Il Comandante ci ha lasciati. L’ultimo dei grandi del Novecento è entrato nel pantheon dei rivoluzionari .
I cani mediatici hanno latrato a lungo, ma ora la lunga notte sta lasciando il posto alla luce del giorno. E’ tempo di un pensiero costruttivo.
Oltre ai giudizi sui successi e sui fallimenti, una cosa ha dimostrato l’esperienza di Cuba: senza un campo socialista di riferimento non si va molto più avanti delle case sbrecciate de l’Avana o dell’esportazione di avvenenti ragazze in Occidente. I fondi immobiliari stanno già risolvendo la prima questione.
I medici cubani sono stati la salvezza per molti in latinoamerica. Certo: non dobbiamo dimenticarlo! Cuba, isola di eguali per eguali, ha una qualità della vita migliore che nel resto del continente. Questo è un successo. E i limiti di Cuba sono da imputare al resto del mondo piuttosto che all’isola caraibica stessa. Un mondo cinico, senza fantasia, senza umanità. Un mondo che escogita embarghi ed affama interi popoli.
Fidel ed il Che. Due destini nel comune di un’esperienza e di una lotta e tuttavia non coincidenti. Il primo nell’ovvietà della gestione del governo, compito difficile e rischioso, il secondo entrato nel mito sempiterno degli eroi rivoluzionari. Scegliendo la strada difficile al posto di una poltrona ministeriale, per quanto rivoluzionaria.
Molti dicono che Fidel abbia vinto la rivoluzione. Militarmente si; socialmente fino ad un certo punto. Fidel è riuscito a dimostrare che una dignità, un mondo a misura d’uomo, sono possibili. Anche da soli contro tutto e tutti.
Neanche questa esperienza rivoluzionaria è passata invano. Eterna gloria ed onore al rivoluzionario Fidel!
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