Ripubblico – aggiornati – alcuni miei scritti del 2006 sul Venezuela. La questione venezuelana, infatti, ha un’origine lontana. Il dossier che segue parla del fallito golpe antichavista dell’aprile 2001.
Golpe in Venezuela e riunioni di Washington.
La Casa Bianca, alla fine, ha dovuto riconoscerlo: nei mesi scorsi ha avuto colloqui con gli oppositori del presidente venezuelano Hugo Chavez. Ovviamente nega ogni implicazione nel golpe che ha tentato di destituirlo. “Il nostro messaggio -ha recentemente dichiarato il portavoce della Casa Bianca Ari Fleischer- è stato estremamente chiaro. La situazione politica in Venezuela deve essere risolta dai venezuelani in modo pacifico, democratico e costituzionale (…) e quello che abbiamo detto esplicitamente ai dirigenti oppositori che gli Stati Uniti non avrebbero appoggiato alcun golpe”. Il New York Times ha però segnalato, nella sua edizione del 16 aprile, che alti funzionari del governo del presidente George W. Bush si sono riuniti più volte nei mesi passati con i dirigenti di una coalizione che ha poi destituito Chavez per due giorni. Il prestigioso quotidiano ha dichiarato che le sue fonti governative avrebbero dato informazioni contraddittorie circa il messaggio che è stato dato agli oppositori di Chavez (contraddizioni che si sono già lette nei due comunicati stampa sopra riportati, ndr) rispetto alla formula ufficiale. Mentre un funzionario avrebbe detto che Washington avrebbe insistito per l’uso di metodi costituzionali per ottenere la dipartita di Chavez, una fonte del Pentagono avrebbe confessato che il messaggio, in realtà, sarebbe stato molto meno categorico. “Non stavamo destituendo nessuno – ha dichiarato il funzionario al giornalista del NYT -. Semmai stavamo dando un sottile messaggio, informale, che certi metodi non ci garbano.”. Insomma, per la fonte del pentagono, gli Stati Uniti si sono limitati – ufficialmente – a non fornire le armi.
Ari Fleischer ha dichiarato che era a conoscenza di questi incontri, anche se non ha confermato né smentito di essere a conoscenza degli argomenti discussi. “Funzionari statunitensi si sono riuniti con un grande numero di venezuelani nei mesi passati. Tra questi c’erano rappresentanti del settore imprenditoriale, incluso colui che sarebbe poi diventato il presidente ad interim, Pedro Carmona, e sostenitori di Chavez. Ma alla domanda secca e diretta se mai gli Stati Uniti, nel corso di queste tante riunioni, abbiano promesso (e poi dato) appoggio logistico o di intelligence ai golpisti, Victoria Clarke, portavoce della Casa Bianca, ha risposto che di questo non sapeva nulla, ma che era a conoscenza di un riunione tra un team di esperti americani di politica con il capo di stato maggiore venezuelano. Nel corso di questa riunione, secondo la Clarke, gli Stati Uniti hanno ribattuto chiaramente che la politica degli Usa era quella di appoggiare la democrazia, i diritti umani, e che mai avrebbero appoggiato un golpe militare o qualunque altro ricorso incostituzionale. La Clarke ha anche ricordato un incontro tra il sottosegretario alla difesa Roger Pardo-Maurer con il generale venezuelano Lucas Rincon durante una visita di quest’ultimo a Washington alla fine dello scroso anno. La portavoce ha dichiarato di non sapere, anche questa volta, quale fosse l’argomento dell’incontro.
