di Sergio Mauri
L’umanismo diventa un rapporto dell’uomo con sé stesso e con l’essere. Heidegger rifiuta forse l’idea di uomo, allora? No, egli pensa diversamente. Le determinazioni dell’uomo, proprie dell’umanismo, non danno ragione, secondo lui, alla suprema dignità dell’essere umano come colui che è in rapporto con l’essere. Rimangono altresì in un ambito metafisico.
Heidegger dice che l’umanismo non propugna fino in fondo la dignità dell’uomo. L’uomo è il pastore dell’essere, se ne prende Cura. Non dispone dell’essere. Ricordiamo, peraltro, che l’uomo non può avere con l’essere un rapporto come se l’essere fosse un oggetto. La questione dell’essere è un problema di interpretazione dell’uomo e non essendo ente è all’uomo indisponibile. L’uomo si prende Cura dell’essere abitando nell’essere. Il luogo dell’essere è la radura dell’essere. La abita nella forma della libertà (e del progetto) e del linguaggio.
L’essere umano sta nell’essere così come sta nel linguaggio. Con l’essere l’uomo ha un rapporto di vicinanza non invadente. La vicinanza si dà come linguaggio. il linguaggio non è posseduto dall’uomo come strumento. “Il linguaggio è la casa dell’essere fatta avvenire come propria e disposta dall’essere”.
L’esistenza è l’essenza/sostanza dell’essere umano che si manifesta nell’e-staticità. L’essere sta nella radura dell’essere che si apre nella radura stessa come e-staticità. L’esser progetto dell’uomo, in quanto esser libero dell’Esserci, si manifesta nella vicinanza, nella radura, tra essere ed Esserci. In questa localizzazione l’essere umano trova la propria “patria”, di appartenenza più propria. Ed è proprio nella sfera dell’apertura che l’Esserci scopre l’essere. Ciò è possibile per il mezzo del concetto del sacro. Cioè il sacro permette di comprendere l’essere, è questo rapporto che permette di capire veramente l’essere.
Linguaggio, sacro, Cura, la casa dell’essere (la patria), sono i punti cardinali del discorso. L’uomo abita nella radura dell’essere, al contrario non abitandovi rimarrebbe spaesato. Obiettivo di Heidegger è determinare l’umanità dell’uomo proprio come necessità che ha di rapportarsi all’essere, l’essere in quanto essere sé stesso e quindi ciò che egli è. Al contrario, l’uomo sarebbe esiliato dalla verità dell’essere. L’essenza dell’uomo ha un plus rispetto all’animale dotato di ragione. Questo plus è un più originario e più essenziale nella sua essenza, nell’uomo. Il plus nell’essenza dell’uomo, la sua dignità, sta nel fatto che egli è il pastore, ma non il padrone dell’essere. L’uomo abita nella vicinanza dell’essere. È vicino di casa dell’essere.
Heidegger indica anche i fraintendimenti possibili rispetto alle sue posizioni che possono essere suscitati: 1) l’uomo heideggeriano è contro l’umanismo; 2) Heidegger parla contro la logica e allora vuol dire che rifiuta la rigorosità del pensiero; 3) opposizione ai valori, da parte di Heidegger, negando il valore tradizionale dell’etica; 4) l’essere dell’uomo è l’essere nel mondo, si ritiene che l’uomo venga ridotto a un essere che è solo mondano (positivizzazione); 5) manifestazione di ateismo in riferimento alla morte di Dio di Nietzsche; 6) nichilismo irresponsabile e distruttivo. Nessuno dei fraintendimenti coglie nel segno, dice Heidegger. Abbiamo visto, precisa Heidegger, come il sacro sia distintivo dell’essere. Partendo dalla verità dell’essere si può comprendere il sacro che è una dimensione pensabile/interpretabile solo partendo dal manifestarsi dell’essere. Entrare nella dimensione del sacro è possibile per l’Esserci ed è necessaria e indispensabile. È possibile pensare Dio e pensare l’essenza autentica dell’essere umano. Se per pensare il sacro bisogna partire dallo svelamento dell’essere vuol dire pensare la humanitas dell’uomo. Non rigettiamo la humanitas dell’uomo, ma la poniamo nella finalità dello svelamento dell’essere.
Heidegger dice che non ha bisogno di scrivere un’etica perché ciò che scrive già la include. La include non escludendola, ma ricomprendendola nel rapporto tra l’ontologia e l’etica. Come la determina l’etica? Recuperando il frammento 119 di Eraclito. Ethos anthropoi daimon. L’ethos è il carattere proprio, il demone, dell’uomo. Ma la traduzione è moderna, dice Heidegger, vuol dire qualcosa di diverso. L’apertura del soggiorno di questo abitare fa apparire ciò che viene incontro all’essenza dell’uomo (l’abitare dell’uomo custodisce l’avvento dell’essere). L’ethos è l’abitare, il soggiornare, lo stare dentro, meglio ancora un vivere dentro. Abitare è stare nell’aperto della radura nelle vicinanze dell’essere. Abitare nel mondo in rapporto all’essere. Dobbiamo, quindi, riformulare l’etica classica. Oltre la consuetudine in una modalità abitativa. Ciò serve a Heidegger per arrivare a una conclusione. È dunque necessario ripensare l’etica, ma anche l’ontologia, poiché è da pensare la verità dell’essere che non si acquisisce con la logica, né con le determinazioni concettuali. Sono ripensate quindi l’etica e l’ontologia. Il linguaggio che non si relaziona con il registro della verità dell’essere, con la visione fenomenologica della verità dell’essere, rischia di falsificarsi.
Il pensiero che pensa la verità dell’essere come pensiero nella sua autenticità, non è etica né ontologia classiche, ma una forma originaria di entrambe e viene prima della distinzione tra teoretico e pratico e prima della determinazione di ontologico ed etico. È un pensiero che rammemora l’essere e nient’altro. Un pensiero della semplicità dell’essere. Questo pensiero soddisfa il suo pensiero in quanto è ed è in quanto dice la sua cosa, cioè l’essere. L’abitare è l’essenza dell’essere nel mondo.
Il concetto di poesia è la scena finale del testo in cui l’abitare è una forma poetica. Riprende un verso di Holderlin che dice che l’uomo nel suo essere nel mondo è o può essere pieno di merito, può acquisire meriti imperituri, può produrre opere eccellenti o eccelse e tuttavia l’essenza del suo abitare è poetica. La presenza originaria della poesia riesce a determinare l’agire dell’essere umano. Il pensiero rammemorante è un pensiero poetante. Il pensiero dell’essere è pensiero poetante.
Il linguaggio è la casa dell’essere, dimora dell’essere umano: così è salvezza. Quando non lo è, è perdizione; lo è quando è inteso in senso tecnico, come tecnica dell’informazione. Ciò si determina nel modo di pensare il linguaggio. Quando il pensiero è calcolo, anche rispetto all’essere, il linguaggio è mero linguaggio di calcolo. Quindi, i due poli sono: pensiero calcolante e pensiero meditante che rammemora l’essere. Quindi, il pensiero dell’essere si configura come meditante e poetante. La poesia permette al pensiero meditante di completarsi attraverso la riflessione sul linguaggio.
Il pensare l’essere e il dire (la poetica) l’essere sono le coordinate dell’operazione filosofica heideggeriana. È delineata, parimenti, la sfera del rapporto tra pensiero e linguaggio che si declina nel pensare l’essere in una chiave filosofica e poetica. Da qui partono le indicazioni che Heidegger svolgerà nella sua indagine intorno al linguaggio.