di Sergio Mauri
Indice.
Cenni biografici.
D’annunzio nasce a Pescara il 12/3/1863. Il cognome D’Annunzio è quello di un ricco zio che lo aveva adottato, il suo originario era Rapagnetta.
Dal 1874 al 1881 frequenta il liceo a Prato. Nel 1879 pubblica la sua prima raccolta poetica: Primo vere.
Nel 1881 si trasferisce a Roma dove si iscrive a Lettere senza però laurearsi. A Roma collabora con alcuni giornali. A Roma conduce una vita mondana piuttosto stravagante, alla ricerca dello scandalo e piena di amori tempestosi.
A Roma D’Annunzio scrive versi (Canto novo, 1882; Intermezzo di rime, 1884; L’Isotteo, 1890; La chimera, 1890; Elegie romane, 1892), racconti (Terra vergine, 1882) il romanzo Il piacere del 1889.
Il periodo romano coincide con la “fase della bontà” in cui D’Annunzio fa intravedere un bisogno di rinnovamento interiore che esporrà nel Poema paradisiaco del 1893.
Vive per qualche anno a Napoli dove nel 1894 scrive il romanzo Il trionfo della morte. D’Annunzio incontra l’attrice Eleonora Duse a Venezia. Tra i due scoppia l’amore turbato però dai debiti dello scrittore e del padre defunto dello stesso. Nonostante il disastro finanziario, egli si trasferisce con la Duse in una lussuosa villa detta “La Capponcina”, a Settignano, vicino Firenze, dove rimarrà dal 1898 al 1910.
Qui pubblica una raccolta di racconti, nel 1902, dal titolo Novelle della Pescara. Compone anche un ciclo di libri di poesie, tra cui l’Alcyone del 1903 ed una delle sue più fortunate opere, La figlia di Iorio del 1904.
Nel 1897 entra in politica, prima a Destra, poi a Sinistra.
Nel 1910 scappa dai creditori e si rifugia in Francia dove rimane fino al 1915. È protagonista di avventure erotiche. Il contatto con l’Italia è mantenuto attraverso una collaborazione con il Corriere della Sera.
Nel 1915 l’Italia entra in guerra e D’Annunzio torna in patria per schierarsi con gli interventisti. Ferito all’occhio destro in un incidente aereo. Rimane cieco per circa tre mesi. In questo periodo compone le prose del Notturno (1916).
Convinto che la vittoria italiana sia “mutilata”, occupa con un manipolo di volontari, Fiume. Sarà costretto ad abbandonarla pochi mesi dopo.
Nel 1921 a Gardone Riviera in una villa detta il “Vittoriale degli Italiani”, arredata bizzarramente a museo di sé stesso. Vive appartato con una convivente, tuttavia aperto ad avventure amorose, lontano dalla politica.
Muore il 1° marzo del 1938.
La vita come un’opera d’arte.
D’Annunzio è uno dei pochi scrittori italiani del ‘900 ad avere fama internazionale. È uno dei più importanti rappresentanti del Decadentismo europeo. Cultore dell’estetismo. È stato il primo artista a sfruttare i meccanismi d’informazione creati dalla società di massa, facendo di lui un mito.
D’Annunzio è, oltre che scrittore, politico ed ideologo. Costante in lui è l’ideologia del nazionalismo che si esprime, oltre che nell’interventismo, nel colonialismo. Egli preannuncia ed è modello di retorica e oratoria che poi pure Mussolini copierà. Interessante il concetto dannunziano secondo il quale D’Annunzio rifiuta, che l’artista abbia perduto la sua aura di eccezionalità e sia soggetto a mercificazione. Egli è, al tempo stesso, per l’arte come fuori da ogni interesse economico e pura bellezza, mentre al contempo è colui che sfrutta meglio l’industria culturale con i suoi mezzi tecnici ed economici.
Grande propagandista di sé stesso, si erge dalla massa che sostanzialmente disprezza. La contraddizione, secondo D’Annunzio, si può risolvere in un solo modo, cioè facendo coincidere l’arte e la vita, la bellezza e la merce. Come noto, per promuovere sé stesso, inventò la notizia della propria morte, subito dopo la pubblicazione della sua prima raccolta di poesie, ottenendo diversi necrologi importanti.
