Ad Hong Kong si è vista una rappresentazione teatrale la cui trama è passata attraverso le cancellerie occidentali. In primis, da quelle di lingua inglese. Tuttavia è stato possibile raccogliere dei figuranti disposti a dare gambe e voce alla rappresentazione, poiché mentre nel 1997 Hong Kong contava per circa il 15% dell’economia cinese, oggi conta (forse) per il 2,5%! E’ in questa crisi che va inquadrata la disponibilità a scendere in piazza di alcune migliaia di studenti nei giorni scorsi. Poi, certamente, il fatto che i cinesi benestanti (di numero sempre crescente, giusto il contrario dell’occidente) siano calati ad Hong Kong comprando tutto il possibile facendo lievitare i prezzi degli immobili e simili ha complicato i rapporti tra gli abitanti dell’ex-colonia e i cinesi della mainland. Tuttavia, non tiriamo fuori la storiella della democrazia che, da noi (basti pensare ai diktat della troika!), è già stata ampiamente abrogata. L’Ooccidente – incapace di adeguarsi ai tempi, di roformarsi e far partecipare i cittadini ai cambiamenti – sembra terrorizzato dal fatto che un popolo molto laborioso, con una storia antichissima e con esperienze storiche rivoluzionarie, molto più profonde ed interessanti della nostra, gli tolga il terreno da sotto i piedi.
Pubblico di seguito un breve articolo di Davide Rossi, Segretario Generale SISA e Direttore del Centro Studi “Anna Seghers” di Milano.
La Cina è in cammino verso il progresso e la costruzione del futuro. Da 65 anni il governo di Pechino e i suoi dirigenti operano per la pace mondiale e uno sviluppo rispettoso dei popoli e dell’ecosistema, totalizzando il record mondiale pro capite di pannelli solari e di automobili elettriche o ibride.
A Hong Kong i giovani sono stati alcuni giorni in piazza, protestando contro il sistema politico cinese che coinvolge, fin dalle più piccole realtà sociali di base, i cittadini nella scelta dei responsabili dell’amministrazione pubblica. È questa una tradizione socialista che deve essere rispettata quanto altri sistemi. In Occidente il sistema dei partiti che si alternano per praticare le stesse politiche (popolar – conservatori e socialdemocratici in Europa, democratici e repubblicani negli Stati Uniti) non è più democratico, anzi forse lo è meno.
Alcuni giovani che sono in piazza certamente agiscono perché sono contrari alla Cina e al socialismo e vogliono essere uno strumento di quella sempre spiacevole egemonia politica e culturale che l’Occidente cerca di imporre al mondo per garantire gli interessi economici degli Stati Uniti e dei suoi alleati.
Altri probabilmente sono confusi e non si rendono conto della realtà e della sua complessità, soprattutto per loro il governo cinese sta compiendo uno sforzo per convincerli dell’importanza e della fortuna di fare parte della Cina. Il dialogo avviato dal governo di Hong Kong e l’immediato ridursi dei manifestanti a poche decine è la dimostrazione di come chi pretendeva di creare uno scontro tra governanti e governati si sia sbagliato.
A questi ragazzi andrebbe in ogni caso ricordato come sia ben strano che protestino contro la democrazia cinese di oggi, ma non abbiano mai protestato contro il governatore britannico, che nessuno eleggeva, ma era imposto dal governo di Londra senza consultare i cittadini di Hong Kong. Allo stesso modo andrebbe spiegato loro che la straordinaria politica delle nazionalità praticata dalla Cina è un esempio per tutto il mondo. Insomma lo spazio per collaborare c’è, anche con gli ultimi pochi manifestanti, purché gli studenti cerchino davvero il dialogo e non una sterile contrapposizione funzionale agli interessi anticinesi.
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