di Sergio Mauri
Charles de Secondat, barone di Montesquieu fu avversario deciso dell’assolutismo. Tentò di rivalutare il ruolo storico e politico dell’antica nobiltà, contro ogni forma di governo dispotico. Ne Lo spirito delle leggi del 1748, contribuisce in modo fondamentale alla definizione dei principi giuridici moderni.
All’opposto della tradizione giusnaturalistica, che affermava l’esistenza di una legge e di un diritto universali a prescindere dalle leggi scritte (leggi positive) egli riteneva che i sistemi giuridici dovessero essere adattati alle condizioni ambientali, culturali e politiche in relazione allo Stato in cui vigevano. In ogni Stato, tuttavia, si può riscontrare un elemento comune rappresentato dalla distinzione fra 3 funzioni fondamentali: il potere legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario. Se uno Stato deve essere libero i tre poteri devono essere separati. È dunque necessario che il “potere arresti il potere”. In parte egli prende spunto da Locke che teorizza l’equilibrio tra i diversi poteri piuttosto che la loro distinzione. Montesquieu studia accuratamente il caso inglese e nella fattispecie analizza la divisione del potere tra Camera dei Lord e Camera dei Comuni, come espressioni rispettivamente dell’aristocrazia e della borghesia. Egli quindi immagina un governo bilanciato in cui i diversi organi, controllandosi a vicenda, realizzano un equilibrio costituzionale capace di ostacolare l’affermarsi di un potere assoluto. L’equilibrio dei poteri è dunque più di natura sociale che giuridica.