Vedere su Intratext –> Convivio, per trovare parole nel testo. Del Convivio faremo:
Trattato I°: cap. 1, cap.2, cap. 3, cap. 4, capp. 8 e 10, cap. 11, cap. 12.
Il cap. 2 tratta le obiezioni a cui Dante risponde, immaginando che i suoi lettori gli avessero mosso delle obiezioni.
Il Convivio è il 1° commento filosofico in volgare e il concetto di nobiltà viene dimostrato per via aristotelica.
I capp. 3 e 4 affrontano il tema della difficoltà di lettura del testo. Dante adotta il sillogismo aristotelico per dimostrare ciò che afferma.
I capp. 11 e 12 si parla di lingua volgare e vengono esposte le ragioni per cui si deve amare il proprio volgare.
Trattato II°: cap. 1° in cui Dante spiega per la prima volta usando il sillogismo quali sono i quattro sensi delle scritture: senso letterale, senso allegorico, senso morale, senso anagogico che si applica in particolare al testo della Bibbia.
Trattato IV°: cap. 3° (definizione sulla nobiltà). Cap. 7, 8 e 9 dove si esplicano le opinioni sulla nobiltà. Capp. 12 e 13 dove Dante paragona nobiltà e ricchezza e dice quanto siano simili poiché l’uomo non è mai sazio di nobiltà e ricchezza.
Capitolo II° del I° Trattato. La numerazione all’interno dei capitoli sembra essere fittizio, è stato contestato da diversi critici. Usa il sillogismo e per allegorie, ad esempio all’inizio, quella del pane.
Per iniziare bene il cammino della conoscenza occorre ripulirla delle falsità (macule, macchie). I difetti (le due macule) da togliere sono le due accuse che si possono rivolgergli. Perché prende il pane? Perché è il corpo di Cristo, cioè la conoscenza portata sulla terra. Toglie di mezzo due accuse come fecero già Boezio e Sant’Agostino (Le Confessioni) che fa della sua vita esempio da seguire. Boezio è un profugo come Dante; Sant’Agostino è la massima autorità come interprete di Aristotele. La prima accusa a cui Dante risponde riguarda il fatto che il parlare di se stesso, in un commento filosofico, non è lecito: il secondo perché non è ragionevole discutere troppo profondamente. Cioè, se io complico troppo gli argomenti non riesco a raggiungere la conoscenza. Dire troppo svia dalla conoscenza. Sarebbe l’entropia che ci porterebbe troppo lontano.
Dante trae da qui i termini per una conoscenza per tutti i lettori. Misura la profondità dei suoi argomenti. Dante denuncia la sua impostazione e conoscenza di come e cosa scrivere. Per esempio, si ispira anche a Cicerone. Riprende questa parte della retorica classica e dice che ai retori non è concesso di parlare di sé stessi. L’uomo non parla di sé stesso perché la retorica non glielo concede e lui segue le leggi della retorica. Posto che il retore può scrivere e parlare solo di chi loda o biasima.
“Sanza necessaria cagione parlare” che ci riporta alle due ragioni di cui sopra. È necessario che il retore abbia un fine per parlare. (Vedi Quintiliano quando parla della differenza tra oralità e sapere scientifico).
Le due cagioni: per la retorica non si può parlare di sé stessi; la seconda, l’eccezione, quando si può lodare o biasimare qualcuno.
“A far (dire) di sé” : palesarsi, mostrarsi agli altri. Ma Dante dice che si staccherà dalla prima regola e parlerà di sé.
Dante poi, confutando una parte della retorica, dice che biasimare è peggio che lodare e che comunque sia lodare sia biasimare, parlando degli altri, non sono da fare.
Anche se la retorica ammette si possa farlo, lui (innovando) dice che non è giusto farlo. Inoltre, ciò che è voluto, nel biasimare, è peggiore di ciò che è fatto inavvertitamente.