Non credo ai provvedimenti calati dall’alto (vedi la cittadinanza) da un ceto politico che ci esautora da ogni decisione e dialettica.
Non riusciamo più ad elaborare, in Europa, dei modelli culturali che non siano quelli di una classe intellettuale senza più punti di riferimento, pagata dal potere economico.
L’integrazione e la globalizzazione vanno a braccetto, infatti. Sono speculari l’una all’altra. E la sinistra in questi decenni non ha fatto altro che assecondare i disegni di una destra economica (non ideologica o politica) che ha ridotto le nostre culture a degli inverecondi supermercati.
Gli intellettuali sono ridotti a degli impiegati prezzolati indistinguibili nel loro ruolo specifico. Sono dei meri funzionari provenienti dalle classi agiate e quindi esprimenti una solidarietà di classe, direzionata.
Il progetto della destra economica passa attraverso l’omologazione di tutti (locali e stranieri) alle esigenze del mercato capitalista. Tuttavia, non possiamo fingere che questo non sia un problema che ci tocca tutti da vicino. Non possiamo fingere di non sapere che gli immigrati sono nostri fratelli e che possiamo chiedere loro qualcosa solo nella misura in cui siamo anche disposti a dare.
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