Via: Richard Seymour.
In ogni economia reale e vivente ogni attore è sempre un imprenditore – Ludwig von Mises
Ludwig von Mises, uno dei padri del libertarianismo, iper-individualista, innamorato delle doti magnifiche e progressive del capitalismo e dell’iniziativa privata. Quando lo leggo mi sembra di rileggere Ayn Rand, altra fanatica paladina dell’economia di mercato…..
Una serie televisiva si aggira per il Regno Unito, Benefits Street S01E01, e non sappiamo se ce ne siano già altre in uscita da qualche parte in Europa, magari pure in Italia. Ciò va detto poiché la trasmissione ha tutte le caratteristiche del format di successo. La domanda, inoltre, non è per nulla balzana perché con i tempi che corrono e il futuro prevedibile nel nostro continente, l’uscita di programmi del genere potrebbe dare un’ulteriore mano a chi gestisce la macchina del potere in modo da far passare i problemi sociali derivanti dal fallimento del capitalismo per una individualissima scelta di vita, una sorta di life-style personale.
In effetti la citazione di Von Mises ci riporta ad un quesito fondamentale: cosa succede quando gli imprenditori falliscono? Cosa succede, quando, per una ragione o per l’altra, falliscono regolarmente nell’impegnare il proprio capitale in modo da sviluppare un’affidabile reddito mensile? La prima cosa che fanno è ritirarsi dal mercato e dipendere dagli assegni sociali. All’inizio della prima puntata, una residente ci accompagna lungo il quartiere e ci indica, di porta in porta, le professioni dei residenti: disoccupato, disoccupato, disoccupato…. Tutta la strada è una discarica sociale a formare il locale esercito industriale di riserva, tanto per usare un termine appropriato. Tuttavia, il programma non è titolato la strada della disoccupazione che farebbe risuonare nelle nostre orecchie, appunto, una questione sociale. No, è chiamato la strada dei benefici, anche se potremmo tradurla, con maggior esattezza, come la strada dei beneficiari, i percettori di assegni sociali. Chiamarla la strada dei benefici permette di capire la cosa come uno stile di vita, un’etica.
Il nome e i contenuti della trasmissione, comunque, suonano in parte melanconici e vengono paragonati al passato del quartiere che, era abitato da un’operosa e rispettabile classe operaia, amante della più scrupolosa pulizia, in opposizione al sottoproletariato colà dominante oggi. Il programma è una fiera della miseria odierna, su e giù per strade sporche, invase dalla spazzatura, con gente spesso ubriaca lungo la strada che percorre il quartiere, con appartamenti dismessi in affitto a gente senza reddito, al cui primo sguardo sembrano tutto meno che case….normali…. Anche qui suppellettili sparse un pò ovunque, vestiti buttati qua e là, mobilio quasi inesistente. Insomma, le solite cartoline in stile capitalismo degli albori che abbiamo iniziato a conoscere con Dickens.
In tutto questo impera una distorta e cinica curiosità antropologica della gente normale, perbene, guidata in questo tour dall’ideologia dominante che si fa beffe, sempre e comunque, del rispetto e del senso di umanità più elementari mentre, al tempo stesso, pensa di esportarlo con le bombe in Iraq o in Afghanistan. Figuriamoci! La brava gente, quella che paga le tasse, ha il diritto di informarsi su come vengono spesi i propri soldi…. Il programma ci informa, con una certa enfasi, del fatto che il quartiere è multirazziale ed in particolare che c’è una grande porzione di immigrazione recente. Non solo; si sottolineano le rivalità tra i locali e i nuovi venuti. Non conta da che parte vuoi stare tu, ma sono le connotazioni a fare la differenza. Già inserendo l’immigrazione nella mappatura del quartiere, con il suo tessuto sociale in declino, ne traccia le caratteristiche di un luogo per perdenti nati.
Il collegamento immigrazione=miseria è già mezzo stabilito e, nelle teste della gente, il risentimento può riscaldare a fuoco lento. Ricordiamo poi che Cameron ha recentemente promesso di ritirare gli assegni sociali a coloro che non parlano bene l’inglese, immettendo l’argomento, dunque, nella stessa corrente di risentimento sociale. Il programma non è realtà anche se viene rubricato sotto l’etichetta reality. E’ un programma truffaldino, ovviamente, anche se le persone sono vere, i dialoghi e i vestiti da poveracci incapaci di mentire ad alcuno. Ma rimane puro intrattenimento mascherato da documentario. E ciò che non si può veramente nascondere consiste nel fatto che i protagonisti del reality sono veramente poveri, affetti da depressione, dediti alle droghe, invasi dal sudiciume e da una vita stressante di per sè, anche se condotta quasi sempre da seduti sul divano di casa.
