[ 12 gennaio 2007 ]
Ho scelto di riproporre questo breve testo dello scrittore Boris Pahor, da lui inviatomi personalmente, per far conoscere un punto di vista rappresentativo, sul fenomeno della globalizzazione. Devo dire che non mi trovo d’accordo su quasi niente di ciò che sostiene lo scrittore, cosa di cui abbiamo già parlato di persona. Al contrario del professore credo che i popoli abbiano già perso le loro identità, credo che le minoranze vengano osteggiate in tutti i modi, credo che lo Stato-nazione sia già morto (dipendiamo dall’Europa!), credo non sia possibile fermare l’immigrazione con pii programmi di sviluppo nei paesi d’origine. Dopotutto le politiche sviluppiste non hanno portato a nulla se non al rafforzamento di chi da i soldi. Buona lettura.
“Credo che la globalizzazione sia simile ai diversi internazionalismi politici che non sono riusciti perché i popoli si rifiutano di perdere la loro identità. Tanto meno, quindi, possono accettare un internazionalismo che ha per base il capitale, cioè la potenza economica. Credo, perciò, che i popoli terranno conto degli sviluppi tecnici, elettronici ecc., ma se ne serviranno per potenziare ciascuno la propria differenza”.
“Per dimostrare che non si tratta di un pio desiderio, basti considerare come nei paesi europei si sono valorizzate le cosiddette “minoranze”, per esempio i Catalani, i Baschi, gli Sloveni, i Valloni, i Fiamminghi, ecc”.
“In questo senso l’Etat-Nation è ancora duro a morire, in Francia – per esempio – ma l’”Unione Europea” prima o dopo deve arrivarci, giacché una Europa come potenza economica soltanto non può offrire significati nuovi alle popolazioni che anelano al cambio di rotta”.
“Un’Europa futura, come me l’immagino io, dovrebbe pensare a risolvere il problema dell’emigrazione e dell’immigrazione in modo che ciò vada al di là della integrazione dei nuovi venuti. Questo, cercando di organizzare economicamente i paesi d’origine degli immigrati. Aiutando lo sviluppo sul posto si arginerebbero le partenze in cerca di una vita più vivibile; la gente resterebbe unita alla comunità natia, mentre vivendo in un paese come immigrato, uno o si integra e perde la sua identità o la mantiene e vive da sradicato”.
“Certo che l’Europa da sola non potrà risolvere il problema ma potrebbe essere l’iniziatrice per la creazione di un fondo internazionale specifico, non di sostentamento dei governi africani, ma di impianto – insieme ai governi – di industrie locali. Opera non facile, soprattutto per l’esigenza di un controllo, ma è una delle proposte che, se attuata, potrebbe modificare il flusso dal Sud verso il Nord.”.
“Certo, l’Europa come potenza politica e morale deve ancora costituirsi perché finora, eccettuato il rifiuto franco-tedesco alla politica catastrofica di Bush, non si è imposta come fattore unitario. Come non era presente durante la tragedia bosniaca così non si occupa del Medio-Oriente, del problema Curdo in Turchia che dovrebbe far parte dell’Unione Europea, ecc.”
“Quindi, come si vede, la mia disposizione di fronte alla globalizzazione è tutta centrata sulla coscienza, sulla dignità, sul senso di responsabilità europea”.
Boris Pahor
Be the first to comment on "Boris Pahor sulla Globalizzazione."