Ripubblico un mio articolo di circa sei anni fa sulla questione, ancora attuale, del conflitto che ha come scatenante il Delta del Niger, le multinazionali del petrolio (e del metano), il governo nigeriano e i soldi. Tanti soldi.
Ogni tanto qualche italiano, filippino, libanese viene rapito in quelle zone, divenute ormai proprietà delle multinazionali petrolifere, ma noi, nel nostro paese ad “informazione controllata” e manipolata, non ne conosciamo che il lato superficiale, quello meramente criminogeno. Noi occidentali veniamo tenuti all’oscuro delle motivazioni degli altri, in una sorta di apartheid culturale ed emotivo. Veniamo cresciuti ed educati in una sorta di ipocrisia totalitaria, per cui ciò che vale per noi non vale per gli altri ed illudendoci che il “noi” ci rappresenti tutti, mentre il “noi” rappresenta “loro”, le classi dirigenti dei nostri paesi.
Questi personaggi credono di poter andare avanti per l’eternità a manipolare i fatti, a difendersi dal mondo che stà cambiando, frapponendo un muro di omertà.
Il Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger (una sigla che include tutta una serie di gruppi politici con obiettivi non del tutto omogenei) di solito organizza rapimenti e azioni di sabotaggio contro le multinazionali petrolifere là presenti, volendo liberare quella zona dal degrado ambientale e dallo sfruttamento economico.
Nel Delta sono compresi 9 stati nigeriani, 185 amministrazioni locali e 27 milioni di persone. Finora le multinazionali hanno estratto milioni di barili di greggio e li hanno venduti ricavando enormi profitti. La popolazione nigeriana non ha quasi visto alcunché per sé stessa. Alcuni capi villaggio sono stati corrotti, tanto per farli tacere. I leader militari succedutisi alla guida della Nigeria hanno usato i ricavi del petrolio per comprare palazzi a Mayfair o per costruire dimore faraoniche nella capitale Abuja. Motivi per uno scontro tra una popolazione esporpriata da una parte, multinazionali e governi corrotti dall’altra, ce ne sono.
Col tempo, nell’area del Delta, si è sviluppato il bunkeraggio illegale (si aprono i raccordi per riempire taniche di oro nero) con la connivenza della consociata della Shell in Nigeria e con la collaborazione di vere e proprie organizzazioni mafiose che rivendono sul mercato il petrolio. In questa attività sono coinvolti sempre più abitanti del Delta, in cambio di un guadagno miserevole. Non solo il petrolio è divenuto oggetto delle mire di queste organizzazioni, ma anche il meno pregiato metano. Il Movimento di emancipazione del Delta del Niger non attacca questo tipo di attività, anzi, ne è compartecipe. Col ricavato del bunkeraggio di metano e petrolio si comprano armi. Non è perfettamente chiaro quali siano gli obiettivi reali di questo movimento oltre le dichiarazioni formali e d’intenti. Forse ritenerlo anit-imperialista è troppo. Il livello di scontro e le modalità in cui si svolge, fanno pensare ad una possibile contrattazione fra movimento da una parte e multinazionali e governo dall’altra. L’obiettivo – probabilmente – non è la cacciata definitiva delle multinazionali (e nemmeno la caduta del governo) perché verrebbe a mancare una possibile fonte di estorsione per i guerriglieri. Un progetto di governo alternativo dell’area, non è ancora esistito.
Fonte: Internazionale
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