L’arcano del dichiarato “non sfruttamento” del banchiere dei poveri deve essere confrontato con l’incremento vertiginoso del suo capitale monetario e delle sue filiali mondiali.
Bisogna dunque dire che: 1-il miglioramento obiettivo (dovuto al microcredito) di alcune situazioni singole o di piccoli gruppi con investimento lavorativo non incide di fatto sulle cause strutturali della povertà che si riproduce continuamente e 2-l’utilità della micro-finanza è del capitale che riesce così a razionalizzare in maniera capillare la sua accumulazione di plusvalore.
Se facciamo un esempio specifico, citato dallo stesso Yunus e di cui egli va fiero, quello della predisposizione della itticoltura in Bangladesh nel 1986, si tratta di un investimento profittevole: l’eliminazione degli sprechi, il reinvestimento produttivo, hanno permesso l’estensione del mercato capitalistico (sconosciuto fino a qualche decennio fa) funzionale ad una addizionale accumulazione di un plusvalore altrimenti irrecuperabile. Lo stesso Yunus dichiarò che l’obiettivo era stato quello di sviluppare un’economia di mercato vincente. Quindi, anche il micro-credito è costretto a migliorare condizioni di vita sociale nella misura in cui il suo unico fine è l’appropriazione di plusvalore fin dove possibile e non il contrario.
Conclusa l’opzione socialista o comunista per non parlare di quella del “regno dei cieli”, molti (in ordine numerico decrescente) a sinistra, nel mondo dell’impegno sociale cattolico, hanno voluto vedere in queste esperienze (storicamente già viste) degli avvicinamenti ad un ideale sociale ormai non più raggiungibile, accontentandosi – ma senza mai ammetterlo – di un “capitalismo dal volto umano”…finché dura. Nessun problema a credere in un siffatto capitalismo, basta dirlo chiaramente.
Una verifica di quanto sostenuto sopra, si ha nelle motivazioni che sconsigliano l’erogazione dei crediti: se questi non impegnano direttamente i beneficiari in attività lavorative ma servono a combattere il degrado sociale o ambientale.
Un esempio emblematico: Etiopia, 75 milioni di abitanti, 50% della popolazione sotto la soglia della povertà. La Yessica Saving and Credit Cooperative avviò nel 1997 una serie di corsi formazione con assistenza economica e logistica per ragazzi con l’obiettivo di poter rendere autonomi e autosufficienti i beneficiari una volta usciti dal programma. Nonostante il fine di questa cooperativa non è risultato essere il credito l’obiettivo della stessa. Come da link, la valorizzazione degli individui, la loro socializzazione, la mancanza di competenze dei componenti, la predefinizione di regole statutarie, l’uso dei prestiti per il consumo, la mancanza di cultura del credito e quindi l’incapacità di restituire lo stesso entro tempi pattuiti, hanno determinato il fallimento del programma con decisione di non effettuare più prestiti.
Serge Latouche, filosofo della decrescita, nel libro “Economia senza giustizia” (2003) mostra l’involuzione civile e sociale delle società opulente. Egli afferma che l’economia di “Comunione – finanze etiche, commercio equo e solidale – sono progetti di mistificazione per anime belle, funzionali alla rassicurazione delle coscienze, ma nei fatti interni ai meccanismi di mercato “oggettivamente disumani” con finalità esclusivamente volte alla realizzazione di profitti anche se soggettivamente agiti con intenzioni solidaristiche. Queste intenzioni contribuiscono – comunque – a trasporre su piani morali quanto attiene alle necessità materiali di leggi economiche immodificabili con la sola buona volontà.
L’economista Robert Pollin conclude che in Bangladesh e in Bolivia (paesi ad alto tasso di successo del micro-credito) la povertà resta ai primi livelli del pianeta.
Il Nobel assegnato a Yunus (1,4 milioni di $) dovrebbe essere il premio alla sua lotta al neoliberismo. Ma da quando il FMI e la Banca Mondiale hanno reso il micro-credito un vero e proprio impero, alcuni l’hanno definito macro-racket. L’indebitamento ha raggiunto livelli molto alti e le sanzioni per le inadempienze sono diventate dure. I cittadini indebitati vengono lasciati soli dai governi e spesso tornano a rivolgersi agli usurai per ripagare i debiti contratti con le banche. Purtroppo la nuova industria del microcredito nata dal bisogno sociale di questo si nutre agli ordini di un profitto privato generatore di nuovo impoverimento sociale.
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