IV Trattato, canzone III.
Dal verso 40: “Omo è legno animato”: questa frase deriva da Federico II. Ciò che si vede la vita, non è fermo, non è statico.
“Parla non intero”: ha una conoscenza parziale, non ha quegli occhi interni per poter vedere.
“Fu chi teme impero”: chi ha le prerogative per poter dare una definizione.
“che le divizie”:….”però che vili son da lor natura”: le divizie non hanno alcuna caratteristica di nobiltà, non possono essere un attributo della gentilezza e perciò della nobiltà.
“né la dritta torre” : oggettività.
“fa piegar rivo che da lungi corre” : soggettività.
“vili appare ed imperfette” apparire, cioè quello che è sotto i sensi, sotto la vista. Alla nostra vista le divizie sono di poco valore e sono imperfette. Perfezione medievale: piena conoscenza delle cose terrene. Imperfezione perché non danno la quiete.
“non posson quietar, ma dan più cura;”….”onde l’animo…non si sface” l’animo sincero e vero non viene toccato dalla ricchezza.
“Né voglion…gentil divegna” non vogliono che da uomo gentile/nobile discenda qualcuno di poco valore e viceversa.
“nazion”: una comunità che risponde all’imperatore, l’Italia dei suoi possedimenti.
“Questo è da lor confesso: “ è da loro ammesso, confessato.
“onde…diffinendo con esso”: che pare dar loro ragione, una ragione che sembra in contraddizione con sé stessa. Chiedere loro ragione della nobiltà è qualcosa che li offende perché il tempo li ha consolidati nella loro nobiltà.
“Ancor segue…gentil uom tiene”.
Da ciò che ho detto (dice Dante) che siano tutti gentili o villani, ma tutti hanno una partenza dall’esser villani, senza un inizio. Ma Dante non è d’accordo perché, se son cristiano, grazie al battesimo, non posso esser fuori dal contesto.
Alle menti sane è evidente che non è vero, chi ha la conoscenza terrena ha evidente che coloro che affermano questo non sono sani, cioè l’affermato è inconsistente.
E mi allontano, mi rimuovo da loro.
E a questo punto voglio ribadire cosa sia la nobiltà, quali siano le caratteristiche che l’uomo nobile deve avere. Dante dice: com’io sento, come io la percepisco. La gentilezza è qualcosa che deriva da qualcos’altro. E dirò (dice Dante) quali sono i segni di gentilezza che l’uomo gentile deve avere. Quindi le condizioni di gentilezza devono corrispondere a quei segni, se non si manifestano in quel modo. Questo è il senso letterale. Quello allegorico qual è?
Dante qui sta sperimentando la definizione della figura che accompagna gli altri alla conoscenza.
“Dico ch’ogni vertù…”.
Ogni virtù ha un’origine. Non è detto che la virtù debba avere una matrice comune, ogni virtù s’intende. Queste virtù fanno l’uomo felice quando l’uomo le mette in atto. Questo concetto secondo l’Etica di Aristotele è un giusto mezzo, la virtù è il giusto mezzo. La virtù dimora solo nel mezzo, come detto da Aristotele.
Dico che la nobiltà porta sempre il bene del soggetto che la compie, la porta. Una tale virtù dice, da sempre agli altri una buona conoscenza.
Se uno opera nel nome della virtù, darà sempre un buon livello di comunicazione con gli altri, elevandoli. Darà prova di essere nobile attraverso l’intelletto.