Il periodo della dinastia Song può essere definito come artisticamente interessante, ma politicamente decrepito. Ciò fu dovuto, soprattutto, alla debolezza della sua diplomazia, una debolezza ed incapacità che porteranno la dinastia al disastro. I motivi della fine del regno Song, possono essere ricercati nel pacifismo ad ogni costo da essi propugnato. I Song spostarono, gradualmente, il proprio raggio d’azione nelle provincie meridionali, abbandonando di conseguenza quelle del nord ai mongoli che, i primi, evitarono di affrontare. Questo atteggiamento o supposta tattica politica, non fece altro che ritardare la resa dei conti e la loro fine, non riuscì certamente ad evitarla. Fu Kublai Khan, nipote di Gengis, ad annientare la Cina, cacciando i Song e prendendo il titolo di imperatore nel 1260, fondando la dinastia mongola, detta Yuan dai cinesi. Questa, tuttavia, non ebbe lunga vita, durando circa un secolo. Il suo contributo all’arte monumentale fu nullo, in quanto erano tollerate solo le attività artigianali capaci di compiacere le esigenze dei mongoli. Fortunatamente l’impero mongolo crollò, soprattutto sotto il peso di enormi contraddizioni generate da una vasta e profonda corruzione endemica. Il popolo cinese fu ridotto alla disperazione, ma si rivoltò nel 1368. Dagli esiti della rivolta nacque la restaurazione Ming.
Dobbiamo qui ricordare, per inciso, che il dominio mongolo, al suo apogeo, si estendeva dalle coste cinesi al cuore dell’Europa, formando – così – il più vasto impero che il mondo abbia mai conosciuto. Tuttavia e, nonostante le fasi del loro dominio non fossero tutte positive, è a loro che si deve un concreto contatto tra Oriente ed Occidente. È, infatti, alla pax mongolica (o tartarica) che Marco Polo raggiunse la Cina e, in buona parte, usufruì dei benefici di quel dominio.
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