Il fronte critico verso il nuovo regime raggiunge soltanto l’uditorio che di queste critiche non ha bisogno. Il regime (essendo esso generalmente una forma di governo) di populismo mediatico, con la collaborazione di vari apparati di potere come a esempio quello mediatico, è instaurato giorno per giorno ed è fondato sull’identificazione del Partito, del Paese e dello Stato con una serie di interessi aziendali, non dichiarati, mettendo in opera una occupazione graduale dei media più importanti, cercando di mettere mano con cordate o altre operazioni finanziarie sulle testate ancora indipendenti e creando con mezzi adeguati forme di consenso fondate sull’appello populistico.
Berlusconi non si muoveva come uno statista e neppure come un politico tradizionale, ma secondo tecniche che si presentano adeguate ai principi di un regime democratico. Lo stesso fanno coloro che sono al governo oggi, peraltro in parte già presenti al tempo del signore sopracitato.
Come sintesi di tutto ciò, costoro hanno superato la fase del conflitto d’interessi per realizzare ogni giorno di più l’assoluta convergenza di interessi, facendo accettare al Paese l’idea che i loro personali interessi coincidano con quelli della comunità nazionale.
Perché ho finora parlato al presente? Perché il regime continua, ha soltanto assunto forme diverse, meno invasive, apparentemente più blande e responsabili. Addirittura dagli italiani piaciute. Tuttavia, sempre di populismo mediatico si parla, allorquando si bombarda l’italiano con i messaggi sulla necessità dell’austerità, della necessità di armare Zelensky o di blindare i confini (per finta) da una parte e attraverso una assoluta preponderanza della cronaca sulla informazione dall’altra.
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