Dieci giorni fa abbiamo passato tre giorni nella capitale austriaca. Il motivo principale della nostra visita, a parte il cambiare aria per qualche giorno, era direttamente collegato al fatto che la capitale austriaca (ex-capitale dell’Impero e in grado di rivaleggiare senza dubbio con la Parigi nel XIX secolo) viene presentata come una città d’arte. Vienna ha avuto in comune con Trieste una buona parte della sua storia e, di quest’ultima, ne rimangono importanti vestigia. Questo, per noi, ha rappresentato un motivo in più per visitare la capitale austriaca.
Vienna è una metropoli. Nonostante ciò non è particolarmente caotica nella viabilità. Gli edifici del centro, sia quelli d’epoca che quelli di nuova costruzione, sono tenuti molto bene. Forse, risultano un pò più trascurati quelli fuori dal centro ma questo è normale dappertutto. Nel nostro paese, comunque e purtroppo, abbiamo visto di peggio, sotto il profilo pulizia e trascuratezza. Come dappertutto ormai in Europa e nel mondo, dalle strutture architettoniche delle case d’epoca si nota il desiderio di distinguersi, oggi scomparso, in chi al tempo le fece edificare, lasciando in questo modo, all’architetto, la possibilità di creare delle opere d’arte uniche – anche se con tratti di somiglianza dovuti, per lo più, all’impronta di chi le ha costruite. In questo modo i proprietari di quelle abitazioni hanno lasciato ai posteri un qualcosa di sé stessi che oggi non è più possibile fare, sia per mancanza di fondi che per mancanza di spazio. La ricchezza di alcune case costruite oggi dalle persone facoltose non potrà mai eguagliare, sul piano estetico, lo splendore delle case costruite nel passato. Ciò che manca oggi, principalmente, è il calore umano.
Parliamo di un’epoca in cui la parola civilizzazione era ancora un progetto di primaria importanza, per il quale spendere energie e competenze. E lo affermiamo nella coscienza dell’ambiguità che oggi il termine potrebbe far scaturire al solo pronunciarlo. La vulgata politicamente corretta, infatti, gli ha tolto l’aura di importante fattore attraverso cui costruire la socialità (uno Stato funzionale ed organizzato nelle sue pluralità di interessi, anche delle classi meno abbienti), per considerarla unicamente sotto l’aspetto del godimento individuale dei consumi e dei diritti.
Vienna è, indubbiamente, una grande città d’arte. Il suo essere metropoli d’arte è il risultato di un processo di industrializzazione (mi si passi il termine) del settore che coinvolge, ed è una cosa palpabile, per prime le istituzioni pubbliche ed in subordine le aziende private, gallerie d’arte comprese, attraverso sponsorizzazioni e donazioni de-fiscalizzate. Anche il pubblico dei visitatori privati ha un suo importantissimo ruolo, quello di visitare abitualmente i musei. Gli austriaci e non solo gli stranieri, visitano i musei del loro paese, anche grazie a degli abbonamenti annuali convenienti, li sostengono con i loro soldi, innescando così un processo di circolazione di denari che verranno re-investiti in tutte le attività strettamente connesse agli stessi. L’impressione è che ci sia un coordinamento di forze istituzionali che puntano molto sull’arte e sulla storia del passato e del presente come fonte di entrata di capitali freschi.
Da dove nasce questo interesse culturale? L’impressione è che sia il contesto a fare la differenza: l’intrattenimento televisivo non è così pervasivo come il nostro. Dopotutto gli Austriaci non hanno ancora sperimentato un presidente del Consiglio proprietario di televisioni. Quindi, l’interesse per l’arte, la cultura, la storia, si inseriscono in un coordinamento collettivo di sforzi tale da costruire il cittadino che poi fruirà dei servizi culturali. Per ottenere ciò, è importante l’impegno formativo. Il sistema scolastico deve essere il mezzo attraverso il quale si dà cultura ai cittadini, e questo è anche un mezzo per rafforzare identità ed appartenenza; quindi una forte spinta alla valorizzazione del proprio patrimonio artistico e culturale. In cambio, lo Stato riceve interesse e seguito, nelle politiche culturali, da parte dei cittadini. Parliamo, quindi, di partecipazione e di interscambio cittadini-istituzioni (pubbliche o private).
