Essere e tempo – Martin Heidegger – Ontologia fondamentale.

Essere e tempo - Martin Heidegger
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di Sergio Mauri

Essere e tempo esordisce parlando dell’ontologia fondamentale, la Fundamentalontologie. Che caratterizza il contesto, l’orizzonte di Essere e tempo. All’interno di questo orizzonte la questione si articola come un’indagine sul senso dell’essere, in modo differente dall’ontologia classica. Il profilo di questa indagine si incentra su una analisi di quell’ente potenzialmente in grado di comprendere quell’essere. La prima sezione del libro è dedicata all’analitica dell’Esserci (Daseinanalytik). È introdotta come possibilità di pensiero che è anche il metodo per raggiungere l’ontologia fondamentale. La fenomenologia è questo metodo per raggiungere questa ontologia fondamentale. La fenomenologia è il punto di partenza, il motore metodologico, la chiave di lettura ciclopica svolta in Essere e tempo. È l’attivatore del processo che parte dal nucleo a cui la fenomenologia deve rivolgersi: alle “cose stesse”. Questo serve a Heidegger per arrivare all’essere in quanto tale. Quindi, Heidegger parlerà dell’essere dopo aver chiarito i fraintendimenti cui il concetto di essere è stato sottoposto. L’indicazione “alle cose stesse” è in direzione del superamento dei fraintendimenti. Essere rivolti al di là degli equivoci in cui – di volta in volta – l’essere è stato occultato. Dopo la distruzione dell’ontologia tradizionale arriviamo alla “cosa stessa”. L’essere si occulta nei suoi riferimenti, si svela quando lo cogliamo nella “cosa stessa”. La fenomenologia fornisce il “come” della ricerca, come metodo e possibilità del pensiero (vedi Husserl-Heidegger fenomenologia e F.W. von Herrmann Il concetto di fenomenologia in Heidegger e Husserl).

All’inizio di Essere e tempo si esplica il meccanismo fenomenologico, oltre alle varie concezioni sull’essere. L’opera è in tre parti: introduzione; prima sezione; seconda sezione. Nell’intenzione heideggeriana ci doveva essere un’ulteriore parte che poi non vide la luce che avrebbe dovuto prendere in considerazione (Kant e Hegel) la metafisica, sempre nell’ottica della distruzione dell’ontologia. Heidegger aveva notato una certa indigenza del linguaggio nell’affrontare la distruzione dell’ontologia. Il problema del linguaggio ha una motivazione nel riconoscere che lo sforzo concettuale è adeguato all’analitica dell’essere, ma si rivela insufficiente per andare oltre che non è solo l’andare al di là  dell’occultamento dell’essere, ma della necessità di un’ontologia che vada al di là dell’ontologia tradizionale. Anche Essere e tempo è fondamentale in questo senso, ma dovrebbe essere superato, oltrepassato. Se non fosse stato fondamentale avrebbe imboccato un altro percorso, non lo avrebbe superato. Riconosce questo e vuole continuare nella medesima direzione. Questo è un lavoro di impostazione, valido, ma va superato in vista del compimento del lavoro fondamentale. Essere e tempo è una tappa insostituibile. Heidegger pone la questione dell’essere in due tonalità: ermeneutica e fenomenologica. Pone la questione dell’essere nelle due prospettive. Fin dal secondo paragrafo la questione dell’essere è un qualcosa che va risolto a partire da un domandare. Heidegger, dopo aver constatato che il problema dell’essere, dopo non aver avuto risposta, capisce che deve essere recuperato e reimpostato su basi e premesse nuove, premesse operative nuove anche metodologicamente. Il problema dell’essere per Heidegger è peculiare e fondamentale e dev’essere affrontato da un’angolazione ermeneutica che deve vertere su un interrogare, un domandare (Fragen). Ogni domandare è un cercare. Perché è fondamentale l’aspetto ermeneutico? Perché il procedimento ermeneutico si incentra sul rapporto tra domanda e risposta. L’atteggiamento fondamentale dell’ermeneutica si fonda su domanda e risposta. Tuttavia, se l’ermeneutica è interpretazione di un testo, come ci figuriamo un rapporto tra interprete e testo stesso? Il testo non può domandare, e tuttavia, il testo parla. Si entra in dialogo con il testo. Nella misura in cui io interrogo il testo, nella stessa misura il testo pone domande (in modo implicito) che l’interprete esplicita. Anche qui funziona una dialogica tra interprete e testo. Nonostante la disimmetria, interprete e testo si trovano sullo stesso piano. Quindi, ogni domandare è un cercare. Ogni cercare trae la sua direzione dal cercato. Cercare di conoscere l’ente in relazione al suo essere come, così, com’è. Il cercare in quanto un cercare qualcosa ha un suo cercato (Gefragte(s) das Gefragte/Gefragtes). Cercare qualcosa è interrogare qualcosa. Oltre al cercato il cercare richiede l’interrogato, cioè il Befragtes (das Befragte). Nel cercato si trova dunque il ricercato (Erfragtes). Noi quindi ci muoviamo verso qualcosa che è l’essere. Dobbiamo interrogare qualcuno per vedere qual è la premessa di una visione dell’essere. Questo qualcuno è il dasein. Il ricercato è il senso dell’essere. L’essere è un orizzonte generale all’interno del quale si muovono due orizzonti particolari: il dasein; il senso dell’essere. Questi concetti già indicati sono gli importanti concetti che il termine orizzonti delinea bene. Noi non arriviamo all’essere per nessuna via se non ci incamminiamo a quella ermeneutica. Quel sentiero si articola nella tripartizione detta. Il riempimento cosale dell’orizzonte formale consiste nell’individuare l’essere nello svelamento, liberarlo da velamenti. Dobbiamo arrivare a un’analitica dell’Esserci. Nella prima sezione è interrogato l’Esserci, per ricavare, comprendere in lui (l’Esserci), ciò che rinvia all’essere. Noi indaghiamo l’essere a partire da colui che può fare la domanda sull’essere, cioè l’Esserci. Questi tre aspetti si intersecano continuamente.

