Negli Stati Uniti è in corso una piccola polemica, di quelle cicliche, sull’utilità o meno dei corsi di scrittura e, soprattutto, su chi ci guadagna di più, i docenti (fondamentalmente pagati dalle Università) o gli allievi aspiranti scrittori (che ci rimettono di tasca propria). La discussione, quindi, è inerente l’oltreoceano, così tralascio facilmente di parlare dei fatti di casa nostra, con tutta la conseguente sequela di insulti, minacce ed improperi che un eventuale mio non perfetto allineamento comporterebbe.
Parto dalla constatazione che l’arte non si può insegnare. Il talento non lo puoi apprendere da nessuno, o ce l’hai o non ti appartiene. Ciò che può essere insegnata è una certa tecnica, una certa organizzazione nello scrivere…insomma, si può apprendere un metodo, veicolo della buona stesura di ciò che si vuole esprimere. Dopodiché, è indubbio che, come in ogni ambiente od ogni situazione lavorativa, i denari contino eccome e degli speculatori in tal senso ci possono essere…e sto parlando di chi magari non pubblica, ma insegna comunque scrittura creativa. Il corso di scrittura creativa comunque, a mio modesto avviso, può servire per le ragioni sopraesposte. Diventa una sorta di suicidio creativo, però, nel momento in cui si decide di farne ogni anno sistematicamente uno o più d’uno, quasi come una scelta di vita in “sostituzione di”, scambiando i corsi con la vera realizzazione di un percorso da scrittore.
Un consiglio che io, che scrittore non sono e molto probabilmente mai lo diventerò (anche se sono stato pubblicato), darei a tutti coloro che intendono diventare scrittori è quello di leggere ed analizzare non solo i nostri scrittori, ma di aprirsi ad esperienze letterarie che vadano ben al di là dei nostri confini, senza limitazioni. Questo per non ridursi ad una facile indulgenza al provincialismo, così tanto cara al nostro stile di vita nazionale. Aprirsi a scrittori (io preferisco e consiglio quelli anglofoni) distanti anni luce da noi, in modo da confrontarsi col loro atteggiamento culturale, la loro etica, i loro costumi e modi di affrontare sia la quotidianità che questioni più ampie. Alla base di questo, comunque, andrebbe anche consigliata l’acquisizione di una lingua straniera, per gradi, ma in modo da poter entrare meglio in un mondo che, per quanto differente, allorché conosciuto non può che interrogarci su come e chi siamo noi, snodo di qualsiasi rapporto fra diversità. La cosa, forse più utile in assoluto. Una cosa da aggiungere ai corsi di scrittura creativa?
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