Tuttavia, non si pensi che sia tutto puntato sul passato che pure viene venduto a caro prezzo: il nuovo centro direzionale di Vienna, che cresce attorno al Palazzo dell’ONU, è una realtà, dove investimenti pubblici e privati convergono nello sviluppo. Qui la freddezza dell’architettura contemporanea riesce a stemperarsi per mezzo delle soluzioni avveniristiche proposte, le quali sottintendono un futuro, se non altro, dichiaratamente positivo ed ottimistico. Questa, peraltro è una zona già raggiunta dall’efficiente sistema di trasporti metropolitano viennese che conferma il piano generale di sviluppo, non casuale, della metropoli. La crisi europea ed internazionale, in qualche modo, c’è anche qui. Ma non se ne sentono gli effetti economici depressivi che, invece, sentiamo così profondamente nel nostro paese. La nostra teoria è che ci sia un equilibrio tra Stato e mercato tale da sortire effetti virtuosi di compensazione delle eventuali sperequazioni innescate della crisi stessa.
Tornando ai Musei, essi sono costosi, ma permettono un tale approfondimento di ciò che si vede da risultare a fine visita, paradossalmente, a basso prezzo se commisurati all’arricchimento che essi permettono al visitatore. Abbiamo visitato il Beethoven’s Frieze (il Palazzo della Secessione) la famosa opera di Klimt, il Belvedere già sontuosa dimora fatta edificare da Eugenio di Savoia, grande generale alla Corte degli Asburgo, che riportò Belgrado agli stessi dopo aver sconfitto i Turchi Ottomani, dove si possono ammirare le opere dal Medioevo ai giorni nostri di autori che si ricollegano alla storia locale. Ed, infine, l’Albertina nota per ospitare mostre di disegni, acquerelli, grafica, pastelli nonchè olii ed i cui pezzi forti sono incentrati sull’Impressionismo ma anche sul Moderno (Espressionismo, Fauvismo….). Magnifico il periodo dell’Espressionismo austriaco, (Kokoschka, Schiele, Kubin, Gerstl, Boeckl, Max Oppenheimer….) nato dalla Secessione, presente in entrambi questi due musei.
In tutta onestà, ciò che ci ha lasciati veramente a bocca aperta è stato proprio l’Espressionismo austriaco. In Egon Schiele, l’allievo prediletto da Klimt, ho ritrovato certe dolorose sensibilità della pittura di Lucia Ghirardi che si esprime in quella spigolosità ed uso dei colori cupi tipici del periodo pittorico più specificatamente espressionista e meno geometrico dell’artista triestina. La ricerca sulle emozioni e sulla caducità dell’essere umano sono un terreno comune tanto per il grande artista austriaco che per la pittrice contemporanea triestina. E’ singolare il combinato disposto di queste due realtà espressive, a distanza di tempo e di luoghi, nonostante le ovvie differenze di mano che ne fanno un topos comune di elevato interesse. Schiele è divenuto un artista limite, una sorta di pittore maledetto. Morto nello stesso anno di Klimt, ma molto più giovane di lui (28 anni), con una produzione massiccia in soli 10 anni di attività, con le sue intemperanze (anche comprensibili nel contestuale falso moralismo dell’epoca) verso le autorità e la morte, assieme alla moglie, per l’epidemia di spagnola, proprio quando aveva scelto un avvenire borghese e stava per diventare padre. Questa combinazione di fattori, tuttavia, rischia di creare una specie di luogo comune sull’autore, un cliché, una sorta di partecipazione emotiva con la sua sorte, per liberarlo del quale vogliamo ricordare che egli fu eccezionale disegnatore prima ancora che insigne pittore. In Oskar Kokoschka i tratti pittorici espressionisti sono sicuramente meno dolorosi e spigolosi mentre la ricerca della forma espressiva è comunque tesa. Di Emil Nolde, Ludwig Kirchner e degli altri artisti dell’Espressionismo potete avere una carrellata di esempi creativi a questo link. Altre sale fondamentali della collezione del Museo Belvedere sono quelle inerenti lo Jugendstil e la Secessione Viennese e quelle dell’Impressionismo. Magnifici Monet, Renoir, Manet, Van Gogh, Max Liebermann attendono il visitatore.
Analogo splendore al Museo Albertina, di cui al link potete avere un esempio del calibro delle opere esposte, dove, come già accennato, si rimane concentrati soprattutto sui mezzi espressivi che vanno oltre la pittura ad olio, pur non mancando anche questo mezzo. Insomma, un invito ad interessarsi all’arte. Che porta con se la necessità di approfondire la propria storia e cultura, cercando di valorizzarle il più possibile. Speriamo che questo intendimento sia tale anche fra le nostre istituzioni. La nostra prossima visita si concentrerà sul Museo Leopoldo, dove Klimt è il protagonista assoluto.
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