Anche a livello di linguaggio i principi, secondo D’Annunzio devono essere gli stessi: preziosità estetica, ricercatezza. Siamo quindi in presenza di una certa artificialità della parola poetica che tuttavia deve essere espressa con la massima naturalezza.
Romanzi e racconti.
I primi racconti sono: Terra vergine. Quelli successivi vengono riuniti nel volume Novelle del Pescara pubblicato nel 1902.
Il piacere. Bell’estate del 1888 D’Annunzio è ospite dell’amico pittore Paolo Michetti a Francavilla, vicino Pescara. È qui che scrive il romanzo che verrà pubblicato l’anno successivo dall’editore Treves.
Il protagonista del romanzo è il giovane conte Andrea Sperelli che risulta dall’intreccio fra l’esperienza autobiografica e gli influssi della narrativa europea. Sperelli è un esteta decadente somigliante in particolare a Des Esseintes in Controcorrente di Huysmans e a Dorian Gray nel Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde. Per Sperelli l’arte è un valore assoluto, la vita stessa è arte. L’identificazione tra arte e vita vuol dire subordinare tutto, morale inclusa, a una visione estetica dell’esistenza. La raffinatezza e la bellezza vanno raggiunte ad ogni costo.
Le virtù di Andrea sono: nobiltà di sangue, bellezza fisica, raffinatezza della cultura e sensibilità superiore agli altri. Tutte doti che fanno di lui un esteta. Nel personaggio di Sperelli D’Annunzio rende l’ambiguità tra la creazione di un tipo ideale superiore alla massa e il fallimento del progetto di vita del protagonista: si tratta di una sorta di pessimismo riplasmato attraverso i valori estetici e edonistici.
Andrea ama due donne: Elena Muti (la passione) la donna sensuale e Maria Ferres (spiritualità e purificazione) la donna angelicata. I nomi sono ovviamente simbolici e ci rimandano ad una visione manichea (dualistica) della realtà da rappresentare. In questa lotta dicotomica, il lato spirituale perderà.
I romanzi successivi al Piacere.
Successivi al Piacere diversi sono i romanzi di D’Annunzio, tutti incentrati su figure maschili raffinate ed inquiete. In questi romanzi alla figura dell’esteta decadente si sovrappone quella del superuomo nietschiano. Secondo l’interpretazione dannunziana, il superuomo è un individuo eccezionale e privilegiato, creativo e libero da regole morali. In questa rappresentazione si inserisce la sua visione incentrata sul disprezzo delle masse.
Trionfo della morte (1894): qui l’eroe è Giorgio Aurispa, superuomo-esteta, in profonda crisi esistenziale che tenta di recuperare la pienezza della vita e la salute, finendo però sconfitto dalle diatribe familiari e dall’influenza della donna amata.
Le Vergini delle rocce (1895): il protagonista è convinto di appartenere a una specie superiore, ben al di sopra della volgarità popolare e della borghesia. Egli cerca una donna che gli dia un figlio che erediti la sua eccezionale biologia. La sua ricerca si focalizza su tre sorelle che però si rivelano inaccessibili.
Il fuoco (1900): si delineano le vicende di Stelio Effrena che cerca di realizzare un’opera d’arte teatrale totale nella quale confluiscano, come in Wagner, musica, poesia e danza.
Forse che sì forse che no (1910): ultimo romanzo di D’Annunzio in cui il protagonista è un affascinante aviatore capace di compiere le più spericolate ed eroiche acrobazie.
La poesia.
L’esordio di D’Annunzio è a sedici anni con Primo vere, una raccolta di poesie di stampo carducciano. Negli anni romani pubblica molti altri libri di poesie: Canto novo (1882), Intermezzo di rime (1884), l’Isotteo (1890), Elegie romane (1892), ispirati a temi erotici, a volte scandalistici e a temi militari propri del nazionalismo.
