di Sergio Mauri
Questo è un post tutt’altro che definitivo sull’argomento, assai complesso e delicato perché tocca l’identità e la dignità delle persone, per cui virtualmente inesauribile. Ci saranno occiasioni di riparlarne e confrontarci di nuovo con la questione.
Houston abbiamo un problema! Anzi, Italia abbiamo un problema. È il problema della formazione e della scuola in generale e dei suicidi di studenti universitari nemmeno troppo rari, anzi statisticamente importanti.
Diciamo che una persona sana, normodotata non pensa a suicidarsi per non essersi laureata in tempo e non avere un lavoro e una famiglia a 29 anni. Piuttosto nella vita si fanno altre cose, si fa il lavapiatti o il porta pizze, ci si fidanza senza necessariamente doversi sposare, ma non ci si toglie la vita. Tuttavia, può essere che non ci si veda in queste situazioni da proletari nel campo lavorativo e da (secondo alcuni) “non realizzati” nel campo sociale. Questo, se è il caso, la dice lunga sulla nostra cultura. Il proletariato fa schifo, si sa. E se cresci in una famiglia che ti pone degli obiettivi quando invece dovrebbe semplicemente lasciarti vivere, stressandoti per realizzarli, allora è chiaro che la tua vita può diventare problematica. Eppure, di solito, le famiglie meno facoltose nemmeno mandano i figli all’Università, figuriamoci se gli fanno chissà quali pressioni per rientrare nei modelli imperanti. Forse parliamo di famiglie dalla piccola borghesia in su, in cui qualcosa a un certo punto non funziona, il gioco si rompe. Oppure, in alcuni casi nemmeno si studia, si sta semplicemente a casa come i tanti NEET. Insomma c’è in giro una narrazione per cui da una parte ci sono innumerevoli giovani nullafacenti e dall’altra le vittime del sistema (anche i primi lo sono, in un certo senso) competitivo e disvaloriale nel quale viviamo. È tuttavia probabile che questi ultimi ci credano veramente in questo sistema culturale fatto di valori che definire tossici sarebbe un complimento. Il punto è, infatti, quanto uno ci crede in queste cose, non se siano vere o meno.
Io credo che, sullo sfondo, ci sia un grosso problema valoriale e culturale, forse soprattutto in Italia dove una radice cattolica si fonde con un temperamento rinunciatario (in generale) dovuto alla nostra storia di lungo periodo. Ma il punto è che, nella giovane età in cui le aspettative (endogene ed esogene) sono molte, irragionevoli e spesso irrealizzabili, caricare di troppi significati la propria piccola vita è quantomeno stupido oltre che pericoloso. Dobbiamo ritornare coi piedi per terra e dirci chiaramente che il nostro peso all’interno della specie è scarsissimo e di conseguenza le aspettative non possono essere cosi sovradimensionate. Il che non significa affatto lasciarsi andare, ma conoscere se stessi e avere una realistica considerazione dei propri limiti umani.