La scelta di Putin, scellerata o meno (ma non credo siamo in grado di giudicarla visto che non ne conosciamo veramente i retroscena) provocherà una serie di ricadute sulla politica di tutto l’Occidente, Italia inclusa. Da un punto di vista politico, economico e culturale. Sottolineo che, politicamente, se Putin rimane in Ucraina e riesce a dettare la sua agenda, come ad oggi è molto probabile, allora qualche testa cadrà, ma da questa parte della barricata, e sta a voi lettori farvi una classifica dei personaggi più deboli messi in campo dalla necessità dello schieramento forzato. Da un punto di vista economico, pagheremo cara la nostra ridislocazione antirussa e le scelte impostate da Draghi (per esempio le importazioni di gas liquido statunitense, eccetera). La separazione fra le due catene di produzione e finanza diviene sempre più effettiva anche se non definitiva, come ho già osservata pochi giorni fa e in articoli precedenti. Non sono in vista le nazionalizzazioni dei beni occidentali, come riportato dalla TASS il 3 marzo scorso, dopo un iniziale “sì alle nazionalizzazioni”. È probabile che la Russia non ne abbia nemmeno bisogno, per cui sa benissimo che non ci sarà alcun intervento occidentale in Ucraina. Ovviamente tutto può essere ridiscusso e modificato, ma questo fa capire che siamo più nervosi noi a occidente che loro in Russia. Da un punto di vista culturale, visto che probabilmente saremo frustrati nel nostro voler vincere una partita di questo tipo, stresseremo molto sul razzismo antirusso e sulla criminalizzazione di quel popolo e di quella cultura.
Giornalisti e filosofi vari, politologi improvvisati, dicono che le recentissime leggi liberticide sulle fake news in Russia siano il segno di una debolezza del regime e di Putin stesso. Non ci credo molto: in tutto l’Occidente e in Italia sono passate molte leggi liberticide in questi ultimi decenni, per non parlare di quelle più recenti nel periodo della pandemia, senza particolari problemi e proteste. Ciò che conta nel determinare la forza o la debolezza di un governo è la possibile alternativa a esso, un’alternativa che prenda in mano quelle leggi e riesca a usarle contro il governo in carica. Questa condizione non si dà né qui né in Russia, perciò scordatevi questa speranza. La gente ci si adatterà come si è già adatta ad altro, qui come lì.
Putin ovviamente ha preparato questo atto politico-militare e la tempistica (l’uscita dalla pandemia) non sembra casuale, ma è il momento per lui migliore per colpire, visto che gli occidentali in questi due anni hanno perso parecchio in termini economici. Paesi in crisi, paesi che avranno difficoltà a rispondere. Si parlava tanto del Covid in Russia e degli enormi effetti che avrebbe procurato, ma non ci sembra di vederne gli effetti qui e ora.
Poi c’è la questione dell’allargamento della NATO di cui nei liberi media occidentali si evita di parlare, ma che potrebbe essere finita proprio con questa azione di Putin. Se i russi rimangono in Ucraina e riescono a dettare la loro agenda politica, allora non solo cadrà qualche testa qui a occidente, ma sarà dimostrata la non inevitabilità dell’espansione dell’Alleanza atlantica e la possibilità di bloccarla. Insomma, pessime notizie per gli USA, la NATO e l’Europa.
Passo ora a citare due articoli che completano la constatazione del delirio antirusso prevalente in questi giorni. Da Contropiano:
[…] La presidente del CNR Maria Chiara Carrozza nell’incipit del comunicato che preannuncia la sospensione degli accordi di ricerca con la Federazione Russa dichiara che “…la scienza e la ricerca sono neutre, veicoli di pace e collaborazione”.
Una evidente contraddizione in termini, che ricorda gli ossimori usati in trenta anni di “guerre umanitarie”, pagate dai popoli della ex Jugoslavia, dell’Iraq, dell’Afghanistan, della Libia della Siria e di altri con milioni di morti . La signora Carrozza si contraddice da sola, usando cinicamente la retorica deviante delle classi politiche alle quali appartiene a pieno titolo. […]
Da Carmilla Online:
[…] attuali livelli di razzismo antirusso e di isteria militarista che politici e media nostrani stanno mettendo in campo in questi giorni. Un sindaco, Sala, che a Milano chiede al maestro Georgiv di abiurare quanto il suo paese, la Russia, sta facendo, pena: il non dirigere l’orchestra della Scala. E stesso ultimatum all’artista a Macerata. La fiera dei libri per ragazzi di Bologna che vieta i libri russi. E si arriva fino alla rettrice Iannantuoni che a Milano Bicocca vieta il percorso filologico su Fijodor Dostoevskij al prof. Paolo Nori per “evitare qualsiasi forma di polemica”, decisione poi rientrata, ma che mi fa dire che questa personcina indegna di ricoprire il suo ruolo in un tempio della scienza e della cultura del nostro paese forse aveva paura che si parlasse di lei durante la lezione sul grande romanzo L’idiota.
Abbiamo la dimostrazione di come ai posti di comando nello stato come nella politica e di gestione dell’industria culturale vi siano dei servili camerlenghi del pensiero unico. Ormai occupano tutto. Così come nella sanità, dove il fenomeno dei tele virologi rappresenta solo la punta dell’iceberg, quella mediatica, di un ceto di esperti e sanitari al perfetto servizio dell’industria farmaceutica, un verminaio ben presente nei posti di potere nell’ISS, nell’AIFA, nelle associazioni medici e professionisti della sanità. Lo abbiamo visto nella gestione criminale della pandemia, dove al centro c’erano gli interessi dei ceti dominanti del capitale e delle loro filiere in capo alla finanza e alle multinazionali, al grande capitale e ai profitti di Big Pharma e non alla salute pubblica, al benessere dei cittadini.
Ma oltre a questo, i tanti casi come l’annullamento di una mostra fotografica a Reggio Emilia perché partecipava un fotografo russo, per altro dissidente (sic!), la proibizione nelle numerose scuole di autori russi, rivelano che questa isteria non è cosa spontanea, ma una corsa dei tanti fedeli al potere a fare a gara per ingraziarsi il regime. È il frutto marcio di un sistema mediatico e politico che ha annullato ogni forma critica alle politiche dominanti, è un fascismo “morbido” con poco manganello (ma duro con gli studenti della LUPA e i no green pass). Un passaggio automatico per meccanismi comunicativi e scelte routinarie nei vari apparati statali e affini, che evidenzia che siamo già al totalitarismo globalista con un pensiero unico ben strutturato che ha calpestato diritti, persino il buon senso che ci dice che la cultura se non è cosa neutra, quanto meno è un patrimonio universale, persino il Mein kampf di Hitler.[…]