Introduciamo una prima distinzione tra droga e tossicomania.
a-Le droghe da molto tempo fanno parte della storia degli uomini senza tuttavia creare, se non incidentalmente, delle tossicomanie vissute come marginalità. La nostra stessa società assorbe un numero importante di droghe fra cui le più note sono caffè e tabacco – l’alcol stesso non produce automaticamente emarginazione. Si ha l’abitudine di dividere l’insieme delle droghe in due tipi: leggere e pesanti. Le giustificazioni teoriche di questa differenziazione si rifanno al grado di assuefazione. Di fatto, una rottura si stabilisce effettivamente al livello dell’uso o no della siringa: tutto quello che si inietta è pesante. Comunque, è possibile un uso catastrofico anche delle droghe leggere: ci si può rovinare con l’hashisc, l’acido…come lo si può fare con la cioccolata. Ciò che è droga è determinato dal rapporto fra un sintomo (ordine del mondo) e un fatto (il piacere procurato). Sintomo e fatto sono l’uno e l’altro consecutivi. La pratica quotidiana è monotona, può apparire in tutta la sua estraneità: curioso fenomeno di non-vita. Ogni evento ci sveglia come da un cattivo sogno: solo allora diventa chiara l’a-storicità del quotidiano mistificatore. L’uso di droga, non importa quale, perturba la vita quotidiana banalizzata.
a-bis-La tossicomania turba la vita quotidiana: permette essa dei momenti privilegiati in cui pensare il mondo e se stesso in modo radicale, di situarsi immediatamente nel presente come soggetto? Tutti quelli che denunciarono il fenomeno lo videro come primo elemento di una “nuova cultura”, di un nuovo mondo. Tema sviluppato soprattutto negli USA (vedi Jerry Rubin) dove la nozione di “new” è profondamente radicata nel sistema ideologico più comune, come quella di “super”.
b-Il tossicomane che si sforza di avere una visione globale del mondo e di se stesso e che per il suo spiazzamento è in grado di superare i vari limiti nella comprensione del mondo stesso, rimane, tuttavia, intrappolato in un pensiero immobile, come se, finito tutto, tutto si fosse paralizzato all’istante per sempre. L’immagine, sempre lontana, di un mondo “meraviglioso”, permette ad un individuo di sopportare e giustificare la sua impotenza. Il problema è sempre lo stesso: colmare una mancanza presente, reale, con l’illusione di qualcosa di positivo ora e in futuro. Realizza una tendenza della nostra società: la realizzazione di una sorta di illusione generalizzata, una specie di presa del mondo da parte della merce spettacolare.
b-bis-E’ triste e banale constatare che , come vengono vendute le speranze e i sogni con gli slogan pubblicitari, così, gli schemi della “vita liberata”, del farsi da sé, sono proposti al consumatore coi sistemi più rozzi del mercato. Ad ogni epoca dell’era mercantile le tecniche di vendita corrispondenti sono uniformi e normalizzate, che si tratti di modelli di vita o di schiacciapatate elettronici.
c-Non credo che il mondo dei tossici sia un mondo a parte – come la morale dominante ci vorrebbe invece convincere: sia quelli che si trovano presi nel mondo della tossicomania (tossicomani, tossicologi, tossicofili) che chiunque se ne trovi all’esterno sembrano chiudere questo mondo su se stesso, facendo come se i tossici fossero veramente la chiave di volta della zona tossica, come se quel mondo fosse autonomo e coerente in se stesso. Non è così, appunto. La droga è una merce. L’origine delle merci, si sa, come ogni prodotto e mezzo per produrre, come tutta l’umana attività nella sua storia, è mascherata nei fatti. Questo processo di separazione, sia nel luogo che nel tempo, fa perdere ogni senso a tutte le attività produttive, a tutti i rapporti coi beni prodotti, i quali diventano “strane concrezioni” di cui una sola qualità ci è nota: il prezzo.
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