Petrolio scomodo
Gli Stati Uniti guardano già da tempo con sospetto al presidente Chavez, grazie soprattutto ai suoi rapporti di amicizia con Cuba, Irak, Libia e Iran. Venerdì scorso, quando sembrava che il golpe contro Chavez avesse avuto successo, la Casa Banca non aveva difeso in maniera efficace un processo costituzionale nel paese, giungendo ad accusare il presidente Chavez di aver creato le condizioni per la nascita di un movimento di oppositori così forte. Washigton avrebbe poi sollecitato il presidente ad interim Carmona ad organizzare nel più breve tempo possibile delle elezioni democatiche. Secondo il NYT, “Chavez si era reso molto impopolare agli occhi del governo Bush per la sua posizione pro cubana e per il suo piglio rivoluzionario, e più recentemente, per il fatto di essere diventato il terzo fornitore di petrolio per gli Stati Uniti”. “Indipendentemente dal fatto che gli States abbiano o no avuto a che fare con il golpe contro Chavez, il governo Bush ha tardato ad esprimere la sua condanna alla destituzione con la forza di un presidente democraticamente eletto. Da qui il fatto che la preoccupazione di Washington per Chavez ha finito per costargli la credibilità in quanto principale difensore dei governi democraticamente eletti”, concludeva il New York Times.
Stampa censurata e manipolata
E’ notizia di ieri, invece, il fatto che alcuni giornalisti venezuelani stiano denunciando proprio in queste ore l’incubo in cui hanno vissuto nei giorni immediatamente precedenti e nelle ore del golpe. Giornali e televisioni, a detta dei giornalisti venezuelani, riportavano notizie assolutamente false, costruite ad arte per far insorgere la società civile contro Chavez. La stessa notizia del presidente arroccato all’interno del Palazzo Miraflores è da leggersi in maniera assolutamente diversa: Chavez, infatti, sarebbe stato tenuto sotto sequestro dai militari, e non chiuso in difesa nelle sue stanze.
L’Organizzazione degli Stati Americani chiede l’intervento degli esperti investigatori per ricostruire i fatti del tentato golpe venezuelano, esperti che cercheranno anche di spiegare la verità sulle televisioni private oscurate e sulla stampa manipolata e censurata. L’unica cosa di cui potremo comunque essere certi è che nelle ore del golpe le versioni on-line dei giornali venezuelani non erano disponibili.
Golpisti in cerca di asilo
I militari che hanno portato a termine il golpe dell’11 aprile hanno chiesto asilo all’ambasciata boliviana di Caracas. Il governo di Quiroga sta decidendo, proprio in queste ore, se concedere asilo ai militari. Una possibilità prevista dal governo boliviano è quella di dare asilo alle famiglie dei golpisti ma non ai militari. Il Congresso dovrebbe decidere entro questa settimana.
Il Comandante Efrain Vasquez e il Generale Ramirez Poveda, due dei militari più alto in grado, componenti del golpe in Venezuela l’11 aprile notte, sono stati allievi ai corsi della famosa “scuola dei dittatori”: la School of Americas con sede a Fort Benning in Georgia.
Golpe in Venezuela.
La notte dell’undici aprile 2001 alcuni alti ufficiali prendono il controllo del Paese mettendo a capo di un governo civile-militare “di transizione” l’industriale Pedro Carmonas. Ma informazioni apparse adirittura sulla stampa nordamericana, ci dicono che il piano era già a conoscenza degli Stati Uniti. Gli alti ufficiali venezuelani coinvolti nel golpe erano in stretto contatto con l’ambasciata USA da fine febbraio. Quanti sapevano e mantengono il segreto?
Lunedì 15 aprile, il settimanale americano “Newsweek” annunciava che i militari golpisti venezuelani erano in contatto con l’ambasciata americana a Caracas da almeno due mesi. Il periodico cita fonti all’interno della amministrazione Bush, che avrebbero confermato come alla fine di febbraio alcuni ufficiali dissidenti venezuelani avrebbero informato l’ambasciata dei loro piani.
Aerei gratis
Prova indiretta di tale informazione la ritroviamo tra le righe del New York Times, riverito quotidiano, che rivela come fin dallo scorso mese proprio l’ambasciata americana a Caracas fosse stata autorizzata ad organizzare dei viaggi gratuiti per tutti quei cittadini americani che avessero voluto tornare in patria vista “la continua instabilità della situazione politica e della sicurezza in Venezuela”. In un comunicato ricevuto proprio dall’ambasciata statunitense –ricordiamo, un mese prima del golpe – si legge: “Scontri violenti, saccheggi e dimostrazioni possono esplodere in qualunque momento”. Per questo “i cittadini statunitensi in Venezuela devono considerare la loro personale condizione di sicurezza e prendere le misure che considerano necessarie per garantirle, anche se ciò dovesse significare di dover lasciare il paese”. Secondo il New York Times, questo dispaccio avrebbe la stessa data del giorno in cui il governo statunitense si è incontrato con i dirigenti dell’opposizione a Chavez. Tra loro, Pedro Carmona, poi presidente ad interim del governo dei golpisti, e il capo militare Lucas Romero Rincon.