Heidegger tenta di capire come superare gli equivoci che sussistono: 1) l’essere è il concetto più generale di tutti; quindi, l’essere oltrepassa la generalità di tutti i generi. Questa generalità non significa chiarezza, poiché esso è il concetto più oscuro di tutti. Se è il più oscuro, non è chiaro ed esige una esplicitazione, un chiarimento. 2) è un concetto indefinibile, ma è un equivoco: si deve partire da un assunto, cioè che l’essere non è qualcosa come l’ente. Noi non perveniamo all’essere, in qualche modo perveniamo a un simulacro dell’essere. La definizione e il modo di pervenirvi non è valida per l’essere. Se ammettiamo ciò, non significa che non possiamo arrivare a una definizione dell’essere. Questo è il punto di partenza, dobbiamo rivolgerci all’essere che ci deve mostrare il senso 3) si ritiene che l’essere sia un concetto ovvio. Non dobbiamo, dice ancora Heidegger, scadere nel naturalistico per cui si arriva a dire che è ovvio che sia così. È anche una modalità di confondere essere ed ente. Dire che una cosa è ovvia è un pregiudizio naturalistico (ovvio è “naturale”). Non si ricerca il senso di qualcosa che è ovvio. La comprensione media dell’essere, dimostra una incomprensione, dice Heidegger. Dobbiamo andare oltre l’ovvietà che è una forma di occultamento dell’essere. Il fatto che noi viviamo nella comprensione dell’essere, ma non lo cogliamo concettualmente, è un’irruzione del problema dell’essere tra di noi.

Husserl ponendo la questione di pervenire alle cose stesse, indica due atteggiamenti fondamentali: 1.1) quello naturale per cui le cose sono così come sono e si spiegano per mezzo di un procedimento scientifico, oppure 1.2) analisi di tipo logico scientifico, un ente si identifica come “un ente”, un altro è “un secondo” ente 2) fenomenologico che corrisponde a ciò che nel primo atteggiamento non viene svolto, che ci mostra l’ente nella sua essenza. In questo caso l’ente è problematizzato. L’atteggiamento naturale ci fa conoscere l’ente in dettaglio, tranne il senso. L’atteggiamento fenomenologico ci permette di porre la questione del senso. Il quadro di Heidegger in Essere e tempo è contemporaneamente ermeneutico e fenomenologico, sono due aspetti in sinergia. Collaborano alla preparazione e all’elaborazione del problema dell’essere.

L’essere, allora, mostra un duplice primato: primato ontologico e primato ontico. Nessuno dei due aspetti può essere aggirato. L’essere dell’ente ha una sua importanza, chiaramente. Se noi applichiamo ciò alla fenomenologia dell’essere, cioè all’Esserci, ci interroghiamo sull’essere dell’Esserci. Qui abbiamo la possibilità di dare una risposta al senso dell’Esserci. Qui si giustifica un’analitica dell’Esserci. Heidegger comunque riesce a superare solo parzialmente la questione della metafisica con un grande sforzo. Ma questa parzialità è già sufficiente per trovare l’indicazione precisa di dove andare per la comprensione dell’essere. Il primo passo è già essere andato oltre la metafisica. Non si può tuttavia prescindere dal vocabolario della metafisica di duemila anni. Un qualcosa che abbiamo superato, ma continua ad accompagnarci. Superiamo la “malattia”, ma la portiamo sempre con noi. La metafisica è superabile, ma non abbandonabile. Uberwindung (superamento) e Verwindung (torsione), i concetti fondamentali.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022.
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About the Author

Sergio Mauri
Blogger, autore. Perito in Sistemi Informativi Aziendali, musicista e compositore, Laurea in Discipline storiche e filosofiche. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d'Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014, con PGreco nel 2015 con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 con Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023 e con Amazon Kdp nel 2024.