- La vita. Nasce ad Arezzo nel 1304, trascorre l’infanzia tra il Valdarno e Pisa. Nel 1312 la famiglia si stabilisce a Carpentras in Provenza, vicino ad Avignone, dove il padre lavora presso la corte papale. Francesco studia dapprima grammatica col maestro Convenevole da Prato; poi diritto a Montpellier dal 1320 al 1326 a Bologna. Alla morte del padre sceglie la carriera ecclesiastica per motivi economici. Diventa cappellano del Colonna. Il 6 aprile 1327 avrebbe incontrato Laura nella ciesa di Santa Chiara ad Avignone. Grazie al servizio presso i Colonna ha l’opportunità di conoscere altre regioni d’Europa: Pirenei, Francia del Nord, Germania, Fiandre. Durante un viaggio a Liegi scopre due sconosciute orazioni di Cicerone. Per circa vent’anni vive a Valchiusa a 15 miglia da Avignone, non lontano dalla corte papale, ma non così vicino da dover sopportare le miserie della vita cortigiana, secondo un ideale classico di otium che darà materia a uno dei suoi più importanti saggi morali, il De vita solitaria. Nel 1341 il soggiorno a Napoli e a Roma ha una ragione speciale: il ricevimento della laurea poetica in Campidoglio dalle mani del re di Napoli Roberto d’Angiò. Nel 1343-45 sarà ancora a Napoli, poi nelle corti principesche del Nord (Parma, Verona). A Verona Petrarca scopre le lettere di Cicerone ad Attico. Riflette sulle disastrose condizioni politiche in cui versa la penisola. Nel 1334 scrive a Benedetto XII esortandolo a riportare la sede pontificia da Avignone a Roma. Trent’anni dopo rivolgerò la stessa preghiera a Urbino V. Nel 1337 è ospite dei Colonna a Roma, per la prima volta. Segue con favore l’impresa di Cola di Rienzo di allontanare dal potere le grandi famiglie aristocratiche romane. Appoggia Cola, ma questi fallisce e nel 1354 viene ucciso.
Secondo Petrarca, Cola fallì perché non fu abbastanza risoluto nella lotta contro le grandi dinastie romane. Sfiduciato confida nella possibilità che l’Italia trovi da sola un equilibrio politico e spera (come Dante) nell’azione dell’imperatore. Scrive a Carlo IV di Boemia affinché scenda da pacificatore nella penisola. Egli cerca di spendere la reputazione che ha presso in contemporanei in modo utile. Pochi dopo di lui saranno in grado di farlo. Petrarca è moderno in quanto spiritualmente complesso e nella quantità di dubbi, ripensamenti e pentimenti che la sua opera rispecchia. In lui vive un sentimento di contraddizione tra il corpo e l’anima, tra il volere isolarsi dal mondo e il continuo vagare da una corte e da una città all’altra. L’episodio dell’ascesa al Monte Ventoso col fratello Gherardo nell’aprile del 1336, in cui apre a caso le Confessioni di S. Agostino e la pagina recita: “E gli uomini vanno ad ammirare le altezze dei monti e l’immensità dell’oceano e il corso delle stelle, e trascurano se stessi”, ha un valore simbolico. Indica al poeta la necessità di una conversione, di un ritiro dal mondo, le opere “autobiografiche” della maturità, Canzoniere incluso, riflettono questa contraddizione e l’aspirazione a una vita autenticamente cristiana. Il 1348 è un anno fatale per tutti; la peste nera falcidia la popolazione del continente. Muore Giovanni Colonna e pure Laura, secondo quanto riporta lo stesso Petrarca. Nel 1350 incontra per la prima volta a Firenze, Boccaccio. Ne nasce un’amicizia che durerà fino alla morte del Petrarca. Nel 1353 lascia per sempre Valchiusa e si stabilisce in Italia. Per alcuni anni è a Milano, poi a Venezia, poi a Padova. Ad Arquà sui Colle Euganei trascorre l’ultimo periodo della sua vita. Vi muore nel luglio 1374. La gran parte della sua biblioteca promessa a Venezia, passa ai Carraresi (Padova), poi ai Visconti (Milano) come preda di guerra, infine a Parigi. Da parte dei suoi discepoli e amministratori comincia la copia delle opere latine e volgari che nei secoli successivi avranno una diffusione maggiore rispetto a quella di qualsiasi altro scrittore medievale.
