di Sergio Mauri

Se sei atterrato qui significa che ti interessa sapere che cosa sono per me i complotti. Sei nel posto giusto per aggiungere un tassello alla tua ricerca intorno a questo termine tanto abusato quanto ancora piuttosto oscuro. Volutamente oscuro. Infatti, ci giochiamo tutti per trarne il significato che più ci aggrada. Ma bando ai giochi linguistici e mettiamoci seriamente al lavoro.

Devi sapere che io ne ho già scritto in tre occasioni: il primo articolo si intitola Sul complottismo, il secondo La verità sull’anti complottismo complottista e il terzo Trame complottistiche al tempo del #coronavirus. Quindi, ti consiglierei di dare una letta veloce a questi tre articoli, prima di affrontare quest’ultimo che, tutto sommato sarà quantitativamente limitato rispetto agli altri, ma qualitativamente certo importante, di livello piuttosto alto.

I complotti a che cosa servono? Mi è sembrato interessante partire da questa domanda, che considero centrale nel discorso sui complotti che poi fa il paio con il famoso quesito cui prodest? Do, quindi, per rispondervi, questa ulteriore definizione.

I complotti servono a liberarci dal peso di confrontarci da soli con la verità. I complotti servono a costruire gli insiemi tipo “io di qua e tu di là”. Io dalla parte della ragione, tu da quella del torto, del bene, del male, del giusto e dello sbagliato. Corollario a tutto ciò, immaginiamo che da una parte (nascosti da qualche parte) ci siano i cattivi che si riuniscono per farci fuori e noi che poi ci organizziamo e rispondiamo. Ci facciamo un po’ di morti a vicenda e poi prevaliamo noi, cioè un io allargato, il bene. Ecco, credo che questa definizione ci aiuti a chiarire, in buona parte, la necessità di accettare l’esistenza dei complotti che, liberati da quell’aura di mistero utile a non farci confrontare da soli con la verità, esistono se solo si cambia il nome, il segno, l’accento attribuito – oggi – alla parola complotto.