Alla fine del periodo romano D’Annunzio abbandona i temi erotici e militari e si apre alle nuove aspirazioni evangeliche diffuse dalle opere di Tolstoj. Siamo alla fase della “bontà” in cui egli manifesta un bisogno di interiorità, di equilibrio e di armonia. In questo periodo abbiamo il Poema paradisiaco (1893) che è incentrato sul tema del ricordo (famiglia e sentimenti puri dell’infanzia) che emerge da riferimenti a oggetti quotidiani e umili, ricchi di realtà e concretezza.
Dal 1899 D’Annunzio si impegna nella scrittura di versi e compone un vasto ciclo in forma di poema, le Laudi del cielo del mare della terra degli eroi. Le Laudi si sarebbero dovute suddividere in sette parti (sette libri) chiamati con i nomi delle stelle più luminose delle Pleiadi: Maia, Elettra, Alcyone, Merope, Asterope, Taigete, Celeno. Solo le prime quattro saranno completate mentre la quinta solo in parte. Le prime tre escono nel 1903, la quarta nel 1912.
Alcyone è la terza tappa delle Laudi ed è il libro che offre i risultati più convincenti, mentre gli altri sono segnati dalla retorica celebrativa e nazionalistica. Alcyone è un libro dedicato all’estate e al valore simbolico di quella stagione che corrisponde alla giovinezza della vita e all’energia dell’ispirazione artistica. Al mito dell’estate si unisce quello della metamorfosi della natura. Alcyone rappresenta la capacità di entrare in contatto diretto con la natura, di identificarsi con essa per mezzo di una fusione gioiosa ed istintiva. Questo scambio tra uomo e natura, questa identificazione col tutto, prende il nome di panismo. Questa identificazione, tuttavia, non si separa dall’aggressività imperialistica e dal disprezzo dannunziani, ma rientrano nel suo progetto di vita fondato sulla gloria personale.
Altre opere: la produzione teatrale.
D’Annunzio tenta la via del teatro sia per stabilire un rapporto diretto col pubblico che per sopperire alle sue esigenze finanziarie. L’attività teatrale si svolgerà tra il 1897 e il 1914. Alle sue opere teatrali manca un reale senso drammatico. Lo svolgersi dell’azione appare gratuito ed esteriore mentre al centro dell’interesse dell’autore è la parola non la definizione dei caratteri o degli ambienti rappresentati. I testi sono in versi, accodandosi alla tradizione letteraria, ma staccandosi dallo sviluppo del teatro sia in Italia che in Europa. La tragedia più apprezzata dal pubblico fu La figlia di Iorio del 1904, ambientata in un Abruzzo primitivo e favoloso e dove i temi sono la cultura contadina, superstizioni e magie, passioni elementari e antichi sensi di colpa.
Le ultime opere e gli scritti inediti.
Dopo il 1910 D’Annunzio torna a utilizzare nuovamente la prosa per scritture di sviluppo breve. Abbiamo allora la poesia in prosa, raffinata e frammentaria. Di questa stagione ricordiamo il Notturno scritto quando costretto all’immobilità a causa dell’incidente occorsogli nell’ammaraggio a Grado in seguito al quale rimane senza vista per alcuni mesi. Scrive il Notturno su migliaia e migliaia di foglietti preparati dalla figlia Renata. Il Notturno viene pubblicato nel 1921.
Sono anche stati rinvenuti dei testi inediti che lasciano intravvedere un’impostazione tutt’altro che eroica. Non si sa se egli non seppe o non volle rendere pubblica questa parte della sua produzione. Alcuni di questi testi sono riusciti molto bene e sarebbe stato interessante un prosieguo lungo questa strada.
Note sull’uomo D’Annunzio.
Caratteristiche dell’uomo: sempre al centro dell’attenzione, sapeva manipolare le masse che tuttavia disprezzava, dotato di uno scarso senso morale subordinava tutto al proprio successo. Caratteristiche dell’opera: in linea con la sua personalità,, affettate e poco spontanee, incentrate sulla propria esperienza esistenziale, riproducono una visione del mondo vitalistica, razionale solo sotto il profilo dell’egocentrismo e della realizzazione di sé, individualistica. Non si può non dire che D’Annunzio non sia rappresentativo di un’epoca. Anzi, lo è, ma rappresentativo della classe borghese dell’epoca.