di Sergio Mauri
Lettera sull’umanismo. Da quale problema parte Heidegger? In che modo si può ridare senso alla parola umanismo? Dal fatto che noi non abbiamo ancora pensato all’essenza dell’agire. Si tratta di un’essenza unica. Allora si tratta di pensare all’essenza dell’essere umano, che poi assume varie forme. L’essenza va cercata in quell’ente che è l’Esserci, quindi, dobbiamo ricercare l’essenza dell’Esserci. Pensiamo dunque alla figura del dasein e alla sua ontologia. Heidegger qui assume una prospettiva, dagli anni Quaranta, di ripresa di alcuni motivi fondamentali di Essere e tempo, in più ci sono alcuni temi sviluppati dagli anni Quaranta.
Lettera sull’umanesimo è un’ottima cartina di tornasole del suo percorso di indagine intorno all’essere. Dopo la svolta il pensiero di Heidegger si indirizza in primis sul linguaggio. Attraverso la trasformazione del linguaggio metafisico egli intraprende il percorso di indagine. Il linguaggio è terreno privilegiato di Heidegger, proprio in quanto in grado di porsi attraverso la parola in ascolto dell’essere. Definire quindi qualcosa di indefinibile, cioè l’essere.
Heidegger si orienta sulla “parola originaria”, al “dire originario”. Si tratta di superare la proposizionalità e la logica del linguaggio. Heidegger va verso la poesia che, secondo lui, può soddisfare la sua indagine, la sua ricerca. All’interno del campo filosofico, ricordiamolo, la poesia non è stata oggetto di studio nel senso detto da Heidegger. Nella prolusione del ’29, Che cos’è la metafisica?, c’erano accenni al rapporto tra pensiero e poesia. La filosofia, dice Heidegger nel testo, non soffre l’estraneità della poesia, ma quest’ultima è parallela alla prima. Heidegger sviluppa questo tema come tema del pensiero in generale.
Dunque, se Essere e tempo non riesce a esplorare fino in fondo la questione del superamento del problema del linguaggio, ciò può essere compiuto, almeno parzialmente nel secondo Heidegger, quello della svolta. L’essenza del pensare si concentra nel problema dell’essere, l’essenza dell’agire si capisce comprendendo l’essenza dell’essere. Per un verso c’è la necessità di ricondurre l’essenza del pensare all’essere, mentre per l’altro, l’agire si rivolge all’ente. Il pensiero deve dire la verità dell’essere. Il pensiero è l’impegno sull’essere da parte dell’essere stesso. Il pensiero è l’impegno verso la verità dell’essere. Quindi, abbiamo visto la differenza tra agire e pensare. E abbiamo visto che l’essere umano per comprendere la propria condizione si deve rivolgere all’essere. Abbiamo l’evidenza che Heidegger parla di situazione/condizione umana se è connessa alla condizione/situazione dell’essere. Per comprendere la condizione umana è necessario liberarsi da un’interpretazione “tecnica” del pensiero. Per un pensiero che voglia dedicarsi a una interpretazione dell’essere, esso deve perdere la interpretazione scientifica dello stesso. Potremmo giungere a una negazione della ragione. Ma Heidegger dice che si tratta di uno sforzo per riallocare il pensiero nel suo sito naturale. Se criticare il dominio della logica sul pensiero non è irrazionalismo, è critica della ragione. A differenza delle scienze il rigore del pensiero consiste nel rimanere nel suo alveo e non va in ambiti di interesse della scienza. Il dire rimane nell’elemento della verità dell’essere.
Il pensiero non può non essere se non pensiero dell’essere. Dell’essere significa: in quanto fatto avvenire dall’essere è in ascolto dell’essere. C’è una forma del pensiero che appartiene all’essere perché da esso fatto accadere e perché è in ascolto di esso. Bisogna superare la sfera della dimensione inautentica del pubblico, per poter cogliere l’autenticità, ripensando il rapporto che l’essere intrattiene con l’Esserci.
In tale ambito si arriva a una forma del linguaggio, tecnicamente orientato e a una che non ha nulla a che fare con la comunicazione e trasmissione informativa e anzi nega quel linguaggio. il rapporto autentico tra pensiero e linguaggio deve essere trovato nel rapporto di quest’ultimo con l’essere. L’essenza del linguaggio sta nell’essenza del pensare. Si deve andare oltre il piano ontificante del linguaggio.
La minaccia per l’uomo, di cui nel linguaggio vi sono tracce evidenti, sta nella sua tecnicizzazione. La minaccia all’essenza dell’uomo sta nel fatto che l’uomo non comprende il proprio essere e la propria esistenza. Tale incomprensione imprigiona l’essere umano che non può essere ciò che nella sua essenza egli è. La devastazione/decadenza del linguaggio è tale per cui il linguaggio cade fuori dal suo elemento. Il linguaggio è la casa dell’essere, si nega in quanto non è compreso nell’essere.
Si deve vivere nell’assenza di nomi che non è afasia, ma sospensione del linguaggio per come noi lo viviamo. Prima di parlare l’uomo deve farsi reclamare dall’essere. Porsi in ascolto dell’essere è un atto silente ed è la prima azione che l’essere umano deve compiere. Il richiamo all’uomo, dice Heidegger, a colui che abita nel linguaggio, mostra una preoccupazione per l’uomo. La Cura si dirige a portare l’uomo nella sua essenza. Meditare, Curarsi che l’uomo sia umano e non inumano. Voglio recuperare l’humanitas, il meditare e Curarsi che l’uomo sia umano e non inumano; quindi, che non stia fuori dalla sua essenza. Umanismo non come corrente di pensiero, ma come recupero della questione della humanitas che è l’essenza dell’essere umano. Dobbiamo riferirci all’apertura originaria all’essere dell’Esserci. Dobbiamo comprendere l’essenza dell’essere umano e lo stare nell’esistenza come lo stare nell’apertura dell’essere. L’uomo nella sua essenza abita all’interno dell’apertura costituita dall’essere stesso. La e-sistenza, ex-sistere, lo star fuori dell’esistere. (L’essenza viene preceduta dall’esistenza). Per Heidegger l’interpretazione sartriana è metafisica perché sdoppia essenza ed esistenza, che, per Heidegger consiste invece in un’inclusione.
Esistenza ed essenza conservano la loro differenza concettuale, ma nella costituzione ontologica dell’Esserci sono unite. L’essenza si determina in base all’e-staticità dell’Esserci. In quanto è colui che esiste, l’uomo prende in Cura il ci nella radura dell’essere. Anche la svolta (kehre) non sarebbe una separazione, ma una prosecuzione su un piano ulteriore. Non cambia il punto di vista di Sein und Zeit, ma nella svolta il pensiero tentato in Essere e tempo giunge alla comprensione che l’oblio dell’essere è superabile con la ricomprensione del linguaggio, nella sua essenza. La prosecuzione di Essere e tempo si presenta come sviluppo dell’analitica esistenziale, sul terreno del linguaggio.