Dante Alighieri-Convivio.

Un profilo di Dante Alighieri
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Contestualizzazione.

Dante nasce in una città tra le maggiori per popolazione e ricchezza del mondo occidentale e la più potente dell’Italia centrale. I poteri feudali ne ostacolavano l’autonomia guadagnata con l’attività manifatturiera e mercantile. Borghesi e artigiani avevano istituito un sistema di governo comunale. Borghesi e popolani si dichiarano di parte guelfa, gli aristocratici di parte ghibellina.

La storia di Dante come quella della sua libertà d’uomo in un mondo dove tutto è deciso in senso cristiano dal libero arbitrio e in senso genericamente umano dall’affermazione della propria moralità in mezzo agli impulsi della passione.

Schema ideale: devozione amorosa –> beatitudine –> dipende da colui che la prova.

Dante inizialmente segue l’esempio dell’amico Cavalcanti sulla linea che si interroga sull’amore e il soffrire. Dante entra a far parte della Corporazione dei medici e speziali forse perché costoro avevano in mano la vendita e il prestito dei libri. Obbligo di iscrizione obbligatoria stabilito dagli Ordinamenti di Giustizia.

Tenzone a base di sonetti ingiuriosi, tre per parte, con Forese Donati. Dante rimpiangerà in due terzine del Purgatorio la vita che fece con Forese. A quella vita si riferisce forse anche Cavalcanti in un sonetto dove rinfaccia all’amico di essersi dato a “pensar troppo vilmente”.

Prime due canzoni del Convivio rimandano alla comune poetica della loda espressa nella Vita Nova e nelle Rime. Nella seconda canzone del Convivio “Amor che nella mente mi ragiona” è anteriore al 1300 perché Dante la fa cantare all’inizio del Purgatorio dall’amico Casella morto da tempo.

Rime petrose, Vita Nova.

Rime petrose –> “donna petra” –> “pargoletta”

Riscontro nel rimprovero d’infedeltà fatto da Beatrice a Dante –> Commedia.

Dante esplora un nuovo mondo dell’amore.

Rime petrose à senso passionale dell’amore

Visione tormentosa dell’amore.

Amore –> forza inconciliabile col libero arbitrio.

Le petrose hanno grande importanza per l’arditezza e la densità degli esperimenti tecnici e tematici e per l’amplificazione del mondo poetico di Dante che integra prospettive cosmiche finora assenti.

Nella Vita Nova l’amore è una dimensione psicologica in cui il libero arbitrio viene ad attuare il destino morale e spirituale dell’uomo.

Nelle petrose l’amore è distruttore oltre che catalizzatore di libertà.

Nella triade “Salus, Amor et Virtus” definita nel De Vulgari Eloquentia come materia del sommo stile, la virtù viene a primeggiare sull’amore. In questo notiamo una visione più largamente filosofica del destino umano scaturente da una informazione e meditazione più profonda nell’intero campo della vita morale.

Tra la gran parte della poesia lirica e la lunga creazione della Commedia sembra che s’interponga una fase di perfezionamento filosofico-letterario e di lavoro prosastico, rappresentata dal De Vulgari Eloquentia e dal Convivio.

Il Convivio.

Dante, in età matura, ritiene di non dover più parlare d’amore, sconveniente alla sua età, ma di dover affrontare questioni più serie, virili. fanno da sfondo il fallimento dell’azione militare attraverso la quale egli sperava di tornare a Firenze e allora affida questa speranza all’opera letteraria. Un’opera in grado di mostrare la sua dottrina, la profondità del suo pensiero, la sua capacità di ammaestrare. Quindi le rime filosofico-morali prendono il posto di quelle amorose.

Ricordiamo che deve dare al Convivio uno stile alto e grave per conferirgli dignità e acquistare una maggiore autorità, a causa della diminuita fama di esule, bisognoso e quasi mendicante (Convivio I IV 13).

La nobiltà risiede nella virtù e non nelle ricchezze familiari.

La novità del Convivio consiste nel fatto che è strumento di una scienza che non vuole essere più patrimonio di pochi privilegiati, ma di tutti.

Il Convivio è un’opera di carattere filosofico-didascalica di Dante. È la prima opera scientifica in prosa italiana. Fu composta nei primi anni dell’esilio, dal 1304 al 1307, contemporaneamente al De Vulgari Eloquentia. Dante, per comporre il Convivio, prende probabile spunto dal Tresor di Brunetto Latini che a sua volta l’aveva preso dal poeta Ovidio.

Scopi dell’opera: 1) mostrare la profondità del suo sapere e la sua grandezza morale proprio mentre soffriva l’esilio e la povertà; 2) imbandire un convito filosofico anche per i non letterati. L’opera doveva essere suddivisa in 15 trattati, dei quali uno introduttivo e gli altri di commento ad altrettante canzoni. Ma si interrompe al IV.

