di Sergio Mauri
Il duplice primato ontico-ontologico ha una risvolto che consiste nello speculare che si risolve in un ente privilegiato che può comprendere l’essere. Questa differenza radicale consiste nella possibilità di comprendere l’essere. Se trasponiamo ciò sul piano teologico, vediamo che l’essere umano è l’unico ente che può porsi in relazione con Dio, da Dio viene chiamato a essere nel mondo secondo natura e la dottrina. C’è un’analogia tra la comprensione dell’essere e di qualcos’altro che è totalmente altro da sé. L’analogia, tuttavia, finisce qui.
Questa compartecipazione consiste nel fatto che l’Esserci possiede una struttura ontologica (Seinsverfassung). Ha a che fare con il fatto che nell’Esserci c’è l’essere. Quindi, potremmo affermare che l’Esserci si pone in ascolto dell’essere e quest’ultimo va colto nella visione (fenomenologica), ma contemporaneamente l’Esserci attiva una dimensione di ascolto verso l’essere che a sua volta ha lanciato un appello all’Esserci. L’essere lancia un appello che l’Esserci può cogliere solo se è predisposto ad accoglierlo. Un appello si può sentire; accanto a questo ascolto l’Esserci deve attivare una interpretazione dell’essere e quindi porsi sul registro ermeneutico.
Entra in gioco, nel “dialogo”, un rapporto poetico, attraverso la parola poetica. La parola poetica esprime direttamente la parola dell’essere. La poesia si avvicina all’essere. Per Heidegger è una modalità di rapporto con l’essere, un modo di cogliere “il dire originario”, che avviene su un piano prelinguistico.
Perché l’Esserci è l’ente privilegiato? Perché è in grado di porsi il problema dell’essere. Si pone inoltre in relazione con l’essere in modalità ermeneutica. L’ermeneuticità non risiede solo nel modo di porsi dell’Esserci verso l’essere, ma sta dentro l’Esserci. L’Esserci si pone in rapporto all’essere attraverso una modalità interpretativa. Si pone in una relazione ermeneutica. L’ermeneuticità, tuttavia, sta nell’Esserci stesso. La costituzione di essere dell’Esserci non si esaurisce nella esistenza, ma consiste anche nella ermeneuticità.
L’Esserci è un ente ermeneutico. Quindi, l’ermeneutica non è solo una via di accesso all’essere, ma è necessaria per l’accesso all’essere.
L’Esserci possiede una preminenza ontica-ontologica. Oltre a possedere un carattere ermeneutico, possiede un carattere temporale. La temporalità che l’Esserci deve indagare in sé stesso è da essere esplorata, dunque. L’esplorazione consiste in un’autoanalitica che avviene sulla base di ciò che l’essere è innanzitutto e per lo più. Lo è nella sua quotidianità media, perché così si mostrerà una dimensione di inautenticità che fa da contrappasso alla dimensione dell’autenticità che emerge nella seconda parte, l’Esserci sottratto all’autenticità media, ecco che esso si trova in una situazione in cui può finalmente porre la questione dell’essere. Nessun altro ente possiede questa capacità. Anche l’ente roccia ha la sua temporalità, ma solo un ente ha la temporalità intrinseca che esplica la propria storicità. Ciò per conseguire quel piano di autenticità per conseguire il senso dell’essere. L’Esserci, ricordiamolo, deve essere indagato nella sua quotidianità, nella sua medietà. Situazione emotiva, temporalità, discorso –> costituzione d’Esserci.
L’Esserci nella sua quotidianità media è così spogliato delle sue peculiarità di scegliere, in quanto è prigioniero di una cappa di impersonalità, è inautentico, quindi è improprio. L’Esserci nella medietà è inautentico, non è mai se stesso. L’Esserci è spersonalizzato. Ritrova se stesso quando pone la questione dell’essere (punto di partenza).
Heidegger sente la necessità di distruggere l’ontologia tradizionale. Solo così, dice, si riattiva la storicità dell’Esserci e si coglie la temporalità insita nell’essere.
Temporalität –> propria dell’essere; Zeitlichkeit –> propria dell’Esserci nella sua specificità; entrambe danno vita alla Geschichtlichkeit.
Tuttavia, anche l’essere ha una sua storia e inerisce alla Geschichtlichkeit (storicità).
L’essere accade, avviene. Ciò vuol dire che l’essere può venir compreso dall’Esserci all’interno di una forma di comprensione storicamente determinabile. L’essere ha una storia che di epoca in epoca mette in luce o mette in ombra l’essere stesso. Dobbiamo arrivare, per capire l’essere, a capire che cosa è il tempo. Il compito è quello della distruzione dell’ontologia tradizionale in funzione di una comprensione dell’Esserci e dell’essere occultati dall’ontologia, ma anche dall’antropologia. Noi dobbiamo indagare l’esistenza, per cui l’Esserci è un ente della trascendenza. Uscire da sé non significa letteralmente ciò, ma consiste nella forma di apertura originaria che è premessa riguardo l’Esserci come essere della trascendenza.
Kierkegaard è una sorta di precursore di Heidegger, anch’egli infatti si pone la questione dell’esistenza dell’uomo. [Paragrafo 4 ultimo capoverso: “l’Esserci va interrogato”, leggiamo in aula].
La determinazione preontologica sta nel dasein. Gli esistenziali in analogia agli universali servono a determinare la caratteristica ontologica dell’Esserci. Dietro le categorie ci sono gli esistenziali. L’Esserci rispetto a sé è contiguo onticamente, lontanissimo sotto il profilo ontologico. Con carattere preontologico corrisponde la modalità di comprensione dell’essere che Heidegger chiama precomprensione. Che è fondamentale per un dispiegamento ermeneutico per la comprensione.
Come si mostra l’Esserci? Innanzitutto e per lo più, nella sua quotidianità media. Non possiamo prescindere dalla situazione attuale e concreta ed è la situazione di cui necessitiamo per la comprensione. La quotidianità può essere indagata perché solo così possiamo avere quella situazione attuale e concreta. Quindi, ritorniamo alla temporalità come essenza dell’Esserci.