Gli italiani e l’immigrazione. Un rapporto difficile, un rapporto sconnesso. Leggendo questo post sul blog di Paolo, all’affermazione formulata nell’articolo apparso su L’espresso “Gli italiani non sono razzisti, ma abbandonati” (qui l’articolo), mi sono sentito di rispondere nel modo che segue qui sotto. Un modo che mi sembra adeguato per iniziare a leggere tutte le lamentazioni dei nostri connazionali intorno a fenomeni che, indirettamente, hanno contribuito a creare. Questo il mio commento:
Sostenere che “Gli italiani non sono razzisti, ma abbandonati” denota un problema da affrontare con la psicoterapia. Di solito sono i bambini a sentirsi abbandonati dai padri o dai genitori ed è sintomatico che gli italiani siano pienamente dentro questo processo di infantilizzazione.
Il problema è che, della cultura degli italiani e delle loro teste si è fatta carne di porco, come si suol dire, passivizzandoli, sostituendo l’intelligenza con il consumismo, e l’invettiva, vera subcultura fascistoide in quanto incastonata di slogans.
Poi, quando parli di statistiche e fatti reali, il silenzio s’impone, vista l’ignoranza dominante, appunto. Tuttavia, la questione non si limita alla constatazione di quanto male sia stato fatto subire alla cultura del nostro paese. La questione che si impone è anche un altra, questa volta, con un risvolto assolutamente positivo per la nostra classe dominante o dirigente che dir si voglia. Il lavoro di distruzione ed imbolsimento ai danni della classe subalterna è stato eseguito alla perfezione, tanto è vero che la resistenza alla crisi è ancora di là da venire. In questa operazione tutti gli schieramenti politici hanno fatto del loro. Dal centrosinistra al centrodestra, passando per il bertinottismo del cacchio, tutti ci hanno messo quel particolare zelo che contraddistingue le operazioni politiche decise a tavolino. Complimenti, ce l’avete fatta. E ora?
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