di Sergio Mauri
Dante Alighieri è uno dei punti nodali, uno dei capisaldi della Letteratura italiana. Insieme a Boccaccio e Petrarca è il padre della letteratura e lingua italiane. Non si conosce con certezza la sua data di nascita (si parla del 1264 o 65), al contrario di quella di morte che è il 1321.
Dante è il padre della Letteratura italiana che ambì a scrivere e comporre in latino, cioè la lingua àulica, cioè di eccellenza. Il latino è la lingua della cultura, veicolata dalla Chiesa depositaria della cultura lungo tutto il Medioevo. Si tratta di una cultura filtrata, nell’ottica teologica della Chiesa. I dotti, i sapienti, conoscono la cultura in modo alto, nobile e profondo e scrivono/leggono in latino.
Dante aveva una totale ammirazione, dedizione e pratica nel latino, ma ha scritto la Commedia ed altro in volgare. Affronteremo ora un sonetto di Dante, spiegando prima che cosa significa sonetto. È un componimento accompagnato da uno strumento musicale. Composizioni poetiche accompagnate da strumenti musicali. Il suono delle parole è un fatto culturale perché appartiene alla lingua italiana. Altre lingue hanno curvatore sonore diverse, sonorità diverse, ritmi e modi di accorpare le parole diversi. Uno dei modi in cui la lingua italiana valorizza il proprio ritmo e la propria fonetica è il sonetto.Una composizione che veniva declamata, letta.
Durante il Medioevo la parola andava declamata ad alta voce, rendendo così la parola viva, facendola incarnare. I Greci ritenevano (Platone era contrario alla scrittura) che la parola scritta si cristallizzasse rendendo il pensiero non più necessario, mentre la sapienza si tramandava oralmente, veniva tenuta viva oralmente. I filosofi sono recalcitranti rispetto all’uso della scrittura, il dibattito dell’epoca verteva sulla diversità tra scrittura ed oralità, come oggi ad esempio abbiamo un dibattito sull’uso di Internet.
Al tempo di Dante non c’è una grammatica del volgare, potremmo definire quest’ultima come una lingua invisibile, ma si scrive un pò per tentativi, già da alcuni decenni precedenti il Dante stesso. Dante, perciò, in questo senso fa un miracolo rendendo immortali delle parole, che giungono fino a noi, in grado di esprimere pensieri ed emozioni in profondità. Il sonetto è una tipologia di composizioni a cui Dante guarda.
Il sonetto è composto da due quartine (ogni quartina ha quattro versi) e due terzine. I versi sono endecasillabi. Rime e assonanze, peraltro, aiutano la memorizzazione, quindi parliamo di mnemotecnica. Nel Medioevo la parola, per essere vera, limpida e vissuta deve essere interiorizzata. Tale è la prospettiva dell’uomo medioevale. Una cosa che noi, oggi, consideriamo inutile.
Vediamo il sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare, contenuto nel 26° capitolo della Vita Nova, che l’autore considera come la sua vera vita, la vita che porta il segno dell’apparizione di Beatrice, tipico esempio della loda e della scuola stilnovista. La Vita Nova raccoglie le poesie dell’amore platonico di Dante nei confronti di Beatrice, che è il riferimento poetico dell’autore. Egli declama, esalta e descrive questa donna. Una donna che l’autore deve aver visto per la prima volta nel 1282-83. Attraverso questa giovane donna Dante descrive la bellezza assoluta. Tuttavia della propria bellezza questa donna fa atto di mortificazione, non di superbia. Quando questa donna “d’umiltà vestuta” saluta le persone tutti si intimoriscono. Nel saluto e nel guardare, lo sguardo è lo specchio dell’anima, si compie un atto importante, tuttavia indicibile che le parole non riescono a spiegare completamente. Poiché le parole non riescono a descrivere ciò che l’autore prova, allora Dante crea un metalinguaggio per commentare la poesia con la poesia. Quindi, nell’impossibilità di dire, la poesia commenta sé stessa, dice di sé stessa.
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