Le canzoni sono le “vivande”, il commento in prosa volgare è il “pane”. Quest’ultimo serve a illustrare la “bontà” delle canzoni, cioè la “sentenza vera”. Anche il commento è in volgare (“pane orzato”) la lingua capita da tutti e non in latino (“pane di frumento”) benché si tratti di un’opera filosofica. Le canzoni sono molto belle. Il commento risente di una certa pedanteria e di eccessiva minuzia nelle numerose dissertazioni linguistiche, politiche, filosofiche, astronomiche, morali attraverso le quali Dante dimostra di conoscere profondamente le Sacre Scritture, Aristotele e San Tommaso.

Gli altri riferimenti di Dante sono: Virgilio, Lucano, Orazio, Ovidio. Le letture filosofiche sembrano rappresentare il rimedio al dolore per la perdita di Beatrice. Nel Convivio dice di aver letto il De consolatione  Philosophiae di Boezio e il De Amicitia di Cicerone.

Il Convivio presenta una versione inaspettata dell’episodio della “donna gentile” già riferito nella Vita Nova. Invece di una colpevole tentazione, di un “malvagio desiderio”, la “donna gentile” impersona ormai la “figlia di Dio, regina di tutto, nobilissima e bellissima Filosofia”, sicché Dante dice ora di aver consentito “ad essere suo” illustrando “la vittoria del nuovo pensiero, ch’era virtuosissimo sì come vertù celestiale”! Tanto che la “donna gentile”, non più donna vera, ma effetto allegorico del suo “imaginar” avvenuto, secondo l’interpretazione più attendibile di una frase del Convivio, nell’agosto del 1293, era venuta a suscitare “in picciol tempo, forse di trenta mesi” un amore che “cacciava e distruggeva ogni altro pensiero”.

I motivi di questa ardita trasformazione del racconto della Vita Nova sono tutt’altro che identificabili con certezza, ma ciò non toglie verosimiglianza né alla prima né alla seconda versione dell’episodio. Se è disponibile accettare che la “donna gentile” della Vita Nova vista per la prima volta da Dante “leva[ndo] li occhi […] [a] una finestra” fosse un’astrazione personificata e tanto meno “figlio di Dio” al pari della Sapienza, non c’è ragione di pensare che Dante si sia inventato di sana pianta in “tradimento” scrivendo la Vita Nova. Più naturale è supporre che la tentazione amorosa ci fu e non doveva esser l’ultima, ma che al tempo in cui scrisse il Convivio, come esule desideroso di rifarsi, come risulta dal I libro del trattato, una degna reputazione agli occhi di molti “nel cospetto de’ quali la [sua] persona invil[ì]”, abbia voluto simultaneamente sconfessare una sua debolezza del tempo passato e dar rilievo alla sua appassionata competenza in filosofia, richiesta proprio dal Convivio che doveva essere una specie di somma filosofica in lingua volgare.

Dante iniziò nel 1293 un intenso periodo di studi che lo portò “ne le scuole de li religiosi e a le disputazioni de li filosofanti” e si protrasse almeno fino al 1296. La canzone Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete, da cui parte il II libro del Convivio dove è rimaneggiato l’episodio della “donna gentile” e che sarà ricordato nel Paradiso da Carlo Martello morto nel 1295 dopo essere stato ospite di Firenze nei primi mesi del 1294. È una canzone che rispecchia la situazione elementare di Dante tentato dall’amore per la “donna gentile”. Dal poeta stesso viene giudicata di “ragione […] faticosa e forte” e rivela una strutturazione dialettica drammaticamente animata in cui s’intravede una novità più culturale che tecnica.

Il Convivio viene iniziato prima del De Vulgari. La difesa del volgare è materia, scusa formale, del Proemio del Convivio. È sostenuta con l’esempio in prosa come in versi. Il libro è tutto in volgare in modo da rivolgersi ai molti. L’ampiezza delle notizie filosofiche, scientifiche e letterarie e la loro frequente precisione fanno supporre la facoltà di avere parecchi libri fra le mani. Inoltre, viste le sue condizioni personali di esule si suppone che egli fosse in un centro attivo di studi. Si pensa a Bologna, per la sua Università e la presenza in essa di numerosi fuoriusciti fiorentini. Soprattutto si osserva una conformità quasi perfetta tra il programma letterario dello Studio bolognese e il complesso degli autori eletti come maggiori esponenti della poesia latina sia nel Convivio sia nel De Vulgari.

L’erudizione del Convivio non è fine a sé stessa. Se è preziosa per capire la Commedia, non è per questo che è stata accumulata, ma soprattutto per dare forza a un’autodifesa, quasi a un’apologia di sé. Dalla nascita all’interruzione del Convivio, Dante ha 40 anni.

