di Sergio Mauri
Paragrafo iniziale del III Capitolo. Qui troviamo organizzato il discorso intorno all’essere-nel-mondo, all’in-essere (in-sein, un carattere costitutivo dell’Esserci) che corrisponde a una specie di presenza esistenziale dell’Esserci-nel-mondo. Uno stare conformemente all’esistenza. Stare nel mondo della trascendenza, all’interno di una dimensione che viene abitata e in questo abitare l’Esserci esiste. L’Esserci vive secondo la propria struttura ontologica fondamentale. Quindi, l’in-essere è un’espressione, per Heidegger, formale ed esistenziale dell’essere dell’Esserci. L’in-essere non significa la presenza spaziale di una cosa dentro l’altra, poiché l’in non è affatto un riferimento di tipo spaziale, di una cosa che sta dentro un’altra. Certo, l’Esserci ha un suo proprio essere nello spazio che, però, è possibile soltanto sul fondamento dell’essere-nel-mondo in generale. Quindi, l’essere nello spazio è riferito anzitutto al carattere di esistenza dell’Esserci, per un altro verso è riferito al suo essere-nel-mondo il quale possiede la caratteristica fondamentale di stare dentro il mondo secondo il modo dell’esistenza.
Solo la comprensione della spazialità esistenziale permette di comprendere l’essere-nel-mondo. Tutto ciò perché l’Esserci all’interno del mondo (sia degli enti difformi dall’Esserci, sia quelli conformi all’Esserci) agisce secondo il modo di relazionarsi della Cura (prendendosi o avendo Cura). Ciò è possibile in quanto vi è un’apertura dell’Esserci nei confronti del mondo caratterizzata da un prendersi Cura di esso.
L’essere dell’Esserci, allora, deve essere reso visibile come Cura, Sorge. Questo termine è da assumersi come concetto strutturale ontologico. La Cura rende possibile l’essere-nel-mondo da parte dell’Esserci, proprio in quanto abitare nel mondo che si caratterizza come un prendersi Cura. L’Esserci ontologicamente inteso è Cura.
Lo stare nel mondo è una circostanzialità visibile. A questa mondità, Weltlichkeit inerisce un ente, l’Esserci, che tematizza la mondità e avanza una comprensione del mondo. Il mondo viene vissuto esistenzialmente poiché è comprensibile; il mondo diventa comprensibile nella misura in cui viene esistenzialmente abitato. Del mondo possiamo avere una concezione ontica (il mero insieme degli enti) oltre a una ontologica. Mondo può anche significare non l’ente che l’Esserci essenzialmente non è, ma ciò in cui l’Esserci vive. Il mondo designa anche il concetto ontologico della mondità. Tutto ciò va collocato sempre nel senso che c’è un ente, l’Esserci, che vive e si comprende nel mondo. La comprensione che l’Esserci ha del mondo è sempre relazionata con la comprensione che l’Esserci in quanto essere-nel-mondo ha di sé stesso.
Tutto ciò che l’Esserci compie vivendo dentro il mondo ha una sua struttura, identificata (Paragrafo 17) secondo alcuni concetti: del rimando e del segno. L’essere-nel-mondo da parte dell’Esserci, implicando anche un essere con gli altri Esserci, possiede una struttura relazionale che si articola secondo alcune caratteristiche, due delle quali sono il rimando e il segno. C’è nel mondo una rete di rimandi, cioè di rapporti che suscitano il rinvio a qualcos’altro, a qualcosa di precedente, di presente o che potrà accadere. Accanto alla rete di rimandi abbiamo una rete di segni che vuol dire che nel mondo i rimandi sono strutturati secondo una altrettanto capillare rete di segni (non semplici segni linguistici o indicatori), ma sono segnali ontologicamente rilevanti. Il mondo si articola secondo queste reti, strumenti dei quali egli è circondato e si serve.
“Essere-nel-mondo significa immedesimarsi con i rimandi costitutivi dell’utilizzabilità propria della totalità dei mezzi”. Sorge allora il problema di capire chi sia l’Esserci dotato di quelle caratteristiche ontologiche costitutive essenziali che agisce nel mondo. Lo individuiamo a partire da una situazione nella quale lo analizziamo, quella della quotidianità media. Quella medietà che permette la comprensione del chi. Cosa è questo chi? Quali sono i contenuti di questo chi? L’Esserci sta nel mondo comprendendosi come un ente che, accanto a enti differenti da sé, vive accanto a enti che sono identici a sé per essenza, gli altri Esserci. Per cui abbiamo un con-essere e un con-Esserci. Un essere con gli altri enti nel mondo (enti intramondani). Quest’apertura che permette all’Esserci di stare nel mondo secondo un vissuto esistenziale corrisponde alla possibilità che l’Esserci ha di comprendere l’essere.
