Alì il magnifico di Paul Smail, pseudonimo di Jack-Alain Léger, è stato uno dei migliori libri che abbia letto. È la storia di Sid Alì B. il giovane serial-killer francese dei sacchetti di plastica. Un serial-killer che ascolta Mozart, in grado di citare a memoria Rimbaud, conoscitore accurato della letteratura francese, un ragazzo che veste solo brand sportivi di colore bianco. Alì il magnifico è un libro di oltre 500 pagine di lucida follia.
È nel linguaggio, oltre che nel citato, dalla critica, libero flusso di coscienza, che si esplicita la grandezza di quest’opera. Un linguaggio a tratti visionario, ma più precisamente in cui sono presenti molteplici piani espressivi: dal chiamare in causa diverse lingue, ai testi delle canzoni, a quelli poetici, ai film, alla loro contestualizzazione spesso spiazzante, tutto concorre a costruire una narrazione tanto vorticosa quanto repellente qualsiasi conformismo.
Questo è uno dei lasciti più coscientemente voluti di Léger, morto suicida nove anni fa.
Il tema del consumismo, quello della morte (e della vita), quello dell’omosessualità, della (dirompente) multiculturalità e multi religiosità, non hanno nulla di oscuro o di moralistico in quest’opera: sono, al contrario, trattati con la naturalezza, con la spontanea espressività implicita delle manifestazioni del prisma comportamentale umano. Dell’umano essi sono una necessaria dimensione effettuale ed espressiva, un esito possibile e praticabile/praticato, nulla di emarginabile e deprecabile.