry attacca morbidamente Israele, nuovamente condannata in sede ONU per la questione della colonizzazione a spese dei palestinesi, e Trump non trova di meglio da fare che rassicurare i suoi amici colonizzatori, ad iniziare da Netanyahu.
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