Tutta l’insana retorica del potere che dipinge i percettori di benefits come dei privilegiati baciati dalla fortuna, dei mantenuti d’oro dal sistema, cioé da chi lavora (o lavorerebbe….) svanisce in un attimo appena si guarda il programma. Chi vorrebbe condurre una vita così miseranda? Due amici che vivono nel quartiere, dove la gran parte degli abitanti non solo vive di assegni sociali, ma si arrangia con espedienti vari a tirare a campa’, se ne vanno verso il centro, comprano un pò di giornali e li rivendono sperando nell’elemosina di qualcuno per tirare su due soldi. Uno dei due, peraltro appena uscito di galera, viene intercettato dalla polizia e rispedito dentro. L’accattonaggio non va bene.
Ora, da un punto di vista politico si sprecano, da parte della destra reazionaria britannica, un pò di cartucce fumogene sui contenuti del reality. Lo slogan è: aiutiamoli ad aiutarsi. Non solo, il taglio dei benefits, in corso anche nel Regno Unito, viene usato da alcuni politici spregiudicati addirittura come rivendicazione di abolizionismo, in una sorta di filosofia della liberazione dagli aiuti statali.
Torniamo, in conclusione, all’ affermazione all’inizio del post e riguardante gli imprenditori che si ritirano dal mercato e vivono di assegni sociali. Dunque, il neoliberismo, diversamente dal liberismo classico ed ormai superato, non utilizza meccanismi di autoregolazione economica bensi di tipo educativo: ti insegna come auto-governarti. Sotto questo profilo, possiamo affermare che è molto più efficace: colonizza le persone. Sappiamo benissimo come i cultori del neoliberismo, nonostante il suo clamoroso fallimento, affermino la perfezione del sistema, la sua efficienza e il suo ordine spontaneo, che scende nel profondo delle nostre menti ed anime dandoci quello che vogliamo, come retoricamente e paternalisticamente si afferma faccia il mondo del business (telefonini, moda, elettronica di consumo….). Passiamo, allora, quasi per incanto al piano dell’insegnamento. Perché, per dare risposta adeguata alla domanda che cosa succede quando gli imprenditori….. dobbiamo tener presente che è attraverso lo sviluppo di piani d’azione, facendo delle scelte, allocando risorse che gli imprenditori (cioé ognuno di noi) imparano a comportarsi razionalmente. Perché il mercato punisce l’irrazionalità. Il mercato è una scuola di auto-governo ed è solo immergendo costantemente i suoi attori in situazioni di mercato, il più ampiamente possibile, che questi diverranno efficienti a governare se stessi. In questo senso, il mercato costruisce i suoi propri soggetti.
Riassumendo, se togliamo dal mercato la gente, essi perdono contatto col processo educativo. Perdono il senso dell’imprenditorialità, l’annusare un’opportunità, il mettere le proprie risorse, informazioni, le proprie esperienze al lavoro, in modo da afferrare il premio prima che lo faccia qualcun’ altro. Perdono le capacità mentali, fisiche, le esperienze e le attitudini all’impresa. Si chiama dipendenza da welfare ed è sotto questo profilo che la destra economica costruisce il concetto di schiavitù da cui dipenderebbe una persona che percepisce assegni sociali. La cura per questa schiavitù sarebbe quella di convincere le persone a lavorare gratis (…un modello Electrolux in progress?). Questo non è semplicemente riguardante il risparmio di soldi o il libero mercato. Il mercato può essere il rimedio migliore, ma i neoliberisti sanno che uno Stato forte è necessario per garantire il dominio del mercato. Anche il controllo poliziesco dei quartieri sottoproletari è parte integrante del processo di costruzione del soggetto. O, in altre parole, della produzione di anime.
Il passo successivo di una serie televisiva come Benefits Street sarà quello di mandare nel quartiere degli esperti finanziari, degli abili truccatori o dei chirurghi plastici per trasformare gli sfigati del quartiere sottoproletario in attraenti imprenditori? A quando un simile reality anche in Italia?
Be the first to comment on "Benefits Street, un format sulla miseria neoliberista. Senza nominarla."