di Sergio Mauri
Un libro che definirei di ottima divulgazione scientifica, ma anche storico-antropologica. Un testo che ci parla soprattutto della specificità dell’Occidente e della sua cultura. Dei Greci come primi ed unici al mondo – grazie ad Anassimandro, filosofo presocratico – ad aver capito che la Terra era si un piatto, o un sasso, ma tuttavia sospeso nell’aria, non sull’acqua.
In Cina, allo stesso tempo, l’Istituto Imperiale studiava il cielo, ma senza i risultati dei Greci. Perché? Per questioni di stabilità interna, sociale. Se anche uno scienziato imperiale avesse scoperto la cosa (e magari ciò sarà avvenuto) avrebbe pagato con la vita la propria scoperta. L’ordine sociale, immutabile, valeva di più del progresso della società.
La mancata unità politica della Grecia, la sua divisione in tante piccole città (tratto caratteristico e caratterizzante la nostra storia, come europei ed occidentali), differentemente dalla Cina, dove tutto l’impegno si è riversato sull’unione politica attraverso la costruzione di uno Stato funzionale e di regole (e ritualità) atte a riprodurre una data società, ha poi fornito sia la forza che la libertà necessarie allo sviluppo della scienza e dell’economia.
Questo, secondo l’autore, il leit motiv caratteristico della differenza tra Occidente e resto del mondo, Cina in particolare.
Ciò che è importante in Anassimandro è che per la prima volta nella storia dell’umanità la scienza sembra prendere veramente una strada che poi sarà seguita in futuro: quella della continua e sistematica messa in dubbio dei risultati ottenuti, qualora questi ultimi si dimostrino non più all’altezza di spiegare un fenomeno o una data tesi. La possibilità, quindi, di critica, che non significa detestare il maestro, ma semplicemente cercare di arricchirne le tesi partendo dai suoi limiti ed errori.
Insomma, la storia di Anassimandro si può riassumere come segue: ad un certo punto della storia dell’umanità nasce l’idea che sia possibile comprendere i fenomeni naturali, con le loro relazioni, cause, concatenamenti, senza ricorrere al capriccio degli dèi. Questa svolta epocale ed immensa avviene nel pensiero greco del 6° secolo a.c. ed è attribuita ad Anassimandro, appunto, da tutti i testi antichi di cui disponiamo.
Egli è, inoltre, importante anche perché mette in discussione il maestro Talete, pur avendone accettato ed approfondito la teoria. Accetta, ma critica profondamente. Un modello culturale tipico del nostro mondo che, quando è lasciato libero di agire, inevitabilmente frutta preziosi tesori per tutti.
Le riflessioni sulla storia di Anassimandro diventano poi l’occasione, da parte dell’autore, per parlare della scienza ed in particolare del suo significato ontologico, anche attraverso la discussione rispetto alle posizioni antiscientifiche che, oggi, cercano – inutilmente – di mettere in crisi il percorso della stessa. La scienza è l’unico strumento che abbiamo per riuscire a darci delle spiegazioni plausibili di ciò che ci circonda, per riprodurlo e modificarlo, fornendoci la possibilità di intervenire efficacemente nel mondo in cui viviamo. Nonostante tutte le approssimazioni del caso.
L’assoluto non esiste o, se esiste, esiste solo nelle nostre astrazioni.
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