Dante invece di persistere nell’azione politica diventa studioso quasi enciclopedico. Il Convivio se completato sarebbe stato di circa 2000 pagine. Dante non lo fece per ripiego e tanto meno per sfiducia, ma perché oltre al dovere di non sopportare più un’infamia ingiusta si trovava nella necessità dichiarata all’inizio del libro di farsi riconoscere per quello che valeva nel campo della dottrina e dell’alta poesia. Le prime pagine del Convivio suonano sia come una giustificazione preliminare dell’opera sia come una rivendicazione di assoluta dignità personale.

I Trattato, I Capitolo.

Il cibo come nutrimento del corpo e la scienza come nutrimento dell’anima.

Dante svolge la funzione del mediatore fra la ristretta cerchia di coloro che si possono dedicare alla scienza e la grande massa di persone che vorrebbero farlo, ma non possono a causa delle incombenze del quotidiano. Dante vuole anche sollecitare un interesse. L’uso del volgare è strettamente legato alla necessità dell’allargamento del pubblico. Viene posto il problema della lingua.

Sillogismo: modello di ragionamento aristotelico-scolastico che fa dipendere una conclusione da due premesse fra loro collegate. Proposizione principale: ogni cosa è incline alla sua perfezione naturale. Seconda proposizione: la perfezione naturale dell’anima è la scienza che è pure felicità, si deduce (conclusione) che tutti gli uomini desiderino la scienza.

In Dante la deduzione è posta all’inizio, le ragioni su cui si fonda vengono chiarite dopo.

“dentro a l’uomo e fuori di esso” = cause soggettive o oggettive.

Secondo la filosofia scolastica[1] si deve procedere per successive distinzioni. Quindi Dante divide le cause soggettive in fisiche e morali: menomazioni del corpo, difetti fisici da una parte, vizi dell’anima dall’altra.

La malizia si può intendere come cattiva volontà.

Anche le cause oggettive si dividono in due specie: una che genera degli obblighi, l’altra che genera la pigrizia.

Gli obblighi della cura familiare e civile come impedimento all’ozio speculativo. Nell’ordine sociale medievale solo il chierico[2] poteva dedicarsi alla scienza l’altro “obbligo” è quello della mancanza di strumenti di studio e di studiosi che possono avviare l’uomo alla scienza. Dante precisa che difetti fisici e vita pubblica non sono da colpevolizzare, ma sono solo un ostacolo. Le altre due, cioè la malizia e la pigrizia, si.

“L’abito da tutti desiderato” cioè la perfezione della scienza e della felicità.

Dante spiega l’operazione che intende portare avanti, cioè la diffusione della scienza.

Prima argomentazione (sillogismo): 1) ogni uomo è legato all’altro da naturale amore 2) chi ama si dispiace del difetto dell’amico 3) quindi coloro che siedono alla mensa degli angeli hanno misericordia verso coloro che ne sono privati e che si nutrono del cibo degli animali.

La vera povertà per Dante è quella del sapere e chi è ricco di sapere deve venire incontro a chi è povero.

“e sono quasi fonte vivo” = dalla metafora del pane Dante passa a quella dell’acqua che ricorda il racconto evangelico della samaritana a cui Gesù promette un’acqua che disseta per sempre, quella della verità.

Nel finale abbiamo la presa di coscienza da parte di Dante intorno alle differenze tra le sue opere giovanili e quella della maturità.

Le canzoni sono esposizioni allegoriche.


[1] Scolastica è il termine con il quale comunemente si definisce la filosofia cristiana medioevale, in cui si sviluppò il metodo di pensiero dello scolasticismo, detto anche scolastico. Il termine greco scholastikos significa letteralmente “educato in una scuola”, “istruito”, e transita per il latino classico e medioevale scholasticus “educato in una scuola”, in particolare all’eloquenza e alla retorica, in scuole che già al tempo dell’impero romano erano autonome e autogestite da una propria lex, e davano luogo a “scholastica, discorsi argomentativi per praticare l’arte retorica oppure controversie ragionate su uno specifico tema, riprese nel genere della disputatio medioevale.

[2] Il chierico è un membro del clero di una religione. Il termine è utilizzato prevalentemente per riferirsi ai membri del clero della Chiesa cattolica. Sono chierici della Chiesa cattolica i diaconi, i preti e i vescovi.

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About the Author

Sergio Mauri
Blogger, autore. Perito in Sistemi Informativi Aziendali, musicista e compositore, Laurea in Discipline storiche e filosofiche. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d'Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014, con PGreco nel 2015 con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 con Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023 e con Amazon Kdp nel 2024.