Dal postumano all’animale di Fabio Polidori, docente all’Università di Trieste, è un’opera che si colloca all’incrocio tra filosofia, etica e questioni contemporanee legate alla tecnologia e all’identità umana. Pubblicato da Mimesis nella collana Etica & Politica, il libro affronta tematiche complesse, interrogandosi sul significato dell’umano in un’epoca in cui i confini tra uomo e macchina, naturale e artificiale, sembrano sfumare. Vediamo quali sono le tematiche principali.
Postumanesimo e Animalità.
Polidori esplora le nozioni di “postumano” e “animale” come due polarità che pongono interrogativi sulla condizione umana. L’autore analizza come la crescente interazione con la tecnologia possa influenzare la nostra percezione di ciò che significa essere umani, suggerendo che il nostro rapporto con gli animali e la natura è fondamentale per comprendere questa evoluzione.
Critica della Tecnocrazia.
Il libro offre una critica incisiva alla tecnocrazia moderna, mettendo in luce le implicazioni etiche delle nuove tecnologie. Polidori invita a riflettere su come queste innovazioni possano alterare non solo il nostro modo di vivere, ma anche il nostro modo di pensare e di relazionarci con gli altri esseri viventi.
Stile e Struttura.
La scrittura di Polidori è caratterizzata da un linguaggio accessibile ma denso di significato, capace di coinvolgere sia lettori esperti che neofiti. La struttura del libro è ben organizzata, con capitoli che si susseguono in modo logico, facilitando la comprensione delle argomentazioni proposte.
Ricezione Critica.
Le recensioni del libro variano, con una valutazione media di circa 3/5. Alcuni lettori apprezzano l’approccio provocatorio dell’autore, mentre altri ritengono che le sue argomentazioni possano risultare complesse o poco chiare in alcuni passaggi.
Tuttavia, è indubbio che “Dal postumano all’animale” stimoli una riflessione profonda su temi attuali e rilevanti. In sintesi, l’opera di Fabio Polidori si propone come un contributo significativo al dibattito contemporaneo su umanità, tecnologia e natura. È un libro consigliato a chiunque desideri esplorare le sfide etiche del nostro tempo attraverso una lente filosofica innovativa.
Approfondimenti.
Partiamo innanzitutto da un concetto di umano. Polidori dialoga con Derrida, Sloterdijk, Vattimo per giungere a quella concezione. L’ipotesi è quella del percorso emancipatorio tra postumano e animale. La dimensione dell’umano non è ancora sufficientemente analizzata.
Per Polidori tale concetto può esser visto solo come trasformazione: l’uomo, l’umanità non è rigido/a. Nietzsche: l’uomo è un animale non ancora stabilizzato. L’umano è indeterminato, tale è la determinazione.
Abbiamo un limite del linguaggio e della conoscenza.
Nietzsche, Anticristo, Aforisma 14: si colloca l’uomo tra gli animali e viene meno la finalità, inoltre presa di distanza dall’antropocentrismo.
Per Polidori l’anti- viene come origine dall’umano e denota una volontà di discostarsi da qualcosa, di criticarlo. Post-umano e anti-umano vanno ridimensionati in parallelo alla tecnica. Polidori, nella cornice post-umana legge Sloterdijk dall’allotecnica all’omeotecnica.
La prima tesi polidoriana è verso la demistificazione del progresso (Benjamin sul nostro concetto di progresso). Emergono: il risentimento (verso il proprio corpo, innanzitutto), lo spirito di vendetta (Nietzsche) che poi si sviluppa in Deleuze.
Polidori tocca anche il mito della caverna, in cui ancora risiederemmo e l’annessa questione della paideia. Quindi, Dante con la sua condanna dell’Ulisse (canto 26, Inferno).
Per Polidori non è necessario oltrepassare la soglia antropologica. Il fine diventa l’uomo e per l’uomo (Sloterdijk). Polidori al paragrafo 2 accenna al Crepuscolo degli idoli. Non siamo in grado di deporre le vesti dell’umano.
Sloterdijk: lancio della pietra, prima forma di teoria. L’uomo non discende dalla scimmia o dal segno, ma dalla pietra.
La tecnica rimane tra le condizioni necessarie affinché si possa dare l’umano. Per Polidori lo strumento tecnico potenzia le capacità umane. È difficile distinguere noi dalla tecnica poiché essa retroagisce, producendo effetti su di noi.
Le due sfere, tecnica e umano, non sono così distinte. Per Polidori, il vero rischio insito nella tecnica è il venir meno dell’apertura che costituisce l’esserci. La riduzione della sua indefinizione sul piano della coessenzialità è il vero rischio. Sulla tecnica Aforisma 56, La gaia scienza, tendenza a crearsi i nemici per poterli combattere.
Rischio: la riduzione dell’apertura si ha quando consegniamo il pensiero esclusivamente alle categorie logico-deduttive, con la conseguenza di non poter più pensare criticamente la tecnica. Vi è dunque una responsabilità (etica, ma anche politica) nell’uso della tecnica.