di Sergio Mauri
C’è una polemica tra geografi integralisti, fautori di una geografia senza aggettivi, diciamo pura, e coloro che la considerano come parte della storia e della sociologia. Viviamo in un’epoca in cui la geografia ha superato il suo compito di ricognizione ed esplorazione. La geografia oggi è passata allo studio della Terra in quanto forma di vita complessiva da essere studiata e indagata. Vanno quindi indagati i rapporti tra uomo e natura, nelle loro molteplici articolazioni, usando quindi da una parte la geografia fisica, dall’altra quella umana.
Il geografo, quindi, presta attenzione agli oggetti e ai fenomeni osservabili sulla superficie terrestre. Quindi, il geografo si interessa alla combinazione dei vari elementi che compongono ciascun insieme che si manifesta con un equilibrio solitamente dinamico. Le leggi che regolano questi insiemi di elementi sono peculiari di ogni insieme anche se riconoscibili universalmente e segno di continua evoluzione.
Il complesso, la serie delle relazioni e interazioni che configurano i fenomeni di un territorio si definisce come ambiente. L’evoluzione dell’ambiente è solitamente dovuta a processi combinati (uomo-natura). Per quanto concerne il lato natura abbiamo i processi endogeni e quelli legati alla diversa composizione delle varie parti della superficie terrestre. Per il lato “fattori umani” coinvolti nella evoluzione di un’area geografica ricordiamo la tradizione e la cultura dei singoli gruppi umani incluso il loro livello tecnologico, le strutture sociali e istituzionali, l’economia e la politica che li contraddistingue.
Il paesaggio è la manifestazione concreta dell’ambiente. Esso può essere, a seconda del prevalere di elementi naturali piuttosto che umani, naturale o umanizzata. Essendo, questi due aspetti, oggetto di studio di due tipi di speculazione geografica che coinvolgono due diversi metodi d’indagine, sono separati in geografia fisica e umana. Tuttavia, buona parte degli studiosi rifiutano una netta separazione di queste metodologie, cercando piuttosto di valorizzarne le possibili sinergie e intuire le reciproche influenze.
Per la geografia, qualsiasi fenomeno sulla superficie terrestre è significativo nella misura in cui da vita a peculiari caratterizzazioni degli insediamenti q, quindi, della vita degli uomini.
La conoscenza geografica è eminentemente sintetica, non analitica. La quantità di variabili di cui tenere conto nella ricerca geografica e de3lle modalità in cui si combinano, esigono un chiarimento dei principi della ricerca stessa. Sulla scorta di Humboldt, Ritter, Ratzel, Vidal de la Blache i criteri di individuazione sono tre: 1) principio di estensione, nel senso di una verifica dell’area che è interessata a determinati fenomeni; 2) principio di coordinazione, riconoscendo le altre aree di manifestazione dei fenomeni; 3) principio di causalità, della ricerca delle cause e conseguenze dei fenomeni (fascia di indeterminatezza fra le varie scienze possibilmente interessate).
L’indagine geografica, dunque, non riguarda il singolo fenomeno, ma la tipica (peculiare) combinazione di tutti i fenomeni in grado di conferire a un territorio una sua irripetibile fisionomia. Ecco, dunque, il concetto di regione geografica.
Ulteriore campo e orientamento d’indagine è quello dell’organizzazione sociale ed economica dello spazio terrestre da parte delle comunità umane. Ne deriva uno scopo applicativo della geografia che è quello della pianificazione territoriale.
La geografia utilizza, per la sua indagine, gli apporti di altre scienze: astronomia, geodesia, matematica, geologia, oceanografia, limnologia, glaciologia, idrologia, meteorologia, climatologia. Fondamentale il legame con altre discipline come la storia, le scienze sociali ed economiche.