L’ondata di scioperi che hanno colpito i Balcani in questi giorni parlano da vicino anche a noi. Sul piano della crisi, l’Europa è già unita. In Croazia, nella Repubblica Serba di Bosnia e in Slovenia, hanno scioperato insegnanti, lavoratori della sanità, poliziotti. Il tema è il medesimo, a livello continentale. Il taglio della spesa pubblica. L’obiettivo dei governi è quello di operare tagli sostanziosi nel 2013. Nella Repubblica Serba di Bosnia il taglio previsto, dei salari, sarà del 10%. Anche in Croazia dovremmo attestarci intorno a quei valori. E, la cosa più interessante in quel paese, è che proprio il governo di centrosinistra ha cancellato un accordo stipulato con i sindacati del settore pubblico, al fine di rinegoziare i termini del contratto per l’anno venturo. Un colpo di mano bello e buono.
In Slovenia gli scioperi sono stati molto vasti sfociando anche in alcuni disordini, contro i tagli apertamente imposti dall’FMI. In quel paese, poi, si scioperava anche contro la corruzione dilagante che ha fornito ulteriore carburante alla mobilitazione. I nostri media sono stati avari di notizie riguardanti questi paesi e le questioni sociali connesse, visto che non bisogna disturbare il manovratore. Ma ciò che risulta più evidente è che, i problemi latenti durante il lungo periodo titoista, sono esplicitamente esplosi con la sua fine e con l’allargamento dell’Europa ad est. L’oriente europeo ha sempre rappresentato, per le classi dominanti occidentali, una riserva di manodopera e di materie prime.
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