- Personalità e idee. Petrarca scrisse la gran parte delle sue opere in latino ed era a esse che affidava al a propria fama. Nei circoli umanistici di lui si amava il poeta e il trattatista in latino. Solo dalla seconda metà del Quattrocento le liriche volgari vennero considerate un classico e copiate e imitate da generazioni di poeti europei. Petrarca si confrontò sempre con gli autori latini e greci non solo sul piano dell’opera, ma anche in quello della vita. Sin da giovane cerca e colleziona i manoscritti di Virgilio, Cicerone, Seneca e altri poeti e prosatori latini. Li studia e lo leggiamo nelle glosse deposte ai margini del testo. Tenta, senza grande successo, di imparare il greco al fine di poter leggere Omero nell’originale. Il culto dell’antichità greco-latina implica un giudizio molto duro nei confronti della cultura del proprio tempo. L’idea di cultura di Petrarca si fonda in 2 elementi:
1) lezione umanistica dei classici, recupero dei valori civili e morali della classicità; 2) la dottrina cristiana così come l’aveva codificata Agostino.
Per Petrarca l’incontro tra classicità e cristianesimo ha luogo sul terreno dell’etica, del fondamento morale dell’uomo. Per lui la filosofia tardomedievale dominata dalle sottigliezze degli scolastici e dei dialettici non ha valore. Ciò traspare con chiarezza in Invective contra medicum: le arti liberali sono superiori a quelle indirizzate al guadagno; le discipline umanistiche nei confronti della pseudo-scienza dei medici. Un’altra opera da cui si evince questo è il De ignorantia dove Petrarca afferma la superiorità della filosofica morale sulle scienze naturali e conseguentemente la superiorità dei grandi moralisti classici (Platone, Cicerone) e cristiani rispetto a quella di Aristotele. Petrarca, quindi, mette in discussione il primato aristotelico di tutta la sua epoca.
- Le opere latine. Abbiamo Africa (epica latina), sulla vittoriosa guerra di Scipione contro i Cartaginesi. I riferimenti sono: Virgilio, Lucano, Tito Livio. L’Africa, nonostante l’incompiutezza garanti larga fama a Petrarca, poiché poteva essere letta come allegoria della situazione presente. Abbiamo il De viris illustribus, anch’esso incompiuto e in latino. Quest’opera nasce insieme ad Africa e procede con essa in parallelo per un certo periodo. Si tratta della descrizione della vita e delle gesta di uomini famosi, un topos della storiografia medievale. Tre sono le novità introdotte da Dante: 1) diverso rapporto con le fonti erudite che non si limita a ripetere, ma vi opera criticamente da storiografo; 2) atteggiamento laico di fronte ai personaggi ritratti, apprezzati e lodati per le loro virtù umane (coraggio, lealtà, ecc.); 3) rigida selezione del genere di biografati: si parla di coloro che si distinsero per le virtù militari o per il grande amore per la patria.
Nel 1343 Petrarca si impegna in un’altra opera storiografica in latino, i Rerum memorandum libri (Fatti memorabili). È una raccolta di aneddoti. L’opera ha dei limiti evidenti: è troppo caotica e occasionale per avere un interesse storiografico.
Importante è il Secretum dove egli si ispira alle Confessioni di S. agostino per il contenuto e ai dialoghi ciceroniani per la forma. Qui immagina una conversazione tra se stesso e Agostino al cospetto della verità- nel primo libro Agostino esorta Petrarca a riflettere sulla morte e a orientare la propria vita al bene. Nel secondo passa in rassegna i peccati capitali. Nel terzo Agostino insiste sulle tentazioni della carne e sulla fama terrena. Agostino sostiene che l’amore per Laura ha allontanato Francesco da Dio. La devozione per una creatura terrena è di ostacolo a una condotta autenticamente cristiana. È tempo, inoltre, che Francesco abbandoni le opere laiche e passi a meditare sui testi sacri e sul destino della sua anima. Tra il 1347 e il 1348 scrive in latino 7 Salmi penitenziali. Sono preghiere intessute di citazioni bibliche. Anche i 2 saggi latini De vita solitaria e De otio religioso recano i segni dell’ispirazione cristiana.
Le opere classiche lasciano il posto ad interessi introspettivi ed esortativi. Il primo saggio è un elogio della solitudine e dell’otium intellettuale. Il secondo, scritto dopo una visita al fratello Gherardo monaco a Montreux è un paragone tra la vita serena dei monaci e le pene di chi è ancora coinvolto nel mondo. Nelle egloghe latine del Bucalicum carmen c’è dell’autobiografismo. A Milano conclude il grande trattato morale in latino De remedus utriusque fortunae che è una specie di retta via in cui si insegna a far fronte alla buona o alla cattiva sorte. Nel primo libro la ragione dialoga con la Gioia e la Speranza, nel secondo col Dolore e il Timore. È chiaro che la Ragione si ispira oltre che alla Bibbia ai grandi saggi dell’età classica. Il trattato parla della vita umana in tutte le sue manifestazioni e avrà una enorme diffusione durante tutto il Rinascimento. I testi petrarchiano sono ripresi e abbandonati più volte durante la vita del poeta, quindi la loro datazione è complessa. Gli epistolari e la raccolta delle poesie volgari sono formati da scritti di epoche diverse.