I cinesi, la cui letteratura d’arte è fra le più prolifiche al mondo, hanno parlato pochissimo della loro architettura nazionale. Non conosciamo alcun architetto per nome; la costruzione di edifici era lasciata ad oscuri artigiani. Questo fatto ha accentuato il tradizionalismo della concezione e dei procedimenti. Ed è la ragione della profonda continutà tematica e dell’uniformità del materiale che distinguono l’architettura cinese da quella occidentale. L’architettura è ciò che meglio rappresenta il tradizionalismo e la resistenza al cambiamento tipici della Cina.
Una caratteristica architettonica cinese è la monotonia. La cinta muraria è presente in tutti i tipi architettonici cinesi. Anche in Occidente fu familiare il principio della città fortificata. Tuttavia, la Cina andò oltre, circondando i locali d’uso domestico di ripari che nascondono completamente alla vista le installazioni interne.
Le città cinesi sono in genere un mosaico di elementi quadrati che tendono ad accrescersi lateralmente piuttosto che in altezza. La volta e la centina furono raramente impiegate salvo nelle costruzioni di ponti e nell’architettura funeraria. Queste forme non furono mai utilizzate come lo furono dai costruttori di cattedrali in Europa. Il cinese non ha elevato costruzioni sempre più alte, nemmeno per l’imperatore. Per ciò che riguarda le pagode, esse hanno più piani, ma sono edifici residenziali. In ciò avrà contribuito la paura dei terremoti. Tuttavia, l’architettura cinese sia nelle case che nei templi, si è sviluppata internamente e, salvo ciò che riguarda le pagode, deve pochissimo alle tradizioni forestiere.
Per almeno duemila anni le città cinesi si svilupparono lungo un asse nord-sud.
Tutti gli edifici principali, incluso il palazzo imperiale, devono essere rivolti a sud. Si tratta di una disposizione simbolica. Il palazzo terrestre occupa una posizione corrispondente a quello della stella polare in cielo. Come gli edifici subordinati si dispongono in rapporto al palazzo le altre stelle si rapportano apparentemente intorno a questa.
Il nord è sede delle forze malvagie e, di sicuro, il rapporto con i mongoli deve aver confermato i cinesi nelle loro convinzioni. I locali residenziali sono, molto spesso, raggruppati al punto nord dell’asse. Quindi, l’immutabilità delle forme genera una certa noia che, tuttavia, all’interno del gruppo residenziale viene rotta dalla presenza di vegetazione, con giardini o parchi imperiali. La penetrazione della campagna all’interno della città è una caratteristica dell’architettura domestica, cinese e giapponese, e il fascino dell’architettura dell’Estremo Oriente è dovuto principalmente a questo imperativo dell’urbanistica.
Le origini della pagoda (bā jiǎo tǎ ), in cui gli elementi indiani affiancano quelli cinesi, sono oscure. La pagoda di legno classica, sovrapposizione di belvedere aperti disposti in serie decrescente, risale ad epoche remote. I bassorilievi funerari e i modelli delle tombe attestano che, dall’epoca Han, strutture di questo tipo in pietra o mattoni si elevavano nei parchi imperiali dove servivano da torri d’osservazione o padiglioni di divertimento. I documenti ci dicono che, ben prima degli Han, si costruivano sullo stesso modello chioschi e padiglioni per convegni di caccia. Se questi edifici antichi in legno sono scomparsi senza lasciar tracce, almeno la famosa pagoda a cinque piani del tempio giapponese di Horyu-ji è sopravvissuta come testimone fedele dello stile cinese del 7° secolo.
Lo stupa di pietra, nato col buddhismo, era il santissimo dei santuari indiani. Era composto da una cupola in muratura posta su di uno zoccolo quadrato che formava un ambulacro. La cupola racchiudente le reliquie del Buddha era sormontata da un esile pilastro irto di rilievi in forma di funghi che figuravano parasoli, simboli onorifici destinati a segnalare il carattere regale di colui i cui resti erano lì raccolti.
