Filosofia della scienza-12.

Filosofia della scienza
Filosofia della scienza, circolo di vienna, karl popper, thomas kuhn, platone, La società aperta e i suoi nemici, ludwig wittgenstein, metascienza, norberto bobbio, Sambursky, Il mondo fisico dei Greci, william whevell, il declino della violenza, stephen pinker, l'universo senza stringhe, smolin, Evidence Based Medicine, chaim perelman, rodney stark, metafisica cristiana, giustificazione, edmund gettier, testimonianza scientifica, conoscenza scientifica, imre lakatos, Rodney Stark, A Gloria di Dio-Come il cristianesimo ha prodotto le eresie la scienza la caccia alle streghe e la fine della schiavitù, probabilità iniziale, probabilità finale, la logica della scoperta scientifica, karl popper, Niiniluoto,

di Sergio Mauri

Abbiamo visto che l’inferenza deduttiva non aggiunge nulla di nuovo oggettivamente rispetto a ciò che già conoscevamo. Lo studio della logica deduttiva fu attuata prima da Aristotele poi dagli Stoici. Gli Stoici negavano negando (modus tollendo tollens). C’è anche il modus ponendo ponens: se A, quindi B, allora A. Le inferenze induttive non presentano gli stessi tratti di quelle deduttive.

1° tratto: sono inferenze ampliative, dicono qualcosa in più rispetto alle premesse;

2° tratto: è possibile che le premesse siano vere e la conclusione falsa (incertezza).

Ciò fu compreso da Hume: si dice induttivamente qualcosa di nuovo, ma esponendoci al rischio di errore. Questo ci piace, ma non amiamo, al tempo stesso, l’incertezza. Si parla dunque di un certo grado di probabilità della certezza della conclusione. Dalla metà del Seicento Pascal inventa il concetto di probabilità. Anche Fermat e Huygens seguirono questa strada.

Tuttavia, non tutti sono d’accordo sul termine. Si è, dunque, usata la parola plausibilità. L’inferenza induttiva può anche essere detta probabile o plausibile. Abbiamo quindi l’induzione universale o induzione per enumerazione.

Le probabilità devono usarsi correttamente: se diciamo che una inferenza è probabile all’1% vuol dire che è falsa al 99%.

Accertare la verità di una inferenza perse, in seguito, la sua necessità di esserci, divenendo poi confermabile. Le inferenze devono essere confermate. Conferma, legge, spiegazione, sono termini metodologici “taciti”, compito dell’epistemologia della scienza è quello di esplicarli.

I neo empiristi si dedicarono a esplicare il termine conferma. Hans Reichenbach preferiva “ricostruzione razionale di un soggetto”. Se usiamo termini come abbastanza o conferma, possiamo usarli se li definiamo. Confermare: rafforzare la nostra fiducia. O anche accrescere la probabilità.

(p. 66) Ma cosa significa che e ha accresciuto la probabilità di h? La questione dell’accrescimento o della conferma pongono grossi problemi, per esempio i punti di partenza da cui partono le probabilità.

Il mid a un certo punto diventa vecchio. Gli induttivisti ritengono che alcune fra le procedure più ampiamente utilizzate nella valutazione empirica delle ipotesi, a partire dal metodo ipotetico-deduttivo, in breve, ID, possano venire intese come procedure induttive. ID si basa sull’idea che possiamo confermare un’ipotesi deducendone alcune previsioni osservative e accertando poi che tali previsioni si sono realizzate. In altre parole, se un’ipotesi h consente di dedurre la previsione e, e i successivi controlli mostrano l’avverarsi di e, possiamo concludere che e conferma h.

Diamo una struttura al termine probabilità: nel 1700 circa, Laplace scrive la sua teoria sulla probabilità in un modo molto più raffinato dei predecessori. Abbiamo dunque i cinque assiomi della probabilità; i primi quattro sono abbastanza elementari, prodotti dall’epistemologia bayesiana.

Probabile che h sia certa, molto o poco probabile, è un concetto di tipo quantitativo. A volte assegniamo un numero alla probabilità. In casi come insiemi finiti da cui trarre delle probabilità è facile dire quanto sia probabile un evento (il caso della tombola, per esempio).

Molti induttivisti ritengono che le inferenze induttive effettuate nell’indagine scientifica richiedono di determinare la probabilità da attribuire a un’ipotesi sulla base dell’evidenza empirica.

Vediamo l’approccio bayesiano. Thomas Bayes (1702-1761), matematico e teologo. La questione della probabilità interessa i seguenti soggetti: scienziati, filosofi della scienza, statistici. Dobbiamo tentare di confrontarci e trovare alla probabilità, un livello di certezza. I bayesiani ritengono che la nostra credenza che un’ipotesi scientifica sia vera rappresentano la probabilità tra 0 e 1. Con l’1 abbiamo la certezza che h sia vera, con 0 siamo certi che h sia falsa.

Abbiamo le probabilità soggettive e quelle epistemiche. Il primo termine si riferisce alla circostanza che tali probabilità esprimono i gradi di credenza di un particolare scienziato, persona o soggetto; il secondo termine – che sarà usato nel seguito – si riferisce invece al fatto che esse forniscono una rappresentazione probabilistica della nostra conoscenza (in greco: episteme).

Il teorema di Bayes li affronta entrambi. Probabilità iniziale: p(h), probabilità finale: p(h | e) che significa probabilità di h data e. Una volta si usava p(h/e) perché non c’era il simbolo tipografico.

Popper è contrario a tutto ciò. Logica formale-teoria delle probabilità-epistemologia bayesiana: questi sono i passaggi e gli strumenti in mano alla scienza per svolgere il proprio lavoro, che sono gli strumenti del filosofo della scienza: due discipline matematiche e una disciplina filosofica.

La logica è lo strumento delle scienze per Aristotele. Il sillogismo, tuttavia, non serve a nulla per la geometria euclidea perché quest’ultima è fondata su relazioni.

I neo-empiristi ripresero la logica antica ottenendo qualche successo.

Vediamo le inferenze deduttive che esponiamo usando linguaggi naturali e simbolici. Questi ultimi sono linguaggi artificiali, costituiti da simboli convenzionali. Questi linguaggi hanno regole molto precise.

Frase: espressione linguistica dotata di significato.

Enunciato: frase dichiarativa, cioè di cui possiamo anche chiederci se sia vera o falsa. Le frasi interrogative o imperative non sono enunciati. La logica, con Grice, ha usato e dato risposte anche con la pragmatica alle frasi interrogative/imperative.

Gli enunciati possono essere semplici o complessi. Il termine “non” è un operatore, come “è possibile che”. Il termine “e” ed altri dello stesso genere sono connettivi. Noi useremo “e”, “non”, “oppure”.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.
** Se puoi sostenere il mio lavoro, comprami un libro | Buy me a book! **
** ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER ! **

About the Author

Sergio Mauri
Blogger, autore. Perito in Sistemi Informativi Aziendali, musicista e compositore, Laurea in Discipline storiche e filosofiche. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d'Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014, con PGreco nel 2015 con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 con Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023 e con Amazon Kdp nel 2024.