Chi tace acconsente?
L’ambasciata, secondo le fonti del Newsweek, ha risposto che non era un golpe il modo migliore per togliere di mezzo Chavez, nonostante il fatto che il presidente venezuelano fosse visto da Washinghton come un personaggio ostile, la cui leadership in materia petrolifera continuava ad impensierire gli Stati Uniti, così come gli sforzi – presunti – del presidente venezuelano per sfruttare la guerriglia della vicina Colombia, implicata nel traffico di droga e terrorismo. Gli Stati Uniti non hanno mostrato simpatia per Chavez neppure quando venne arrestato il venerdì notte e non ebbe parole dure contro il governo ad interim che, pur restando senza alcun potere di fatto, lo aveva destituito al costo di un bagno di sangue.
Ecco il testo di due comunicati stampa anti-Chavez firmati proprio dalla Casa Bianca all’annuncio del Golpe:
12 Aprile 2001 (non più disponibile in internet)
Ieri, 11 aprile, è stato un giorno straordinario nella storia venezuelana, anche se è stato al contempo un giorno tragico. Quello che era cominciato con una manifestazione pacifica – esercizio di un diritto fondamentale nelle società democratiche – si è concluso nella violenza. Un governo eletto liberamente e democraticamente ha concluso il suo percorso divenendo un governo che mette a tacere le televisioni private e, come dicono testimoni oculari, che apre il fuoco contro il suo stesso popolo. Gli Stati Uniti si dolgono per i morti e per i feriti e esprimono il loro più profondo cordoglio ai familiari delle vittime. Applaudono l’annuncio del governo ad interim che investigherà sulle violenze di ieri.
Apprezziamo le intenzioni dichiarate dal governo transitorio di rendere più forti le istituzioni e i processi democratici all’interno di un progetto che rispetti i diritti umani e lo stato di diritto.
Soprattutto, si congratulano con questa enorme maggioranza di venezuelani che ieri hanno dimostrato virtù e senso civico esemplari. (…)
La Casa Bianca – Ufficio Stampa – 15 aprile 2002
Dichiarazione del segretario dell’Ufficio Stampa
Gli Stati Uniti guardano con grande interesse la situazione in Venezuela. Si dolgono profondamente per la violenza e le vittime, e esortano tutti i venezuelani ad operarsi pacificamente per risolvere questa crisi. Accolgono con piacere e sostengono la decisione dell’Organizzazione degli Stati Americani di inviare immediatamente una delegazione, diretta dal segretario generale Cesar Gaviria, per determinare i fatti affinché si ristabilisca una piena democrazia, con garanzie per tutti i cittadini nel rispetto delle libertà fondamentali, così come negli intenti della Carta Democratica Interamericana.
Il popolo del Venezuela ha inviato al presidente Chavez un messaggio chiaro, un messaggio che chiede democrazia e riforme. L’amministrazione Chavez ha ora l’opportunità di rispondere a questo messaggio correggendo la sua mira e governando in maniera pienamente democratica. Il presidente Chavez è chiamato ora a riflettere e al dialogo internazionale. E’ necessario che colga questa opportunità per assicurare la legittimità anche ad un’opposizione politica, alla società civile e a tutte le forze democratiche venezuelane. Gli Stati Uniti e la comunità mondiale delle democrazie seguiranno con attenzione gli sviluppi in Venezuela. Il presidente Chavez ha la responsabilità particolare di mantenere la pace, proteggere i diritti umani e le libertà democratiche, e creare le condizioni necessarie per un dialogo nazionale. Il lavoro che faremo con tutti i venezuelani e con la Organizzazione degli Stati Americani ha questo scopo.
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