di Sergio Mauri
Conclusione del V capitolo. Abbiamo conseguito che la temporalità si insinua nella temporalità dell’essere dell’Esserci tanto da determinarlo. Temporalità e storicità dell’Esserci sono collegati alla decisione. Un’espressione della storia dell’Esserci. È quel momento nel quale l’Esserci è pienamente se stesso e si mostra nel suo autentico essere possibile.
(Paragrafo 75) Heidegger scrive che la decisione è la fedeltà dell’esistenza al proprio sé stesso. La decisione in quanto destino, Geschick, non il semplice fato, Schicksal; il destino è l’invio, la destinazione, il modo col quale l’Esserci si invia, in cui compie il proprio esser libero, il proprio progetto. È la libertà per rinunciare alla circostanzialità, alla contingenza. L’Esserci decide per la propria autenticità, per un tutto, in cui l’essere per la morte è l’indice della sua temporalità. In una temporalità/storicità inautentica, questo carattere rimane nascosto, poiché è la temporalità stessa a essere nascosta. Non compresa secondo un’autocomprensione autentica. L’Esserci è tempo, è temporalità, è prima di qualsiasi determinazione è temporalità. L’enigma dell’essere è racchiuso nell’enigma del tempo.
Nell’ultimo capitolo l’Esserci è impossibilitato a capire la sua data, che non è la datazione, ma la databilità come fattore fuorviante in questo senso.
(Paragrafi 78-79) Databilità ed estensione del tempo, pubblico/mondano. In questa dimensione in cui il tempo è dentro e fuori, il tempo è duplice, nella medietà da una parte e nel carattere autentico dall’altra. Heidegger mostra come il prendersi Cura e l’aver Cura sono un insieme di atti temporali. La Cura è temporale. Ogni nostra azione si estende nel tempo. Queste azioni non stanno nel tempo solo perché le sto facendo ora, ma che tutto ciò che l’Esserci compie è intriso di temporalità, come se il tempo precedesse qualunque azione e determinazione dell’Esserci stesso. Noi concepiamo il nostro agire come cronologico, ma questo viene dall’Esserci inautentico ed è dislocato sul piano della databilità del tempo, all’interno di un quadro costituito dall’orologio e dal calendario, un quadro del tempo intramondano, finito, fissato, inautentico quindi. Il tempo intramondano è quel tempo numerato, classificato in cui l’Esserci agisce e si dispiega nel tempo. Un tempo codificato, pubblico. La comprensione del tempo avviene secondo norme, codici, un tempo pubblico che quando diventa paradigma del tempo autentico fa scaturire un corto circuito. Noi siamo nella condizione per cui il tempo pubblico è ineliminabile. Se la trasferiamo sul piano della comprensione autentica del tempo compiono un corto circuito. Il tempo interno è autentico quando è autenticamente compreso dall’Esserci (Vedi Bergson e la spazializzazione del tempo). C’è una onticità nel tempo interno e di comprendere l’autenticità del tempo da parte dell’Esserci.
Aristotele, Fisica, Libro IV, “il tempo (Paragrafo 81) è il numero del movimento secondo il prima e il dopo”. Il tempo viene spazializzato e numerato, diventa una successione di ora, Jetzt. Il tempo è qualcosa che si sposta in base al succedersi di questi “ora”. Viene facilmente classificato con un orologio. Nell’orologio abbiamo la catalogazione del tempo mondano, pubblico. L’aritmetizzazione del tempo come nell’orologio con lo spostamento della lancetta. Quindi, il tempo mondano è il “tempo-ora” lo “Jetzt-Seit”. Un tempo calcolato, datato, insuperabilmente impiegabile e fruibile. L’idea occidentale di tempo. Una concezione distante, dice Heidegger, da una concezione autentica del tempo. Un tempo, ancora, che non può non scorrere, ma lo fa con un codice che all’Esserci ne impedisce la comprensione. Gli ora sono semplicemente presenti e sono difformi dal tempo autentico dell’Esserci. Platone, Timeo, 37, l’azione del demiurgo. Constatata l’immortalità dell’anima e la mortalità dell’uomo, allora l’uomo deve trovare una mediazione nel tempo (cronos, non eòn). Il demiurgo in questo tempo tiene, quindi, insieme l’immortalità dell’anima e la caducità dell’uomo.
La temporalità, allora, non solo precede l’Esserci, ma prelude l’Esserci. L’essere dell’Esserci è temporalità. Il tempo precede il poter-essere; uno sfondo su cui si dispiega il poter-essere. La temporalità è inscindibile dall’Esserci, una condizione della sua possibilità e in tale azione la priorità ce l’ha il “non ancora”. Il tempo non è soltanto, agisce e il suo tempo è la temporalizzazione.
Perché Heidegger distingue con chiarezza la sua concezione simbolica del tempo? Secondo la codificazione del tempo, noi lo oggettiviamo, lo reifichiamo, lo numeriamo, lo misuriamo.
(Paragrafo 80) Il tempo è incontrato come “punti-ora”, come “ora-ora-ora”. Il tempo è la temporalità che si lega a ciò che è spaziale, è legato alla temporalità. La spazialità si incontra nella temporalità. La datazione è un velo steso sul tempo autentico. Il tempo si misura e si calcola in base al pensiero calcolante. Possiamo cogliere autenticamente il tempo fuori da quel pensiero calcolante.
Heidegger assegna alla temporalità un ruolo fondamentale per la costituzione del dasein e di tutto ciò che svolge nel mondo. Il tempo pervade ogni minima struttura dell’Esserci, tutto ciò che fa e che è. Abbiamo una connessione trascendentale tra Esserci e tempo. Ciò avviene all’interno della dimensione dell’inautenticità. Nel Paragrafo 81 c’è una fuga dell’Esserci dalla morte. Il passo indietro è nell’inautenticità, una fuga dalla morte che è fuga dal tempo. Questa fuga è una fuga dall’autenticità, una scorciatoia di fuga per la connessione tra l’Esserci e il tempo. Heidegger mette in evidenza che la temporalità è talmente essenziale per l’Esserci che questo non potrebbe darsi senza quella.