Convivio-Dante-VII°.

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Dante evidenzia un paradosso quando scrive dei limiti della retorica (parlare solo degli altri, di sé stessi, come e perché…). Dante dice che non è retoricamente corretto parlare di qualcun altro senza biasimare o lodare, ma non si può nemmeno parlare di sé stessi. Il suo paradosso è quando parla di sé stesso. Dante esce dal paradosso dicendo che parlerà di sé stesso senza lodarsi o biasimarsi, ma ne parlerà per difesa o ammaestramento. Tuttavia, parlando di sé stesso pecca di superbia, ma tutti peccano di superbia, quindi, è anch’egli uguale agli altri, è alla loro altezza.

Perché conclude il Convivio al 4° trattato quando poi stava mettendo le mani in pasta? Il Convivio lo scrisse sicuramente per difendere sé stesso, visto che è un’opera apologetica e non vuole offendere coloro che lo stanno ospitando.

Scopo del Convivio è anche quello di diffondere la conoscenza, ma allora perché si ferma? Forse perché parlando di nobiltà sarebbe stato seguito da pochi? Perché prima vuole diffondere la conoscenza attraverso un saggio e poi attraverso la Commedia? C’è un cambiamento metodologico?

La poesia è musicale, ha un ritmo, è più leggibile, la prosa è la forma della scienza, non ha suono, non ha ritmo. Anche questa è una cosa da valutare nel rispondere alla nostra domanda. La Commedia veicola risposte a domande che l’uomo si è sempre posto. Il messaggio di Dante è universale e va oltre il sistema dei valori rappresentato da Dante stesso. Ciò che noi apprezziamo oggi è la costruzione estetica operata da Dante. Il patrimonio delle immagini dantesche è ciò che ci viene tramandato.

Comunque, la Commedia era ben più fruibile, nel quotidiano, del Convivio. Il primo commentatore di Dante è Boccaccio e poi i figli di Boccaccio. Prima del Decameron egli scrive la Genealogia degli dei. Boccaccio ha lo stesso stimolo di Dante e sceglie una forma adeguata per affrontare il mondo in cui viveva. Scrive il Decameron in risposta a una crisi sanitaria, la peste nella Firenze del tempo.

Sul 2° capitolo del Convivio. Citare Boezio e sant’Agostino è un artificio retorico, non ci è d’aiuto. È una citazione generica.

Qualcuno dice invece che, se Dante li cita, non lo fa a caso. All’epoca erano importanti, oggi li conosciamo meno.

Perciò Dante li può semplicemente citare poiché sono conosciuti.

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About the Author

Sergio Mauri
Blogger, autore. Perito in Sistemi Informativi Aziendali, musicista e compositore, Laurea in Discipline storiche e filosofiche. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d'Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014, con PGreco nel 2015 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.