di Sergio Mauri
Per prima cosa, definiamo il Telerilevamento. Esso è l’insieme delle tecniche e dei metodi per l’acquisizione delle informazioni sulla superficie terrestre da una posizione remota, evitando il diretto contatto col territorio oggetto di studi.
Il telerilevamento ha una storia relativamente lunga. Dalla mongolfiera Entreprenant usata dai francesi nel 1794 nella guerra con l’Austria, passando per la guerra civile americana, nel 1862, in cui furono usati dei palloni aerostatici (come la mongolfiera Intrepid) per verificare le posizioni del nemico, passando poi alla Prima e Seconda guerra mondiale col montaggio di apparecchiature fotografiche sui velivoli in modo da produrre delle foto in grado di tracciare i movimenti delle truppe e i danni dei propri o altrui bombardamenti, è stato messo in pratica plurimamente. Questo è continuato con la Guerra fredda, con gli aerei U2 supersonici e i satelliti del programma Corona (sistema di ripresa key hole) che avevano lo scopo di spiare il campo comunista. Chiaramente, nemmeno la caduta del Muro è stata sufficiente a modificarne drasticamente l’uso anche se parzialmente ricaduto in ambito civile e soprattutto ambientale. Un po’ a causa del terrorismo islamico, un po’ per contenere la Cina, un po’ a causa della guerra russo-ucraina, il telerilevamento per scopi militari sta continuando.
Tuttavia, noi ci occuperemo delle rilevazioni operate dai satelliti statunitensi Landsat ed europei Sentinel (programma Copernicus) che operano rilevazioni ambientali e anche per gestire emergenze come alluvioni, incendi, siccità, sismi.
Oggi l’era digitale e l’introduzione del Cloud Computing hanno prodotto uno scarto qualitativo profondo rispetto al passato non solo dal lato del rilevamento, ma anche da quello della distribuzione delle immagini.
Vediamo di capire su quali basi scientifiche funzionano i rilevamenti. Dobbiamo partire dalla presenza di onde elettroniche che sono il movimento ondulatorio dato dalla sovrapposizione perpendicolare di un campo elettrico e di uno magnetico. Queste onde generate dal sole, viaggiano nello spazio, colpendo anche il nostro pianeta. Al loro passaggio si verificano due fenomeni importanti: la diffusione delle onde, in varie direzioni e l’assorbimento parziale delle stesse, per mezzo dell’anidride carbonica o del vapore acqueo o l’ozono. Ciò che non viene diffuso o assorbito impatta la superficie terrestre e viene in parte assorbito dai corpi presenti. Una parte delle onde rimaste viene riflessa e i satelliti di cui abbiamo sopra accennato, attraverso i loro sensori, ne catturano il segnale che poi viene tradotto in immagini (attraverso conversione del flusso in DN, i Digital Numbers). I sensori possono essere passivi e lavorano nell’infrarosso e nel visibile, usano cioè la luce naturale del sole oppure attivi, e usano una loro fonte luminosa e sono i radar. A loro volta i satelliti possono essere geostazionari o quasi polari. I primi sono a ragguardevole distanza dalla terra, a circa 36000 km, sono fermi lungo l’equatore e hanno quindi la stessa velocità di rotazione della terra. I secondi si muovono da un polo all’altro mantenendo, tuttavia, un’inclinazione di 4° rispetto all’asse terrestre. Al sensore vanno attribuiti dei parametri per capire che tipo di immagini ci fornisce: per esempio, la risoluzione spaziale e tanto grossolana quanto importante della quantità di particolari che possiamo trovare nell’immagine. Il sensore spezzetta lo spettro elettromagnetico in intervalli, le bande del sensore.
Le immagini così ricavate possono venire processate secondo le bande presenti nel sensore stesso che selezionano una modalità di lunghezza d’onda visibile all’interno dello spettro, che il sensore può “vedere”. Inutile osservare che il sensore “vede” più dell’occhio umano, permettendo un’analisi quindi di falde acquifere, del verde, dei mari e dei laghi, nonché della neve. Non è esclusa l’analisi territoriale, come a esempio quella sulla salute non solo della vegetazione, ma di danni al terreno stesso, che si producono in seguito a incendi, soprattutto se di grande entità. Eo browser, gestito da ESA (European Space Agency) è un e esempio di telerilevamento e di immagini telerilevate.
Vediamo, brevemente, attraverso quali “filtri” o bande lavora Sentinel per evidenziare le questioni ambientali soprastanti. Con Sentinel 2, in modalità L1C (foto atmosfericamente non corrette) e L2A, abbiamo la possibilità di evidenziare i Wildfires, l’NBR (Normalized Burn Ratio), lo NDVI (Normalized Difference Vegetation Index), il Moisture index (umidità). Col Sentinel 2 L2A in false colour per le aree incendiate e non, per la salute e la valutazione della vegetazione; col false colour urban per i dettagli delle zone urbanizzate e gli incendi. Sempre col Sentinel 2 possiamo usare lo NDSI, il Normalized Difference Snow Index, per mappare la neve, magari comparandone gli anni di osservazione. Con Sentinel 3 F1 Brightness Temperatures, per dimostrare il rialzo della temperatura durante gli incendi. Con Sentinel 5P Carbon Monoxide possiamo individuare il monossido di carbonio e col Sentinel 5P NO2 (diossido di azoto) possiamo vederne gli altri valori corrispondenti al fuoco.