Il nostro secondo giorno a Belgrado parte bene, con tanta energia e voglia di visitare una tra le più importanti città balcaniche. La buona colazione all’albergo ci dà lo sprint necessario a partire. Decidiamo di recarci verso la Knez Mihailova, una via centrale della città, inclusa nel salotto buono della stessa, piena di negozi, consumismo, frizzi e lazzi. Giovani e meno giovani passano il loro tempo camminando in questa zona a prescindere dalla necessità di fare shopping. Tanto per fare una passeggiata, vedere un pò di movimento, stare in compagnia della famiglia o degli amici; come da noi.
L’offerta di merci, ristoranti, bar e servizi è più o meno uguale alla nostra, invasione delle solite multinazionali dell’abbigliamento inclusa. Osserviamo che, nonostante i bombardamenti e l’isolamento internazionale, la città, tutto sommato pulsa, è rinata e dimostra una differenza anche marcata rispetto alle aree rurali che la circondano. Proseguendo lungo la Mihailova si arriva alla fortezza di Belgrado, circondata da un grande e ben curato parco, con museo militare annesso. Molto interessante, nel parco, il Mausoleo ottomano.
Girando per le strade di Belgrado si notano subito alcune differenze rispetto all’Europa occidentale. Innanzitutto il panorama etnico è molto più omogeneo del nostro: pochissimi immigrati e stranieri. I Rom appaiono l’unica nota di colore in un panorama omogeneo. Sembrano, peraltro, godere di un trattamento diverso da quello solitamente ricevuto in Occidente. Le nostre impressioni sono positive nei confronti del popolo serbo, che appare essere disponibile con gli stranieri. E’ un popolo tranquillo, diverso da come viene dipinto dai nostri media, un popolo dai ritmi abbastanza lenti, non frenetici come i nostri. E’ gente religiosa, nel profondo della propria storia, al netto di tutti i regimi politici passati, che forse sono stati accettati o contrastati proprio in base alla loro prossimità con l’ideale religioso più puro.
L’idea che ci stiamo facendo è quella di una città in sviluppo, in movimento, che nonostante le difficoltà passate e presenti e l’isolamento politico subito per troppi anni, ha un tenore di vita tutto sommato migliore di altre città, diciamolo pure occidentali.
Il terzo giorno vogliamo andare a visitare il di Museo d’arte contemporanea, a Novi Beograd. Dobbiamo passare perciò la Sava ed inoltrarci nel parco che contiene il Museo. Dopo una lunga passeggiata scopriamo che il Museo è in ristrutturazione ed è quindi inagibile. Poco male, abbiamo visto Novi Beograd con i suoi palazzoni popolari, i suoi centri commerciali e i grattacieli di Hypo Bank e Gazprom, la prova che la Serbia è nella direzione di interesse del grande capitale mondiale. Riprendiamo l’autobus e decidiamo di andare al Museo di Storia della Jugoslavia, chiamato anche Museo 25 maggio, al cui interno c’è anche il Mausoleo di Tito. E’ un balzo nel passato glorioso di una federazione, quella jugoslava che contava veramente a livello internazionale, basta ricordarsi del movimento dei non-allineati. E’ un’esperienza che colpisce soprattutto coloro che, come me, hanno vissuto per decenni a contatto con quella realtà, socialista, multietnica, federale.
Si fa sera e decidiamo allora di ritornare verso il centro, con l’autobus prima (il trasporto pubblico di Belgrado è efficiente e funzionale) e a piedi poi tra la Namenjina e la Balkanska, prima di deciderci a ritornare verso il Tasmajdan Park, dove alloggiamo.
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