Con la diffusione del buddhismo in Asia, i convertiti si piegavano alle prescrizioni canoniche che ingiungevano ai fedeli di edificare degli stupa. Per quanto riguarda i fedeli cinesi, essi utilizzarono a questo scopo la torre di legno indigena. Solo il pilastro e i parasoli, spesso moltiplicati in gran numero, sono un elemento di distinzione tra i monumenti sacri e quelli profani. Tuttavia, l’architettura cinese si ispirò più alle tecniche e ai temi indiani.
La Grande Pagoda dell’Oca (Ta-yen Ta) ne è un mirabile esempio. Costruita per iniziativa di Hsuang-tsang, il più famoso dei pellegrini, doveva proteggere i libri e le statue che aveva riportato dall’india. Fu terminata nel 652 e aveva solo cinque piani. Era fatta di mattoni gialli su modifica dell’imperatore. Furono poi aggiunti due piani superiori per un totale di 63 metri. Questa struttura è molto anteriore all’apparizione del buddhismo in India. Si tratta, quindi, di un’opera dell’epoca Tang la cui fantasia decorativa è limitata, ma le cui proporzioni sono ardite e le linee audaci. Comunemente alla maggior parte degli edifici cinesi, il tetto termina con una lunga tettoia sfasata.
Si tratta di un aspetto tipico della costruzione cinese. Lo splendore del sole da una parte e la violenza delle pioggie dall’altra rendono indispensabili le larghe gronde. Secondo alcuni, le tettoie rivolte all’insù sono tali per non oscurare l’interno degli edifici.
Secondo altri, la curvatura dipende dal fatto che i tetti erano costruiti con il bambù in fusti spaccati e contrapposti, la parte concava alternata con quella convessa a formare delle gronde naturali. Il bambù, essendo un materiale leggero, veniva assicurato con dei pesi, da ciò deriva una guglia caratteristica, adottata in seguito in maniera definitiva.
Secondo alcuni autori cinesi, tuttavia, l’incurvamento è frutto di considerazioni puramente estetiche, ponendolo in relazione all’aspetto curvilineo della calligrafia.
Le costruzioni di legno più antiche che conosciamo dai bassorilievi e dai bronzi, avevano tetti diritti. Risulta certo che le preoccupazioni estetiche siano state un pensiero della più grande importanza per gli architetti.
Il tetto cinese, diversamente dal tetto europeo di struttura triangolare, riposa su di una successione di monaci e arcarecci allineati in ordine decrescente che ripartiscono la spinta e sopportano il peso. Tale sistema permette di dare al tetto qualunque curvatura.
L’unico vantaggio del tetto ricurvo è nel permettere l’impiego di travi corte. Tuttavia, nulla indica che la Cina abbia difettato di travi lunghe almeno fino ad epoche recenti.
In architettura è il gusto estetico ad imporre formule strutturali di difficile realizzazione. Ad esempio le porte perfettamente circolari che sono la forma più consueta fra tante forme strane, illustrano in modo chiaro questa constatazione. Questo tipo complesso, nel quale altri si sono vanamente cimentati, si adatta alla perfezione alla rete di curve e di rette che sono le costruzioni cinesi. La stravaganza di queste “porte della Luna” lascia certamente all’occidentale un’impressione di magica irrealtà, visto che, per quest’ultimo, una porta è essenzialmente un mezzo di passaggio utilitario e non un elemento destinato a rivelare una scoperta.
Le grandi costruzioni di legno sono possibili grazie all’impiego del pilone e del pilastro. Attraverso questi elementi, le pareti, protette dalle intemperie grazie alla sporgenza accentuata degli avantetti, possono esser leggere e montate senza intelaiatura, in particolare in Giappone esse si ridussero spesso a semplici schermi che si possono togliere quando fa caldo. I problemi di sicurezza sono già risolti quando la proprietà è cinta da muri.
Le pesanti travi poste su massicce colonne, caratteristica del tempio cinese, sono incastrate a maschio e femmina. Il tempio cinese è basato su un grande colonnato centrale e piccoli colonnati laterali. Inoltre, da spesse travi trascersali che formano la base di una nuova serie di pilastri e travicelli di misura inferiore , riuniti a piramide per sostenere la volta.
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