Abbiamo un’apertura “passiva” dell’Esserci verso il mondo e verso l’essere. Sulla base di questa apertura originaria c’è un’apertura “attiva” dell’Esserci nei confronti dell’essere (oltre che verso il mondo). L’apertura “attiva” esprime il modo d’essere dell’Esserci non solo all’interno del mondo, ma anche in relazione all’essere in quanto tale. Perfino in relazione all’essere di se stesso.
Il rapporto che l’Esserci ha con le cose è un rapporto di utilizzabilità. Le cose sono mezzi, strumenti, vengono impiegate. Nel paragrafo 23 viene tematizzata la questione della spazialità. L’Esserci non è spaziale nel senso meramente ontico, ma possiede una spazialità vissuta secondo il carattere fondamentale dell’esistenza. L’Esserci si rapporta agli altri enti nel modo dell’avvicinamento o dell’allontanamento che non vuol dire stare a un centimetro o a un metro, ma avere un rapporto di prossimità o di distanza rispetto agli enti. L’Esserci è tendenzialmente orientato alla prossimità, tende alla vicinanza rispetto agli enti.
Il rapporto tra l’Esserci e lo spazio va concepito come lo spazio che non sta dentro il soggetto e il mondo non sta nello spazio: c’è una spazialità che viene dischiusa e permette il rapporto tra il soggetto e lo spazio, tra il mondo e lo spazio. Lo spazio si manifesta a priori. A priori qui significa una specie di priorità o preliminarità dell’incontro dello spazio e del modo di incontrare la spazialità come prossimità nell’incontro intramondano di ciò che è utilizzabile. L’Esserci è nel mondo ed è sostanziato dal fatto che l’Esserci è spazialmente nel mondo e questa sua spazialità a priori gli permette un rapporto di relazione con gli enti (prossimità o distanza).
Vediamo ora di esaminare la quotidianità. Per farlo andiamo al IV Capitolo, paragrafi dal 25 in poi. L’identità dell’Esserci di cui andiamo parlando si esplicita all’interno di ciò che l’Esserci è, di quella situazione di quotidianità media. Posto che questa concezione del chi identitario non si pone nel solco della tradizione soggettivistica cartesiana, con la distinzione fra res extensa e res cogitans, in cui l’io è quel centro di funzione in base a cui tutto è comprensibile, riferito e riferibile. Il chi declinato in una dimensione teoretica esistenziale, li va ricercato, sul piano di quei modi in cui l’esistenza si dà nella fatticità, concretamente. Questo io che l’Esserci continua a essere, va compreso nelle forme della sua fatticità.
Vediamo come esplicare l’innanzitutto e il per lo più: noi incontriamo, ricerchiamo l’Esserci che incontriamo in prima istanza e generalmente, il più delle volte. Noi incontriamo gli altri nel loro essere-nel-mondo che corrisponde al mio essere-nel-mondo. Non come cose, ma in base al loro essere-nel-mondo. L’altro si incontra nel suo con-Esserci nel mondo.
Il dasein è un essere che dice un esser-qui. Fin qui il nostro Esserci prescinde dagli altri. Poi li incontra nel mondo. Quindi, l’Esserci è al tempo stesso un mit-sein, un con-Esserci, mit-dasein.
Per l’essere dell’Esserci fa parte il con-essere con gli altri. Gli altri non sono semplicemente la, ma sono anche ciò verso cui l’Esserci tende. Anche quando l’Esserci non si Cura degli altri o crede di poterne fare a meno, non li ha intorno, egli è sempre nel modo del con-essere e quindi del con-Esserci. Tutti gli Esserci sono costituiti da un con-essere e un con-Esserci. Il rapporto dell’Esserci con gli altri non è un rapporto epistemologico, è un rapporto esistenziale, con tutte le determinazioni che ineriscono all’esistenza: il con-essere, il con-Esserci; la prossimità e la distanza; il rimando e il segno; la significatività. L’incontro con gli altri è possibile per l’apertura originaria. L’innanzitutto e per lo più si condensa e si realizza nella quotidianità media.
“Il con-essere è un costitutivo esistenziale dell’essere del mondo. Il con-Esserci si è rivelato come un modo di essere proprio di un ente che si incontra nel mondo”. “L’Esserci in quanto è ha il modo di essere dell’essere assieme. Questo non può essere inteso come il risultato della somma di più soggetti. L’esperienza di una molteplicità sommabile di soggetti è possibile solo in quanto gli altri che innanzitutto s’incontrano nel loro con-Esserci sono successivamente trattati solo come numeri”. “Tanto l’Esserci quanto il con-Esserci sono incontrati innanzitutto e per lo più a partire dal mondo comune di cui ci si prende Cura. L’Esserci immedesimato e immedesimato col mondo di cui si prende Cura e rapportantesi agli altri su questa base non è sé stesso”. In queste situazioni l’Esserci non è sé stesso, è alienato. Chi è allora colui che ha assunto l’essere come essere assieme quotidiano?