A sinistra si è parlato molto di welfare. Troppo e male. Si è parlato spesso di intervento dello Stato. Ma di quale Stato? Di uno Stato che rappresenta quali interessi, e per chi o che cosa alloca le proprie risorse? Quando si parla di welfare, troppo spesso si pensa alle pance piene o alla capacità di spesa e quindi di consumo. E’ l’istinto di conservazione del sistema. Tutta la politica, eccettuati pochi casi, è appiattita su questo tema.
Ma un esempio di welfare accalappia-consenso fu proprio quello di Hitler. Generosi assegni familiari, mutui a tasso zero, larghe esenzioni fiscali, vacanze a spese dello Stato (Kraft durch Freude), congedi retribuiti, abolizione di ogni tassa per i lavoratori a reddito fisso, alloggi popolari, sussidi ingenti, generosa politica di tutela della famiglia, protezione statale per le piccole imprese indebitate, e via discorrendo.
Tutte cose che, nel sistema capitalistico, non cadono dal cielo, ma per le quali c’è ci paga e chi viene pagato, chi si ingrassa e chi ci rimette: oppositori politici, ebrei, zingari, et similia…… Dunque; è proprio vero che il welfare non è né di destra né di sinistra, ma è una funzione del capitalismo, segue le sue crisi e le sue necessità.
Ne consegue che il problema non è il welfare, ma il modo di produzione. Ma è meglio che non si sappia.
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