Fu, indubbiamente, degno di attenzione l’articolo pubblicato da Naomi Klein su The Nation, ma anche su The Guardian, nel quale si sottolineava la necessità di un’azione di boicottaggio ai danni di Israele e, per fare ciò, si sollecitava la formazione di un movimento simile a quello che si formò per promuovere l’abbattimento del regime di apartheid vigente in Sudafrica. Nutro una scarsa simpatia per la Klein e le sue teorizzazioni politiche (se così le possiamo definire), ma credo che il boicottaggio economico sia una forma importante di lotta politica anche se pur sempre espediente tattico all’interno di una prospettiva politica di liberazione di più ampio respiro. Che oggi manca.
Peraltro, una campagna di questo tipo, non sarebbe stata altro che una risposta al boicottaggio di Israele verso i Palestinesi di Gaza e non solo a loro. Sarebbe stata anche una risposta alla distorsione infame della verità, operata dai nostri media rispetto a ciò che succede a Gaza oggi, e a quello che dal ’48 concerne la questione palestinese in generale.
Rispetto a queste proposte, ciò che preoccupa è la condizione in cui versano la società italiana e l’Occidente più in generale, addormentati da decenni di consumismo e dal mito del falso benessere, ed incapaci di promuovere azioni di massa di un qualche rilievo (il movimento dei movimenti, dov’è finito?), come un boicottaggio serio potrebbe diventare. E poi, laddove la Klein parlava di disinvestire, si rivolge direttamente alle grandi imprese che operano in Israele. Potrebbe anche essere che qualche azienda disinvesta non per antipatia verso Israele (si sa che i denari non hanno odore né sentimenti), ma per necessità razionalizzatrice, allo stesso modo in cui altre aziende potrebbero decidere, invece, di investirvi proprio perché attirate dalle privilegiate condizioni offerte dal governo locale. Allora temevo di fare la figura del disfattista, ma a distanza di qualche anno, in tutta sincerità, l’azione promossa allora dalla Klein, allineata allo spirito di far parlare di sé, risultata essere poco più che uno scoop mediatico di cui il nostro mondo è già strapieno.
Peraltro, oggi, nel suo sito non appare alcuna presa di posizione critica verso ciò che sta succedendo a Gaza. E nemmeno sui palestinesi e nemmeno su Israele….. Si sa, l’autrice sta lavorando ad un nuovo libro.
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