di Sergio Mauri
È qui mia intenzione produrre una breve nota sul concetto di città che non è, appunto, un mero termine con cui definire una particolare conformazione e status oggettivo dall’interno di uno spazio geografico. Città – la città – è stato ed è anche un modo di concepire i rapporti umani, le scelte operate dalle persone associate al fine di creare la vita nella sua continuità visibile. Di certo è da considerare il fatto che il modo di guardare la città, come in generale il mondo, è cambiato in relazione alle esigenze espresse dalle collettività umane. Vediamo allora e su queste mi voglio soffermare ora, le definizioni di città nel passato più remoto e in quello più recente.
Nell’antica Roma vi erano due termini, due parole per definire la città. Uno era l’urbs, la parte fisica tangibile come le costruzioni o le mura della città; l’altro era la civitas cioè il rapporto tra gli uomini, i loro legami. Queste definizioni derivavano a loro volta dal mondo greco nel quale esistevano due parole per definire la città.
Una parola con cui definire la città era astu, anch’essa riferentesi alla parte tangibile della stessa, mentre l’altra era la polis. Aristotele diceva che gli uomini si riuniscono nella polis alla ricerca della felicità. Questo schema va da Aristotele a Torquato Tasso e la sua Gerusalemme Liberata. Tutto cambia con Cartesio in cui la città diventa urbs, cioè una parte, una struttura che si può toccare. Ciò che si può toccare, quindi misurare, tutto il resto non appartiene, in quel momento alla scienza.