di Sergio Mauri
Il testo in esame è una metafora sugli uomini che scoprono la conoscenza.
Nietzsche si concentra sulla relatività e finitezza dell’intelletto umano nella natura e rispetto alla natura. Sottolinea l’insensato egocentrismo umano.
L’intelletto è tipico dell’uomo, suo mezzo di precipua conservazione attraverso la simulazione, poiché non è dato all’uomo di combattere come fanno gli animali feroci e comunque ciò che caratterizza l’uomo in quanto a strumenti offensivi-difensivi è strumento limitato. L’uomo non è dotato di strumenti naturali quali unghioni, sensi particolarmente sviluppati, ali, a esempio.
L’uomo svolazza intorno alla fiamma della vanità.
La convenzione, risultante dal patto di pace, della verità, diventa vincolante attraverso il linguaggio che fa circolare la simulazione. Le definizioni linguistiche, tuttavia, sono inadeguate e insufficienti.
Per l’autore la verità è un esercito mobile di metafore[1], metonimie[2], antropomorfismi[3], una somma di rilevazioni umane sublimate[4], tradotte, abbellite poeticamente e retoricamente. È pura illusione.
È l’uomo a produrre il rigore matematico e le rappresentazioni spazio-temporali che contengono le metafore, permettendo loro di rappresentarsi. Tutto è nel limite dell’uomo. Uno volta finito, scomparso l’uomo, nessuno o alcunché ne avrebbe conoscenza.
[1] La metafora (dal greco μεταφορά, da metaphérō, «io trasporto») in linguistica è un tropo, ovvero una figura retorica che implica un trasferimento di significato. Si ha quando, al termine che normalmente occuperebbe il posto nella frase, se ne sostituisce un altro la cui “essenza” o funzione va a sovrapporsi a quella del termine originario creando, così, immagini di forte carica espressiva. Differisce dalla similitudine per l’assenza di avverbi di paragone o locuzioni avverbiali (“come”) e per questo è anche detta “similitudine abbreviata”. È tradizionalmente annoverata tra le figure di significato.
[2] La metonimia (dal greco μετωνυμία, metōnymía, composto da μετά, metà, ‘attraverso’, ‘oltre’, e ὄνομα, ònoma, ‘nome’, col significato di ‘scambio di nome’ e dal latino metonimìa) è un tropo (cioè una figura retorica di significato). Consiste nella sostituzione di un termine con un altro che ha con il primo una relazione di vicinanza, attuando una sorta di trasferimento di significato.
[3] L’antropomorfismo è l’attribuzione di caratteristiche e qualità umane ad esseri animati o inanimati o a fenomeni naturali o soprannaturali, in particolare divinità. Il termine deriva da due termini greci, άνθρωπος, “umano”, e μορφή, “forma”.
[4] Elevazione, soprattutto in senso spirituale o morale.