Convivio, IV, verso 101: c’è (vi è) gentilezza dovunque ci sia virtù, ma non il contrario. Così come si può considerare che ci sia cielo dove c’è una stella, ma non il contrario. Noi, nella donna giovane vediamo questa salute. La condizione in cui ci può essere la virtù (“in quanto vergognose son tenute”) non è detto che coincida con quella della nascita. Nel IV Trattato Dante dice anche che la filosofia ha dato manforte a una concezione errata della nobiltà.
Verso 109-111: il genere di virtù che io misi per primo.
112-115: nessuno si vanti di essere con la nobiltà dalla nascita, perché quelli sono degli dèi o si considerano tali. Costoro all’inverso sono fuori dalla virtù, perché nella virtù è inclusa l’umiltà.
116-118: solo Dio dona la virtù all’anima quando la vede stare perfettamente con la persona che la deve ospitare.
118-120: sicché quante persone si accostano al seme della felicità della virtù, a cui Dio la dà, una persona deve anche dirigersi verso Iddio.
121-140: l’anima che si veste di questa nobiltà d’animo, non la tiene nascosta; la bontate qui è la virtù. Siamo passati dalla virtude alla bontate alla bieltate. Gli stadi dell’anima per avvicinarsi a Dio. Ubbidiente, soave (non recalcitrante agli insegnamenti), vergognosa (si vergogna del grande dono ricevuto da Dio): è una gradazione della comprensione della virtù. Bieltate: la persona si avvicina alla perfezione, in cui tutte le parti sono predisposte al fine ultimo. Nella giovinezza l’anima sarà sicura di sé stessa e forte.
130: piena d’amore (di Dio); e di cortese lode (esaltata dalla lode dei poeti…cortese lode).
131: “lealtà”…seguire con coerenza, lealtà, ciò per cui si è stati creati.
132: “senetta”…vecchiaia, in cui ci si completa. Deriva da senes, senectute. È usata al grado di vezzeggiativo. È un completamento. Nel senso (anche) che mi avvicino alla vera vita che è quella dopo la morte. (Noi da tre secoli combattiamo la morte, cerchiamo di allontanarla). La maturità, la perfezione, che va oltre sé stessa. E gode in sé medesima di sentire e dei ragionamenti degli altri e delle loro prode (prodezze, a vantaggio di qualcun altro).
136-140: nella quarta parte della vita, la morte, la vita si rimarita, torna a Dio. Contemplando la morte e benedicendo il tempo passato. Rimarita perché ritorna a Dio. Si benedice (si dice bene) dei tempi passati. E poi dice Dante: “Vedete omai quanti son l’ingannati”. Vedete le persone che pensano di avere la virtù da Dio, si sono ingannati.
Dante parte dall’assunto che la nobiltà d’animo, virtù dell’anima, non può derivare dalla ricchezza e dalla stirpe. Quali sono i sintomi di questa virtù? Li esplicita col suo lessico dove trova nuove parole per definirle: bontate, bieltate.