Genti, popoli che si odiano, che diffidano l’uno dell’altro. Che nascondono paure, timori. Paura per se stessi in primis. Siamo tutti un pò etnocentrici, prodotto di millenni di preistoria, succubi dell’istinto invece che della ragione.
Sono d’accordo che certi atteggiamenti culturali (da qualsiasi parte appaiano, qui o altrove) siano difficilmente giustificabili, ma chiudendoci nell’etnocentrismo non cercheremo sicuramente di affrontarli e porvi rimedio.
Il superamento del pregiudizio etnocentrico non significa e non può significare abbandono e rinnegamento dei presupposti culturali entro i quali siamo nati e vissuti, non equivale in alcun modo ad un processo di destorificazione. E’ più semplicemente l’assunzione di un abito critico e storicistico che disincanta la mente dall’illusione di possedere il monopolio della verità assoluta e dei valori eterni.
Il superamento di questo pregiudizio è un atteggiamento morale ed intellettuale di cauta sospensione del giudizio e della valutazione, dove sono in gioco il comportamento e l’azione umani. E’ un problema che non riguarda solo l’Occidente, ma l’umanità intera: è un problema universale che solo in modo universale può avere una soluzione.
L’uomo antietnocentrico è quello che ha vissuto e sofferto le devastazioni fisiche e morali del pregiudizio etnocentrico. Contrappone ad esse non già una nuova teoria dell’uomo o un nuovo sistema metafisico, ma un diverso ethos, una diversa scelta morale e intellettuale dopo che le antiche scelte hanno con tanta frequenza fallito la prova.
Antietnocentrismo.
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